African Metropolis. Una città immaginaria

© Primo Marella Gallery | Abdoulaye Konate, Calao, 2016

 

Dal 22 Giugno 2018 al 21 Ottobre 2018

Roma

Luogo: MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo

Indirizzo: via Guido Reni 4/a

Orari: 11-19; sabato 11-22. Chiuso tutti i Lunedì, 25 Dicembre, 1 Maggio. La biglietteria chiude un’ora prima del museo

Curatori: Simon Njami con Elena Motisi

Costo del biglietto: intero € 12, ridotto € 8. Gratuito minori di 14 anni; disabili che necessitano di accompagnatore; accompagnatore del disabile; dipendenti MiBACT; accompagnatori e guide turistiche Regione Lazio; 1 insegnante ogni 10 studenti; membri ICOM; soci AMACI; giornalisti accreditati; possessori della membership card del MAXXI; studenti e ricercatori universitari di Arte e Architettura dal martedì al venerdì* (festivi esclusi); il giorno del tuo compleanno presentando un documento di identità

Telefono per informazioni: +39 06 3201954

E-Mail info: infopoint@fondazionemaxxi.it

Sito ufficiale: http://www.maxxi.art/



La città è un discorso, e questo discorso è veramente una lingua: 
la città parla ai suoi abitanti, noi parliamo la nostra città, la città dove ci troviamo, 
semplicemente abitandola, percorrendola, guardandola.” 
(Roland Barthes, L’aventure sémiologique)

Una sfida alla nostra idea di metropoli che usa l’intensità e la ricchezza dell’arte africana per evidenziare la bellezza e le contraddizioni delle città e del mondo di oggi. 
E’ la mostra African Metropolis. Una città immaginaria, curata da Simon Njamie co-curata da Elena Motisi, al MAXXI dal 22 giugno al 4 novembre 2018.
 
La mostra, realizzata con la collaborazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – DGMO, main partner Eni, fa parte di un più ampio progetto fortemente voluto da Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI, dedicato alla vitalità della scena artistica di un continente in crescita tra contraddizioni e ferite aperte, ed è parte di quella linea di ricerca del museo che vede nell’arte e nella cultura strumenti di dialogo e diplomazia culturale. E’ inoltre  un’occasione per offrire attraverso l’arte un contributo alla conoscenza, al dialogo, alla sicurezza e alla pace di un continente legato a doppio filo all’Europa.
Il progetto prevede anche la mostra road to justice (22 giugno – 14 ottobre 2018), a cura di Anne Palopoli, riflessione sulle complessità del continente, le sue ferite, la memoria, i possibili scenari futuri, e un ricco programma di incontri con artisti, architetti, scrittori, cinema, danza e musica live.
Dice Melandri: “Questo progetto è per noi anche un’occasione di incontro e collaborazione con le comunità africane presenti a Roma, cui è idealmente dedicato: giovani provenienti da diverse regioni del continente, autoctoni e di seconda generazione, saranno infatti protagonisti di un’intensa attività di mediazione interculturale, interpretando le opere in mostra secondo le loro personali esperienze”.
 
Attraverso l’intensità e la ricchezza dell’arte africana, la mostra evidenzia la bellezza e le contraddizioni delle città  e del mondo di oggi.  Oltre 100 lavoridi 34 artisti africani diventano così gli elementi di una città immaginaria, di un percorso che tra fotografia, installazioni, sculture, tessuti e video, restituisce il caos, la ricchezza, le sfaccettature dell’identità contemporanea africana e globale.
 
I curatori hanno individuato cinque azioni metropolitane - Vagando, Appartenendo, Riconoscendo, Immaginando eRicostruendo - che raccontano una città immaginaria e consentono al visitatore di interpretare sia lo spazio fisico di una metropoli contemporanea, attraversato nel corso della nostra esistenza, sia quello mentale, definito dalle sensazioni e dalle emozioni  risvegliate in noi.
Le opere sonoallestite come elementi di uno skyline cittadino, frutto di una continua stratificazione di interventi e  descrivono un percorso in cui il visitatore può perdersi, riconoscersi e immaginare,secondo un susseguirsi di elementi in cui opere monumentali si alternano a lavori intimi e a rielaborazionisite specific
 
La mostra si snoda intorno a lavori che catalizzano l’attenzione, capaci di ricreare la sensazione dello spazio cittadino e le sue dinamiche. Tra questi, legigantesche installazioni realizzate per la mostra da Bili Bidjocka, che sulla piazza del museo innalza una Time Tower,scultura che cita la Torre di Babelee il Faro di Alessandria,eda Youssef Limoud che, con il suoLabyrinth, evoca un edificio collassato su sé stesso. E anche lavori come Prends le bus et regarde (2006) di Amina Zoubir che restituisce al visitatore la sensazione di essere all’interno di un autobus o Le Salon Bibliothèque diHassan Hajjaj, realizzata appositamente per la mostra, che riproduce lo spazio di una libreria dal sapore marocchino, in cui è possibile riposare, conversare, leggere. Il 21 giugno alle 19.30, in occasione dell’inaugurazione, Le Salon Bibliothèque accoglierà un talkcon Hou  Hanru, Direttore artistico del MAXXI, i curatori Simon Njami, Elena MotisiAnne Palopoli, alcuni artisti protagonisti delle due esposizioni: Hassan Hajjaj, Youssef Limoud,  Bili Bidjocka, Maurice Pefura, Amina Zoubir, Abdulrazaq Awofeso, Franck Abd-Bakar Fanny, Délio Jasse, Antoine Tempé, Akinbode Akinbiyi, Joël Andrianomearisoa, Abdoulaye Konaté, Godfried Donkor, Hassan Musa, Bouchra Khalil,  Michael Tsegaye 
 
La metropoli descritta dalla mostra non è una città “formale”, di architetture costruite, organizzate secondo regole urbanistiche, ma una città costruita da chi la abita; ecco allora che incontriamo opere come Behind This Ambiguity(2015/2018)di Abdulrazaq Awofeso:120 statuine che letteralmente invadono lo spazio come una folla in uscita dalla metropolitana. La strada è senza dubbio un luogo vissuto e ricco di stimoli visivi, resi   attraverso 566 PROTECTED AREA e768 NO POSTERS(2016)di Onyis Martin, operesimili ad affissioni, alle scritte sui muri, ai messaggi subliminali cui è costantemente sottoposto chi percorre la metropoli.
Tra le altre opere esposte, alcuni scatti della serie fotografica di Franck Abd-Bakar Fanny My Nights are Brighter than your Days(2016), capaci di restituire l’idea di quel vagaree perdersi che spesso accompagna l’esperienza e la conoscenza di una nuova città. Foto che sono il frutto delle passeggiate notturne dell’artista, reso insonne dal jet-lagdovuto alle lunghe ore di volo tra Africa, Europa e Stati Uniti. Un racconto immersivo della città ci viene da Symphonie urbaine(2017-2018) di Lucas Gabrielopera sonora in due lingue, disposta in quattro diverse aree della mostra: qui è la città stessa a parlare, con accenti gioiosi e provocatori, una città composta dai suoni di molte città, la cui personalità trascende confini e geografie.
 
African Metropolis è un alternarsi di  immagini e immaginari, tra le Falling House(2014), le case sospese a testa in giù, di Pascale Marthine Tayou, fragili architetture domestiche composte da una miriade di immagini, i tessuti di Abdoulaye Konaté Calao (2016) e Alep (2017), simbolo di memoria e denuncia sociale, e l’installazione monumentale di El AnatsuiStressed World (2011), composta interamente di rame riciclato. 
La mostra affronta temi di attualità con Bureau d’echange (2014)di Meschac Gaba, che denuncia come tutte le materie prime legate alle risorse naturali siano diventate prodotti di speculazione capaci di condurre la società a profonde crisi economiche, o con World Disorder II(2017) di Paul Onditi artista che solleva interrogativi sugli sconvolgimenti politici, strutturali, sociali ed economici a livello locale e mondiale. 
Ma c’è anche spazio per la speranza, il sogno, le nuove possibilità, tra i vestiti disegnati da Lamine Badian Kouyaté (Xuly.Bet) che si affacciano sulla piazza del museo come in una vetrina, creazioni che trasmettono i valori della modernità africana, e che dimostrano come qualsiasi cultura possa diventare avanguardia; e ancora le fotografie di Mimi Cherono Ng’ok il cui sguardo trasforma ogni luogo in un paesaggio emotivolegato alle esperienze e al vissuto dell’artista, o quelle di Sarah Waiswa che in Ballet in Kibera (2017) ritrae un gruppo di bambini di una periferia impegnato in una lezione di danza classica.
 
Riconoscere se stessi nella grande eterogeneità dell’Africa è uno degli obiettivi della mostra. Ci si chiede come si possa vivere insieme in uno spazio che sembra composto da differenze insormontabili, e se sia possibile costruire il ritratto di una città di cui tutti siano abitanti pur essendo stranieri
Mettendo in mostra parte della produzione artistica di un continente che comprende oltre cinquanta nazioni, migliaia di città e milioni di abitanti, African Metropolis riesce a restituire un contesto universale e ci aiuta a comprendere le città di tutto il mondo, simili a libri da sfogliare, impossibili da raccontare ma soltanto da vivere, una xenopóleisin cui l'abitante modifica ed è modificato dall'ambiente che lo circonda.
 
African Metropolisapprofondisce inoltre uno dei filoni di ricerca del MAXXI, quello sulla grande città e le sue dinamiche, i suoi fermenti, in continuità con le mostre sulla scena creativa del Mediterraneo dedicate a Istanbul e Beirut: mostre multidisciplinari che coniugano ricerca artistica, design, architettura e urbanizzazione. 
 
Gli artisti in mostra: Akinbode Akinbiyi, Heba Y. Amin ,El Anatsui, Joël Andrianomearisoa ,Abdulrazaq Awofeso, Sammy Baloji, Bili Bidjocka, Mimi Cherono Ng'ok, Godfried Donkor, Franck Abd-Bakar Fanny, Meschac Gaba, Lucas Gabriel, François-Xavier Gbré , Simon Gush, Hassan Hajjaj, Nicholas Hlobo, Délio Jasse,Samson Kambalu, Kiluanji Kia Henda, Abdoulaye Konaté, Lamine Badian Kouyaté (Xuly.Bët), Youssef Limoud ,Onyis Martin,Lavar Munroe,  Hassan Musa, Paul Onditi, Maurice Pefura, Pascale Marthine Tayou, Antoine Tempé, Andrew Tshabangu, Sarah Waiswa, Ouattara Watts, James Webb, Amina Zoubir
 
La mostra è accompagnata da un volume, edito da Corraini: un viaggio che invita a esplorare il continente attraverso le sue metropli, organism viventi in continua mutazione, con  saggi e interviste di autori internazionali come Marco Scotini, Sumesh Sharma, Edgar Pieterse, Akinbode Akinbiyi, Bonaventure Ndikung. I testi, appositamente commissionati, affrontano tematiche diverse, dall'arte all'architettura, dalla geopolitica al difficile processo di urbanizzazione.

GLI APPUNTAMENTI
Per tutta la durata di African Metropolise di the road to justice,un ricco programma ne approfondirà i temi: in calendario incontri con artisti, architetti e scrittori africani, danza e live music, una rassegna di cinema in occasione del centenario di Nelson Mandela e anche una sfilata benefica con abiti da sposa dall’Africa. Si comincia con la letteratura: venerdì 22 giugno ci sarà l’incontro con Alain Mabankou, scrittore di origine congolese, vincitore nel 2015 del Premio Strega Europeo con Pezzi di Vetro.  Si tratta del primo di una serie di  incontri con scrittori africani, tutti a ingresso libero, organizzati in collaborazione con ilFestival Internazionale delle Letterature alla Basilica di Massenzio e la casa editrice 66thand2nd, per offrire al pubblico del MAXXI uno sguardo inedito e fuori dagli stereotipi su un continente ancora così poco conosciuto. Il programma continua con l’incontro con Yewande Omotoso il 24 giugno, scrittrice di origine nigeriana naturalizzata sudafricana, in dialogo con Paolo Di Paolo su temi quali apartheid, riconciliazione e futuro del Paese; il 4 luglio, giorno dell'indipendenza USA, arriverà Margo Jefferson, Premio Pulitzer 1995: l’autrice di Negroland,autobiografia in cui racconta la classe media afroamericana, l’integrazione, i diritti civili, dialogherà col direttore di Repubblica, Mario Calabresi.
Arte e architettura: l’artista di origine sudafricana Kendell Geers, la cui opera T.W. Batons, (Circle)è esposta in road to justice sarà protagonista di un talk con Hou Hanru martedì 3 luglio (ingresso gratuito). Tre architetti - David Adjaye dal Ghana (mercoledì 4 luglio),  Mokena Makeka (giovedì 12 luglio) e Jo Noero (giovedì 19 luglio), entrambi dal Sudafrica, racconteranno attraverso le loro esperienze come il continente africano si stia facendo portavoce di una progettualità etica ed innovativa (ingresso €5, gratuito con biglietto del museo). Danza: in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Danza, tre coreografi proporranno tre performance che riflettono la varietà e la bellezza della danza africana: primo appuntamento martedì 3 luglio con la coreografia di Nelisiwe Zaba (dal Sudafrica) a seguire quelle di Koffi Koko (dal Benin)il 13 luglio e di Draman e Konate (dal Mali) il 17 luglio (ingresso €15). Cinema: in occasione del centenario della nascita di Nelson Mandela, una rassegna cinematografica in collaborazione con Fondazione Cinema per Roma-CityFest e curata da Mario Sesti ne ripropone la toccante biografia. In anteprima italiana, i film  Bram Fischer (Atto di Difesa- Nelson Mandela e il Processo Rivonia), 2017, di Jean van de Velde martedì 10 luglio e il documentario Mandela (1996), il 18 luglio, di Angus Gibson e Jo Menell, prodotto da Jonathan Demme e candidato agli Oscar come miglior documentario. La rassegna si conclude il 25 luglio con Un mondo a partedi Chris Menges del 1988, vincitore del Premio speciale della Giuria al 41°Festival di Cannes.  
Dopo la pausa del mese di agosto, il programma riprenderà a partire da settembre.


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