Maurice Cerasi. La finestra di Bobbio e altri dipinti 2011-12
Dal 12 Agosto 2012 al 19 Agosto 2012
Bobbio | Piacenza
Luogo: Museo dell'Abbazia di S. Colombano e Museo della Citta'
Indirizzo: p.zza Santa Fara 5
Orari: merc 10.30-12.30 /16.30-18.30; giov ven sab 16.30-18.30; dom 10.30-12.30/ 16.30-18.30
Telefono per informazioni: +39 0523 936219
Dal 2005 Maurice Cerasi ha lavorato, oltre ad un esiguo numero di ritratti, su sette serie di quadri: di questi solo la serie La Finestra di Bobbio è riportata integralmente assieme a pochi esempi delle serie The Dead, Quartetti e Materie della Vita. “Finestra di Bobbio” è il nome dato dai geologi in un lungo tratto della Val Trebbia alle calanche e formazioni rocciose dall’andamento verticale o inclinato: “finestre” aperte sui movimenti che hanno dato forma alla valle. Scontrando e accavallandosi quattro placche tettoniche regionali – comprese quelle liguridi e toscana – hanno in più punti distorto la giacitura degli strati del sottosuolo, facendoli affiorare mentre il resto fu nascosto nel corso del tempo dagli alberi e dal manto erboso.
I paesaggi che tanto amiamo nelle sovente dolci e talvolta drammatiche configurazioni sono solo le punte emerse di vicende e situazioni multi-millenarie gigantesche, sconvolgenti. Oltre il consolante e riposante volto della valle vi è dunque una realtà instabile in movimento, per fortuna nostra di tale lentezza da non essere percepibile nei tempi delle generazioni e delle civiltà storiche. I dipinti non leggono il paesaggio con occhi innocenti bensì con malizia - e persino con sgomento – : ne cercano oltre l’apparenza, la struttura profonda, le tracce delle presenze che una volta lo hanno abitato : richiamano tensioni, strappi, contorsioni di falde e strati… i sedimenti fossili di vita minuta… Figure evocative tutte più che visioni paesistiche : una sorta di catalogo degli elementi che sono di quel paesaggio lo scheletro fondante. Certo con una buona dose di astrazione o – se si vuole – di esagerazione, immaginando miti potenziali. L'infinita catastrofe tellurica primordiale (caos, lava, fiamma nelle viscere del globo) sfiora l'infinito pullulare della micro-viventi dell’Eocene nel mare tosco-ligure (globoquadrina dehiscens, trilobus, nummuliti…), ora fossili e infine gli utensili in selce della preistoria.
Le figure di quelle realtà vengono assemblate in insiemi astratti, autonome ma in reciproca relazione. Vi è un procedere graduale verso l’astrazione in cui l’immagine figurata (non in scala reale) si lascia rarefare, diventando mera evocazione della figura-matrice, forma potenziale, gioco di forme ambigue - come nel gioco di parole in Gadda o Joyce – che rinviano a più significati, a potenziali miti… Nella serie Materie della Vita, quattro blocchi, ciascuno evocativo di figure reali, si ritrovano in una composizione astratta, suggerendo (è una scoperta nel corso del lavoro: non un programma a priori) le componenti degli esseri viventi: carne viva / ragione-calcolo, geometrie-leggi naturali / strumenti / anelito verso il sole, fotosintesi. In queste due ultime serie (Finestra di Bobbio e Materie della Vita) non vi è netta scelta tra pittura astratta e pittura descrittiva, quanto un procedere verso l’astrazione. Dopotutto ogni pittura che vuole esprimere e non solo descrivere non costituisce un’astrazione rispetto alla pesante realtà del suo oggetto? E ogni pittore non dispera di poter rappresentare, nella sua interezza e nel mistero delle sue sfumature, la realtà?
I paesaggi che tanto amiamo nelle sovente dolci e talvolta drammatiche configurazioni sono solo le punte emerse di vicende e situazioni multi-millenarie gigantesche, sconvolgenti. Oltre il consolante e riposante volto della valle vi è dunque una realtà instabile in movimento, per fortuna nostra di tale lentezza da non essere percepibile nei tempi delle generazioni e delle civiltà storiche. I dipinti non leggono il paesaggio con occhi innocenti bensì con malizia - e persino con sgomento – : ne cercano oltre l’apparenza, la struttura profonda, le tracce delle presenze che una volta lo hanno abitato : richiamano tensioni, strappi, contorsioni di falde e strati… i sedimenti fossili di vita minuta… Figure evocative tutte più che visioni paesistiche : una sorta di catalogo degli elementi che sono di quel paesaggio lo scheletro fondante. Certo con una buona dose di astrazione o – se si vuole – di esagerazione, immaginando miti potenziali. L'infinita catastrofe tellurica primordiale (caos, lava, fiamma nelle viscere del globo) sfiora l'infinito pullulare della micro-viventi dell’Eocene nel mare tosco-ligure (globoquadrina dehiscens, trilobus, nummuliti…), ora fossili e infine gli utensili in selce della preistoria.
Le figure di quelle realtà vengono assemblate in insiemi astratti, autonome ma in reciproca relazione. Vi è un procedere graduale verso l’astrazione in cui l’immagine figurata (non in scala reale) si lascia rarefare, diventando mera evocazione della figura-matrice, forma potenziale, gioco di forme ambigue - come nel gioco di parole in Gadda o Joyce – che rinviano a più significati, a potenziali miti… Nella serie Materie della Vita, quattro blocchi, ciascuno evocativo di figure reali, si ritrovano in una composizione astratta, suggerendo (è una scoperta nel corso del lavoro: non un programma a priori) le componenti degli esseri viventi: carne viva / ragione-calcolo, geometrie-leggi naturali / strumenti / anelito verso il sole, fotosintesi. In queste due ultime serie (Finestra di Bobbio e Materie della Vita) non vi è netta scelta tra pittura astratta e pittura descrittiva, quanto un procedere verso l’astrazione. Dopotutto ogni pittura che vuole esprimere e non solo descrivere non costituisce un’astrazione rispetto alla pesante realtà del suo oggetto? E ogni pittore non dispera di poter rappresentare, nella sua interezza e nel mistero delle sue sfumature, la realtà?
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