EAST ZONE. ANTONIO BEATO, FELICE BEATO E ADOLFO FARSARI. Fotografi veneti attraverso l’Oriente dell’Ottocento
Stampa all’albumina colorata a mano, mm. 210x270.
Dal 17 Dicembre 2011 al 01 Aprile 2012
Piazzola sul Brenta | Padova
Luogo: Villa Contarini
Indirizzo: Via Luigi Camerini, 1
Orari: 10 - 16 mercoledì chiuso
Costo del biglietto: Ingresso alla Mostra: gratuito. Ingresso alla Villa: interi euro 5,50, ridotti 4,50.
Telefono per informazioni: 049.8778272 / 3
E-Mail info: villacontarini@regione.veneto.it
Sito ufficiale: http://www.villacontarini.eu
Raccontarono il mondo quando la fotografia era ancora sperimentale, furono protagonisti della nascita del fotogiornalismo e del reportage. Fecero scoprire il Giappone, e le meraviglie dell’Egitto, agli Europei, portarono la fotografia nelle terre d’oriente, partendo dal Veneto. Loro sono Antonio e Felice Beato, due fratelli greco-veneziani, e Adolfo Farsari, vicentino.
Una mostra, dall’emblematico titolo di “East Zone”, per la prima volta documenta in modo esteso la loro arte. Raccontando anche uno scambio culturale tra l’est italiano e il lontano Oriente, scambio nei due sensi dato che i tre fotografi veneti influenzarono la storia della fotografia in Giappone ma dal questo e dagli altri Paesi visitati trassero elementi che influenzarono la loro maniera di “fare fotografia”. Da segnalare come la mostra proponga accanto alle immagini dei tre protagonisti, una carrellata di foto di confronto, a dar conto di come queste terre lontane seppero calamitare, affascinare fotografi di diverse provenienze.
Ad ospitare la mostra, dal 17 dicembre al primo aprile 2012, sarà Villa Contarini, la reggia delle Ville Venete, oggi proprietà della Regione Veneto, a Piazzola sul Brenta, vicino a Padova. La mostra è curata da Magda di Siena e promossa da Regione del Veneto, Photosophia e Immobiliare Marco Polo, società regionale di gestione di Villa Contarini.
Felice Beato viene avvicinato alla fotografia dal fotografo della Zecca Ottomana James Robertson, affiancandolo nel suo lavoro a Costantinopoli. A loro si unisce il fratello di Felice e prendono vita le grandi spedizioni fotografiche: Malta (nel 1854-1856), in Grecia e Gerusalemme (1857).
Scoppia la Guerra di Crimea e Felice, con Robertson, crea reportage di guerra che fanno il giro del mondo e contribuiscono non poco a orientare l’opinione pubblica inglese ma non solo. É il primo esempio di grande fotogiornalismo di guerra.
Felice Beato è poi in Cina, ancora al seguito dell’esercito inglese stavolta impegnato nella Guerra dell’Oppio. Negli anni ’60 i tre fotografi si dividono; Antonio si trasferisce in Egitto, mentre Felice è in Inghilterra. Nel 1863 si trova già a Yokohama, in Giappone, in società con Charles Wirgman, un illustratore giornalista che Beato aveva già incontrato ai tempi della Cina e col quale aveva viaggiato a lungo.
Le fotografie giapponesi di Beato rivestono particolare importanza documentaria in quanto riprese in anni in cui l’accesso degli stranieri era decisamente avversato. Il suo corposo archivio di negativi nel 1866 viene distrutto dal grande incendio di Yokohama. Per quasi due anni è impegnato a ricostituire un adeguato fondo di immagini, che pubblicherà negli anni successivi in due diversi volumi, “Native Types” e “Views of Japan”, oggi conservati presso il Victoria and Albert Museum a Londra.
Nel 1871 è il fotografo ufficiale di una spedizione navale statunitense in Corea e nel 1873 viene nominato Console Generale per la Grecia in Giappone. Nel 1884 lascia il Giappone e si reca in Egitto, fotografo ufficiale di una spedizione diretta in Sudan, a Khartoum, in soccorso del generale Charles George Gordon.
Torna in Inghilterra, ma già nel 1888 lo troviamo in Birmania. Proprio in quell’anno a Yokohama muore Robertson, Felice Beato continua la sua attività e le ultime notizie di questo stravagante ed avventuroso personaggio si ritrovano nel 1907, quando la sua compagnia “F. Beato Ltd” viene liquidata.
Anche le ultime notizie di Antonio risalgono a quegli anni; un documento, infatti, riporta l’annuncio di vendita del suo studio fotografico, emesso dalla vedova Beato a Luxor nel 1906.
Intanto in Giappone lo studio fotografico di Felice Beato passato a Baron Von Stillfried nel 1877, finisce, nel 1885, nelle mani di un altro veneto: il vicentino Adolfo Farsari. Dopo aver viaggiato a lungo in Occidente ed aver partecipato, come militare, a diverse guerre (fu anche volontario nella guerra civile americana), Farsari si era stabilito a Yokohama specializzandosi nell’importazione di libri e riviste e dedicandosi alla fotografia. Di notevole capacità imprenditoriale e dotato di forte senso estetico, Farsari fa del suo studio un punto di riferimento per la fotografia giapponese del tempo. Le sue foto sono di straordinaria bellezza e si distinguono soprattutto per la qualità della colorazione. Le sue tecniche fotografiche e i suoi alti standard qualitativi influenzano notevolmente la fotografia come forma d’arte in Giappone, ma anche in Cina e in altri paesi d’Oriente.
Sicuramente le foto di Farsari pubblicate in occidente, contribuiscono a plasmare l’immagine che del Giappone medievale si ha negli immaginari collettivi contemporanei. Farsari, nei soggetti e nelle scenografie delle sue opere, si ispira al grande artista giapponese dell’ukiyoe Hiroshige, il quale nell’ultimo periodo della sua produzione artistica si cimenta con l’emergente sperimentalismo fotografico.
Nella primavera del 1890 Farsari fa ritorno a Vicenza con la figlia Kiku, avuta da una relazione con una giapponese, le ultime immagini lo ritraggono vestito alla maniera orientale assieme a sua sorella nella casa di Arcugnano. A Vicenza è considerato un personaggio stravagante, spesso nominato nel foglio satirico locale ‘La freccia’. Muore nel 1898 senza aver fatto ritorno in Giappone. Anche se notizie del suo studio fotografico appaiono nel Japan Directory con il vecchio nome di Farsari and Co. ancora per moltissimi anni fino al terremoto del 1923.
Felice Beato è uno dei pionieri delle riprese fotografiche e del fotogiornalismo soprattutto del reportage di guerra. In Giappone la sua influenza è notevole, sia in termini di vero e proprio insegnamento delle tecniche di ripresa, sia per il livello della documentazione che ha prodotto. Bisogna tener conto che nella sua lunga attività ha vissuto l’evoluzione dei materiali sensibili e li ha praticamente utilizzati tutti, cominciando dai negativi al collodio umido stampati sulle carte all’albumina fino, probabilmente, alle lastre in gelatina al bromuro d’argento. Deve essere considerato un pioniere anche delle tecniche di colorazione a mano delle copie positive. I suoi reportage hanno il merito di aver portato in Occidente immagini di luoghi e di persone fino a quel momento praticamente sconosciuti. Antonio ne seguì le orme, ma le sue foto sono principalmente concepite come souvenirs, egli riprende sovente monumenti e architetture. Adolfo Farsari, “erede” della ricca attività commerciale di cui il veneziano F. Beato era stato il pioniere, avrà modo di perfezionarla e di avvalersi dei migliori coloristi giapponesi per fare delle sue fotografie dei veri e propri capolavori.
Una mostra, dall’emblematico titolo di “East Zone”, per la prima volta documenta in modo esteso la loro arte. Raccontando anche uno scambio culturale tra l’est italiano e il lontano Oriente, scambio nei due sensi dato che i tre fotografi veneti influenzarono la storia della fotografia in Giappone ma dal questo e dagli altri Paesi visitati trassero elementi che influenzarono la loro maniera di “fare fotografia”. Da segnalare come la mostra proponga accanto alle immagini dei tre protagonisti, una carrellata di foto di confronto, a dar conto di come queste terre lontane seppero calamitare, affascinare fotografi di diverse provenienze.
Ad ospitare la mostra, dal 17 dicembre al primo aprile 2012, sarà Villa Contarini, la reggia delle Ville Venete, oggi proprietà della Regione Veneto, a Piazzola sul Brenta, vicino a Padova. La mostra è curata da Magda di Siena e promossa da Regione del Veneto, Photosophia e Immobiliare Marco Polo, società regionale di gestione di Villa Contarini.
Felice Beato viene avvicinato alla fotografia dal fotografo della Zecca Ottomana James Robertson, affiancandolo nel suo lavoro a Costantinopoli. A loro si unisce il fratello di Felice e prendono vita le grandi spedizioni fotografiche: Malta (nel 1854-1856), in Grecia e Gerusalemme (1857).
Scoppia la Guerra di Crimea e Felice, con Robertson, crea reportage di guerra che fanno il giro del mondo e contribuiscono non poco a orientare l’opinione pubblica inglese ma non solo. É il primo esempio di grande fotogiornalismo di guerra.
Felice Beato è poi in Cina, ancora al seguito dell’esercito inglese stavolta impegnato nella Guerra dell’Oppio. Negli anni ’60 i tre fotografi si dividono; Antonio si trasferisce in Egitto, mentre Felice è in Inghilterra. Nel 1863 si trova già a Yokohama, in Giappone, in società con Charles Wirgman, un illustratore giornalista che Beato aveva già incontrato ai tempi della Cina e col quale aveva viaggiato a lungo.
Le fotografie giapponesi di Beato rivestono particolare importanza documentaria in quanto riprese in anni in cui l’accesso degli stranieri era decisamente avversato. Il suo corposo archivio di negativi nel 1866 viene distrutto dal grande incendio di Yokohama. Per quasi due anni è impegnato a ricostituire un adeguato fondo di immagini, che pubblicherà negli anni successivi in due diversi volumi, “Native Types” e “Views of Japan”, oggi conservati presso il Victoria and Albert Museum a Londra.
Nel 1871 è il fotografo ufficiale di una spedizione navale statunitense in Corea e nel 1873 viene nominato Console Generale per la Grecia in Giappone. Nel 1884 lascia il Giappone e si reca in Egitto, fotografo ufficiale di una spedizione diretta in Sudan, a Khartoum, in soccorso del generale Charles George Gordon.
Torna in Inghilterra, ma già nel 1888 lo troviamo in Birmania. Proprio in quell’anno a Yokohama muore Robertson, Felice Beato continua la sua attività e le ultime notizie di questo stravagante ed avventuroso personaggio si ritrovano nel 1907, quando la sua compagnia “F. Beato Ltd” viene liquidata.
Anche le ultime notizie di Antonio risalgono a quegli anni; un documento, infatti, riporta l’annuncio di vendita del suo studio fotografico, emesso dalla vedova Beato a Luxor nel 1906.
Intanto in Giappone lo studio fotografico di Felice Beato passato a Baron Von Stillfried nel 1877, finisce, nel 1885, nelle mani di un altro veneto: il vicentino Adolfo Farsari. Dopo aver viaggiato a lungo in Occidente ed aver partecipato, come militare, a diverse guerre (fu anche volontario nella guerra civile americana), Farsari si era stabilito a Yokohama specializzandosi nell’importazione di libri e riviste e dedicandosi alla fotografia. Di notevole capacità imprenditoriale e dotato di forte senso estetico, Farsari fa del suo studio un punto di riferimento per la fotografia giapponese del tempo. Le sue foto sono di straordinaria bellezza e si distinguono soprattutto per la qualità della colorazione. Le sue tecniche fotografiche e i suoi alti standard qualitativi influenzano notevolmente la fotografia come forma d’arte in Giappone, ma anche in Cina e in altri paesi d’Oriente.
Sicuramente le foto di Farsari pubblicate in occidente, contribuiscono a plasmare l’immagine che del Giappone medievale si ha negli immaginari collettivi contemporanei. Farsari, nei soggetti e nelle scenografie delle sue opere, si ispira al grande artista giapponese dell’ukiyoe Hiroshige, il quale nell’ultimo periodo della sua produzione artistica si cimenta con l’emergente sperimentalismo fotografico.
Nella primavera del 1890 Farsari fa ritorno a Vicenza con la figlia Kiku, avuta da una relazione con una giapponese, le ultime immagini lo ritraggono vestito alla maniera orientale assieme a sua sorella nella casa di Arcugnano. A Vicenza è considerato un personaggio stravagante, spesso nominato nel foglio satirico locale ‘La freccia’. Muore nel 1898 senza aver fatto ritorno in Giappone. Anche se notizie del suo studio fotografico appaiono nel Japan Directory con il vecchio nome di Farsari and Co. ancora per moltissimi anni fino al terremoto del 1923.
Felice Beato è uno dei pionieri delle riprese fotografiche e del fotogiornalismo soprattutto del reportage di guerra. In Giappone la sua influenza è notevole, sia in termini di vero e proprio insegnamento delle tecniche di ripresa, sia per il livello della documentazione che ha prodotto. Bisogna tener conto che nella sua lunga attività ha vissuto l’evoluzione dei materiali sensibili e li ha praticamente utilizzati tutti, cominciando dai negativi al collodio umido stampati sulle carte all’albumina fino, probabilmente, alle lastre in gelatina al bromuro d’argento. Deve essere considerato un pioniere anche delle tecniche di colorazione a mano delle copie positive. I suoi reportage hanno il merito di aver portato in Occidente immagini di luoghi e di persone fino a quel momento praticamente sconosciuti. Antonio ne seguì le orme, ma le sue foto sono principalmente concepite come souvenirs, egli riprende sovente monumenti e architetture. Adolfo Farsari, “erede” della ricca attività commerciale di cui il veneziano F. Beato era stato il pioniere, avrà modo di perfezionarla e di avvalersi dei migliori coloristi giapponesi per fare delle sue fotografie dei veri e propri capolavori.
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