#William's passions: 5 artisti a Palazzo Berardi Mochi Zamperoli

© Noa Pane

 

Dal 24 Agosto 2016 al 04 Settembre 2016

Cagli | Pesaro e Urbino

Luogo: Palazzo Berardi Mochi Zamperoli

Indirizzo: piazza San Francesco

Curatori: Matteo De Simone



La creatività artistica illumina e percorre gli spazi della vita in maniera infinita, dai primi graffiti alle moderne installazioni o performance gli artisti hanno dato corpo a una continua esigenza dell’animo umano: tollerare l’angoscia della perdita, del tempo che inevitabilmente si consuma, della certezza della morte attraverso la creatività e la genesi continua. Tutto questo movimento ha permesso al genere umano di progredire, infatti, le scoperte scientifiche, che siano esse mediche o di altro genere, nascono da un momento di profonda creatività.

Le opere di Shakespeare hanno attraversato il tempo e, ancora oggi, gli affetti profondi e le avventure del vivere da lui narrate sono pietre miliari della strada delle passioni dell’esistere di ogni uomo, non importa in quale tempo o in quale luogo sia vissuto. Amleto/Giulietta/Romeo/Otello rappresentano le intermittenze del cuore e dei movimenti pulsionali dell’anima umana, nella sua poetica l’arte percorre quello spazio intermedio in cui il tempo non ha una fine, ma è un sempre.
 Mi sembra significativo che in un festival in onore di Shakespeare ci sia una mostra di cinque giovani artisti Jacopo Mandich Noa Pane, Jessica Pelucchini, Marika Ricchi ed Elvis Spadoni: William, infatti, amava i giovani e il loro guardare il mondo con il cuore.
 
E’ importante che spazi museali, come palazzo Mochi-Zamperoli, ove sono depositate memorie di vita e di artisti, si aprano a nuove proposte creative, si produce, così, un’ideale continuità tra la tradizione fondativa del luogo e la continuità dell’esistere nel suo svolgersi attraverso le passioni e il lavoro dei giovani artisti.
L’arte, la creatività ridà respiro e vita a questi siti sottraendoli all’oblio e attraverso strade e interstizi, misteriche e non sempre rintracciabili, infondono, così, nuova linfa vitale a tutto il territorio.

La mostra vuole essere come l’isola nella Tempesta Shakespeariana: l’'isola è il luogo possibile, dove tutti si salvano e la fantasia creativa trionfa, incontrando, senza negarle, le vicissitudini dolorose del profondo e accettando il diverso in noi e da noi.  L’incanto e il vitale sguardo che dona l’arte, aiuta a riemergere dai naufragi della vita, come in una rinascita, stupefatti nell’ascoltare il nostro respiro che dopo angosciosa apnea riprende, ritmato, semplicemente a esistere.

Scultura e psiche, furono per la prima volta messe in stretta relazione fra loro da Sigmund Freud che evidenziò come entrambe utilizzassero tecniche "estrattive", la prima facendo scaturire forme artistiche dalla nuda pietra, la seconda, attraverso la tecnica psicoanalitica, scavando nella mente umana, permettendo l’individuazione dei conflitti e del rimosso così da promuovere un processo di elaborazione e integrazione psichica. Nella scultura un elemento fondamentale per l’analisi dell’opera è il vuoto che essa contiene.  La scultura, fra le varie arti, occupa realmente uno spazio colmando un vuoto e allo stesso tempo creandolo. Tutti gli artisti hanno a che fare col vuoto ma alcuni hanno fatto del vuoto vere e proprie opere d’arte. L’opera scultorea è sempre il punto di arrivo di un incontro, di un conflitto, di un’armonia fra pieni e vuoti.  Lo scultore deve conoscere il materiale, rispettarne la forma e la struttura costitutiva, se ciò accade, da un materiale inerte, viene fuori qualcosa di vivo, che lo stesso artista percepisce come vivo, ciò permette di plasmarlo in una forma, partendo dal suo stesso contenuto. Diventa una forma nello spazio con una molteplicità di tensioni dinamiche, che si attraggono e si respingono reciprocamente. Il lavoro sulla materia in scultura indaga non solo la consistenza della stessa materia ma attraversa lo spazio interno e spazio esterno. Tutto ciò comporta un’elaborazione attraverso una decomposizione della struttura, considerando il rapporto diretto tra materia e spazio, rispettando la declinazione delle qualità intrinseche della materia, così si disegna lo spazio percettivo come luogo della ricomposizione conoscitiva e della determinazione esistenziale. L’opera può essere guardata e percepita da diversi punti di osservazione ed è un insieme di vuoti di pieni. L’elemento del levare nello scultore permette che l’oggetto trovato nel materiale, quale esso sia pietra, marmo, legno, ferro si rende opera d’arte grazie al suo donare, il vuoto quindi è un vuoto altro paradossalmente levando ci offre un altrove. Questo offrirsi creativo della scultura permette infinite possibilità di espressione e di comprensione dell’opera stessa nell’incontro con l’altro, utilizzando tutte le parti di cui è composta, dalla materia al titolo, dal vuoto al concetto.

Il lavoro sulla materia non è solo qualcosa che attiene a una tecnica, ovviamente necessaria per dare cornice e struttura all’opera, ma è un lavoro sul proprio interno, una continua domanda sull’esistere sulla possibilità di riprodurre momenti e attraversamenti dell’incontro tra l’artista e il mondo.

Molti artisti parlano dell’assoluta necessità di un sentimento di vuoto che permetta lo sviluppo dell’opera d’arte. La percezione del vuoto, la pausa spaziale e temporale, il silenzio permette di ritrovare l’autenticità di ciò che ci circonda ma anche la possibilità di poter vivere l’intervallo. Solitamente il termine “vuoto” ha un’accezione negativa Heidegger nel testo Saggi e discorsi sostiene che il vuoto può essere accogliente e offrirci qualcosa. In questo periodo storico in cui l’eccesso del troppo, del pieno, del continuo stimolo percettivo è fondamentale coltivare un momento di vuoto/ intervallo che è un fattore generatore della vita e di qualsiasi evento connessa a essa. Il vuoto creativo, scrive Gillo Dorfles, può essere la pausa tra due pieni, due oggetti, due suoni, costituisce un between: ossia tutto ciò che sta nel mezzo a due o più entità distinte. Il vuoto come fattore generatore estetico, tanto spaziale che temporale, ci permette di assaporare quell’intervallo tra due colonne di un tempio greco, nella curvatura di una scultura, tra due frasi di una composizione musicale capaci di sospendere, sia pure per un attimo o per un minimo segmento, l’incessante consecutio del nostro Dasein.

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