Federica Fontolan. Dello Spazio dell'Immaginazione
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Federica Fontolan. Dello Spazio dell'Immaginazione, Sala Samonà, Padova
Dal 19 Dicembre 2014 al 18 Gennaio 2015
Padova
Luogo: Sala Samonà
Indirizzo: via Roma 57
Orari: mar-ven 15:30-19, sab e dom 10-13 e 15:30-19
Curatori: Barbara Codogno
Enti promotori:
- Assessorato Cultura e Turismo del Comune di Padova
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 049 8204537
E-Mail info: infocultura@comune.padova.it
Sito ufficiale: http://padovacultura.padovanet.it
L’Assessorato Cultura e Turismo del Comune di Padova presenta a Padova l’opera dell’artista Federica Fontolan, in una mostra personale a cura di Barbara Codogno che sarà protagonista nel centro storico della città per tutto il periodo natalizio. 50 opere che raccontano lo sviluppo della poetica estetica e concettuale di Fontolan.
Un percorso che si snoda su tre filoni: “Metamorfosi della tela”, “Intersezioni” e “Parole tra lo spazio e il silenzio”. Tre vie che si susseguono ma anche si intrecciano, in un itinerario di ricerca che è un’interpretazione molto personale degli stimoli artistici, biografici ed esistenziali che Fontolan ha vissuto. Dagli studi al lavoro nel mondo della grafica pubblicitaria e della comunicazione, dall’esperienza come assistente artistica del maestro dell’arte cinetica Alberto Biasi fino alle piccole sorprese quotidiane.
“Metaformosi della tela”
È dall’attenzione al dettaglio e alle sfumature che si accende la scintilla che inaugura la serie di opere oggi raccontate in “Metamorfosi della Tela”. Un libro di origami incuriosisce Fontolan. L’utilizzo delle forme, la manipolazione del materiale, la sequenza ordinata di movimenti e piegamenti per ottenere piccoli oggetti. Tutto ciò è metabolizzato dall’artista, ma applicato a un materiale diverso: la tela. Ed è così che Fontolan taglia la tela, la piega, la torce. È la metamorfosi della tela e da questo nasce una figura semplice, che va oltre i confini fra rappresentazione e astrattismo, e che fa nascere un oggetto nuovo, una pitto-scultura, come lo definisce la creatrice. Su alcune di queste creazioni l’artista applica anche un piccolo motore che dà dinamismo all’opera, creando suggestivi effetti optical, illusioni prospettiche, ritmiche visive. Ogni opera diventa quindi il filtro interpretativo attraverso il quale raccontare la realtà, la natura, omaggiare la tradizione artistica di Padova, ma anche appuntare emozioni, evocare ricordi, suggellare momenti.
“Intersezioni”
Dal ritmo trae ispirazione il secondo filone in mostra, “Intersezioni”. Cos’è, infatti, il ritmo se non alternanza di suono e silenzio, di pieno e di vuoto? Su queste coordinate Fontolan sviluppa un linguaggio essenziale e universale, che riprende le manipolazioni e le metamorfosi della tela e ne dà un’interpretazione ancora più radicale. Lo spazio e il colore creano effetti cromatici naturali, velature e profondità, pattern e rimandi. Ma è proprio l’estrema sintesi il viatico che apre nuove strade all’immaginazione: è lo spettatore che, guardando, produce l’opera; è lui che ricostruisce nella percezione ciò che la tela suggerisce, che costruisce la realtà del quadro attraverso il suo campo visivo.
“Parole tra lo spazio e il silenzio”
Lo spazio che è distanza, ma anche luogo che accoglie. Il silenzio che è assenza di suono, ma anche presupposto perché il suono sia udibile. Due elementi diversi, che trovano un punto di unione grazie alle parole. Perché le parole uniscono, colmano le distanze, azzerano lo spazio; e le parole interrompono il silenzio, ma esigono il silenzio per essere comprese bene. Da queste riflessioni, Fontolan sviluppa le tecniche già approfondite con “Intersezioni” e dona loro una valenza semantica, oltre che comunicativa. Le alternanze di pieno e vuoto sono ora portatrici di messaggi profondi, da svelare, da decodificare. Per questo è necessario un codice che riveli il significato, e Fontolan sceglie il codice Morse: antico protocollo di comunicazione, usato da marinai e soldati, che riesce a scavalcare le distanze e sconfiggere il silenzio. Qui diventa forma e contenuto, in un’operazione unica, che fa coincidere opera e titolo dell’opera, quasi a dichiarare che nulla è nascosto, ogni messaggio è chiaro, ma servono strumenti per capirlo. Avere – soprattutto – il coraggio e la volontà di decifrarlo.
Barbara Codogno, curatrice della mostra, afferma con forza nel saggio critico “Le sue opere sono eventi che si verificano in una certa posizione spaziale e in un certo momento. Perché immaginare è vedere. E Federica Fontolan vede, immagina e poi - baciata dall'angelo della creatività - trasforma il reale a seconda di come l'ha immaginato. La distesa piana della tela, grazie alle sue sapienti mani, diventa ariosa, si libra in innumerevoli torsioni, si ribella allo spazio. Sconfina”.
Un percorso che si snoda su tre filoni: “Metamorfosi della tela”, “Intersezioni” e “Parole tra lo spazio e il silenzio”. Tre vie che si susseguono ma anche si intrecciano, in un itinerario di ricerca che è un’interpretazione molto personale degli stimoli artistici, biografici ed esistenziali che Fontolan ha vissuto. Dagli studi al lavoro nel mondo della grafica pubblicitaria e della comunicazione, dall’esperienza come assistente artistica del maestro dell’arte cinetica Alberto Biasi fino alle piccole sorprese quotidiane.
“Metaformosi della tela”
È dall’attenzione al dettaglio e alle sfumature che si accende la scintilla che inaugura la serie di opere oggi raccontate in “Metamorfosi della Tela”. Un libro di origami incuriosisce Fontolan. L’utilizzo delle forme, la manipolazione del materiale, la sequenza ordinata di movimenti e piegamenti per ottenere piccoli oggetti. Tutto ciò è metabolizzato dall’artista, ma applicato a un materiale diverso: la tela. Ed è così che Fontolan taglia la tela, la piega, la torce. È la metamorfosi della tela e da questo nasce una figura semplice, che va oltre i confini fra rappresentazione e astrattismo, e che fa nascere un oggetto nuovo, una pitto-scultura, come lo definisce la creatrice. Su alcune di queste creazioni l’artista applica anche un piccolo motore che dà dinamismo all’opera, creando suggestivi effetti optical, illusioni prospettiche, ritmiche visive. Ogni opera diventa quindi il filtro interpretativo attraverso il quale raccontare la realtà, la natura, omaggiare la tradizione artistica di Padova, ma anche appuntare emozioni, evocare ricordi, suggellare momenti.
“Intersezioni”
Dal ritmo trae ispirazione il secondo filone in mostra, “Intersezioni”. Cos’è, infatti, il ritmo se non alternanza di suono e silenzio, di pieno e di vuoto? Su queste coordinate Fontolan sviluppa un linguaggio essenziale e universale, che riprende le manipolazioni e le metamorfosi della tela e ne dà un’interpretazione ancora più radicale. Lo spazio e il colore creano effetti cromatici naturali, velature e profondità, pattern e rimandi. Ma è proprio l’estrema sintesi il viatico che apre nuove strade all’immaginazione: è lo spettatore che, guardando, produce l’opera; è lui che ricostruisce nella percezione ciò che la tela suggerisce, che costruisce la realtà del quadro attraverso il suo campo visivo.
“Parole tra lo spazio e il silenzio”
Lo spazio che è distanza, ma anche luogo che accoglie. Il silenzio che è assenza di suono, ma anche presupposto perché il suono sia udibile. Due elementi diversi, che trovano un punto di unione grazie alle parole. Perché le parole uniscono, colmano le distanze, azzerano lo spazio; e le parole interrompono il silenzio, ma esigono il silenzio per essere comprese bene. Da queste riflessioni, Fontolan sviluppa le tecniche già approfondite con “Intersezioni” e dona loro una valenza semantica, oltre che comunicativa. Le alternanze di pieno e vuoto sono ora portatrici di messaggi profondi, da svelare, da decodificare. Per questo è necessario un codice che riveli il significato, e Fontolan sceglie il codice Morse: antico protocollo di comunicazione, usato da marinai e soldati, che riesce a scavalcare le distanze e sconfiggere il silenzio. Qui diventa forma e contenuto, in un’operazione unica, che fa coincidere opera e titolo dell’opera, quasi a dichiarare che nulla è nascosto, ogni messaggio è chiaro, ma servono strumenti per capirlo. Avere – soprattutto – il coraggio e la volontà di decifrarlo.
Barbara Codogno, curatrice della mostra, afferma con forza nel saggio critico “Le sue opere sono eventi che si verificano in una certa posizione spaziale e in un certo momento. Perché immaginare è vedere. E Federica Fontolan vede, immagina e poi - baciata dall'angelo della creatività - trasforma il reale a seconda di come l'ha immaginato. La distesa piana della tela, grazie alle sue sapienti mani, diventa ariosa, si libra in innumerevoli torsioni, si ribella allo spazio. Sconfina”.
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