Between my flesh and the world’s fingers

Katarina Janeckova, Untitled I Ph. Giorgio Benni
Dal 14 Dicembre 2021 al 24 Gennaio 2022
Roma
Luogo: Richter Fine Art
Indirizzo: Vicolo del Curato 3
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19, o su appuntamento
E-Mail info: info@galleriarichter.com
Sito ufficiale: http://www.galleriarichter.com
La Galleria Richter chiude il 2021 con Between my flesh and the world’s fingers: mostra collettiva con i lavori di Grgur Akrap, Loren Erdrich, Katarina Janeckova, Jay Miriam, Marlon Wobst.
L’ispirazione che dà vita alla mostra, in apertura il prossimo 14 Dicembre, e al titolo della collettiva si riferisce a un documentario su Mary MacLane, scrittrice americana, soprannominata “Wild Woman of Butte”. Era considerata selvaggia e fuori controllo, una reputazione che lei stessa nutriva, fervente femminista, dalla sessualità fluida e libera, divenne molto popolare scandalizzando i lettori con le sue prime memorie, dando vita a un vero best seller.
“Mi piace credere che il fare arte sia anche il risultato di un atto impetuoso, fuori controllo e non di un pensiero razionale. – afferma Tommaso Richter - Between my flesh and the world’s fingers si propone di mostrare il lavoro di artisti e artiste che affrontano l'intensità della spontaneità e la bellezza dell'imprevisto”.
Nonostante le differenti modalità d’approccio e le diverse ricerche personali, i cinque artisti, appartenenti tutti alla generazione degli anni ‘80, sono guidati dall’urgenza di trasmettere una visione comune. “Cinque artisti molto diversi tra loro, ma accomunati da un medesimo sentire: che la pittura si intreccia con il mondo, dalla cui “carne” essa esplode, proprio come vi si intreccia il corpo vivente e percipiente dell’artista. – Scrive Giuseppe Armogida nel testo critico che accompagna la mostra -. Del corpo la pittura condivide anzitutto la natura enigmatica, ambigua e indecidibile: né del tutto soggettiva né del tutto oggettiva, ma intreccio di vita e inerzia, di originalità e ripetizione meccanica, di realtà e immaginazione. Ma corpo e pittura si apparentano, soprattutto, per la loro comune essenza espressiva; di entrambi è fondamentale il gesto, la capacità ostensiva, l’indicazione di qualcosa d’altro oltre la semplice presenza. È come se nelle loro opere questi artisti abbiano voluto captare e tradurre in immagini quelle parole sorde, quella lingua intramata di “sottintesi”, ma soprattutto di silenzio, che il mondo mormora e che essi ascoltano”.
L’ispirazione che dà vita alla mostra, in apertura il prossimo 14 Dicembre, e al titolo della collettiva si riferisce a un documentario su Mary MacLane, scrittrice americana, soprannominata “Wild Woman of Butte”. Era considerata selvaggia e fuori controllo, una reputazione che lei stessa nutriva, fervente femminista, dalla sessualità fluida e libera, divenne molto popolare scandalizzando i lettori con le sue prime memorie, dando vita a un vero best seller.
“Mi piace credere che il fare arte sia anche il risultato di un atto impetuoso, fuori controllo e non di un pensiero razionale. – afferma Tommaso Richter - Between my flesh and the world’s fingers si propone di mostrare il lavoro di artisti e artiste che affrontano l'intensità della spontaneità e la bellezza dell'imprevisto”.
Nonostante le differenti modalità d’approccio e le diverse ricerche personali, i cinque artisti, appartenenti tutti alla generazione degli anni ‘80, sono guidati dall’urgenza di trasmettere una visione comune. “Cinque artisti molto diversi tra loro, ma accomunati da un medesimo sentire: che la pittura si intreccia con il mondo, dalla cui “carne” essa esplode, proprio come vi si intreccia il corpo vivente e percipiente dell’artista. – Scrive Giuseppe Armogida nel testo critico che accompagna la mostra -. Del corpo la pittura condivide anzitutto la natura enigmatica, ambigua e indecidibile: né del tutto soggettiva né del tutto oggettiva, ma intreccio di vita e inerzia, di originalità e ripetizione meccanica, di realtà e immaginazione. Ma corpo e pittura si apparentano, soprattutto, per la loro comune essenza espressiva; di entrambi è fondamentale il gesto, la capacità ostensiva, l’indicazione di qualcosa d’altro oltre la semplice presenza. È come se nelle loro opere questi artisti abbiano voluto captare e tradurre in immagini quelle parole sorde, quella lingua intramata di “sottintesi”, ma soprattutto di silenzio, che il mondo mormora e che essi ascoltano”.
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