ESSERE È UMANO. Isabella Ducrot... e le collezioni tessili del Museo delle Civiltà
Dal 01 Agosto 2024 al 16 Febbraio 2025
Roma
Luogo: Museo delle Civiltà – Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari
Indirizzo: Piazza Guglielmo Marconi 8
E-Mail info: mu-civ.comunicazione@cultura.gov.it
Dal 1 agosto 2024 al 16 febbraio 2025, presso il Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari, il Museo delle Civiltà presenta TESSERE È UMANO. Isabella Ducrot… e le collezioni tessili del Museo delle Civiltà.
La mostra racconta i linguaggi e le culture della tessitura in un dialogo senza precedenti fra una selezione di opere tessili dalle collezioni storiche del museo – alcune raramente o mai esposte prima – e le opere dell’artista Isabella Ducrot (Napoli, 1931), che nel tessuto ritrova la sua ispirazione ed essenza umanista. Un confronto che propone esperienze accessibili e trasversali, tanto sulla ricerca contemporanea quanto sul patrimonio storico museale.
L’artista è stata invitata dal Museo delle Civiltà a esplorare, insieme alle Curatrici e i Curatori dell’istituzione, il patrimonio di abiti, accessori, stoffe cerimoniali o di uso quotidiano che sono custoditi nelle vetrine e nei depositi. Dall’archeologia preistorica alle arti e tradizioni popolari italiane e ai sistemi di pensiero, simbologie, narrazioni e rituali di culture africane, americane, asiatiche e oceaniane, le collezioni tessili sono tra le più affascinanti e al contempo fragili del Museo delle Civiltà, e per questo sono anche le più raramente esponibili. Lo sguardo dell’artista, che da decenni si confronta con le culture tessili di tutto il mondo, è stato per il museo un’occasione di farsi osservare dall’esterno e scoprire innumerevoli punti di connessione tra il patrimonio che custodisce e la pratica di un’artista per cui il tessuto non è solo un materiale quotidiano ma un millenario strumento di espressione e comunicazione fra le epoche, i territori, le culture. Il progetto rintraccia così connessioni inaspettate e rende accessibili anche a un pubblico più ampio e differenziato manufatti e concetti abitualmente non esposti o non noti al di fuori delle ricerche specialistiche, favorendo organicamente riflessioni e relazioni in grado di restituire un’esperienza del patrimonio culturale basata sull’attivazione di metodologie condivise, inclusive e multisensoriali.
La mostra è contestualizzata da un’articolata e ampia selezione – a cura di Francesca Manuela Anzelmo, Paolo Boccuccia, Gaia Delpino, Maria Luisa Giorgi, Laura Giuliano, Vito Lattanzi, Gabriella Manna, Loretta Paderni e Massimiliano Alessandro Polichetti – di indumenti e manufatti, o anche solo semplici lembi di stoffa che testimoniano come un tessuto sia, ancor prima di un elemento funzionale o decorativo, una rigorosa struttura fisica che si manifesta come una vera e propria forma di linguaggio, a cui gli esseri umani hanno affidato il racconto – religioso e civile, individuale e collettivo – delle loro culture. I tessuti in mostra, provenienti da tutte le collezioni del Museo delle Civiltà, raccontano non soltanto la progressiva formazione della sua collezione enciclopedica, ma documentano anche i rapporti istituzionali intrattenuti dal museo con le diverse culture che ne sono l’oggetto di studio. Questa sezione della mostra si configura, dunque, come il possibile diario di un viaggio nello spazio e nel tempo e un’auto-analisi della storia del museo, intrecciati nella struttura, fra trame e orditi, delle sue collezioni tessili. Nel percorso di mostra sono esposti alcuni tessuti estremamente frammentari dalle Collezioni Preistoriche risalenti all’Età del Bronzo e provenienti dagli scavi ottocenteschi del lago di Bienne in Svizzera, insieme a tessuti realizzati in Etiopia e Congo alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo dalle Collezioni di Arti e Culture Africane, stoffe delle Collezioni di Arti e Culture Americane, dall’epoca precolombiana al XX secolo, e esempi di tapa polinesiane, particolare tipo di tessuto realizzato con strisce di corteccia d’albero, dalle Collezioni di Arti e Culture Oceaniane, che documentano nel loro insieme materiali, stili e tecniche elaborati nel corso dei millenni dai popoli nativi per rispondere a esigenze sociali, economiche, spirituali. Particolarmente rappresentate in mostra le opere tessili dalle Collezioni di Arti e Culture Asiatiche, dai manufatti himalayani a un sontuoso tessuto cinese in raso di seta con decorazione di draghi databile alla dinastia Qing (1644-1911) e, infine, abiti da lavoro e festivi e indumenti di uso quotidiano provenienti dalle Collezioni di Arti e Tradizioni Popolari, per la maggior parte realizzati tra la fine del XIX e il XX secolo e mostrati per la prima volta nell'Esposizione Internazionale tenutasi a Roma nel 1911.
Per Isabella Ducrot il tessuto è un palinsesto in cui si deposita la storia umana con le sue innumerevoli storie personali, la traccia materiale di culture immateriali, un viaggiatore solo “apparentemente muto” da una cultura a un’altra, un tramite in cui si rinuncia all’unicità per far prevalere l’intelligenza e la sensibilità delle comunità di appartenenza, per creare un contatto con gli altri e sperare in quello con il divino. Come gli esploratori e le esploratrici che hanno creato le collezioni tessili del Museo delle Civiltà, anche Ducrot è stata per molti anni in viaggio, creando una collezione che ha ripiegato accuratamente nei cassetti di un armadio e, soprattutto, una molteplicità di opere in cui il tessuto non è mai supporto ma matrice dell’opera stessa. I curatori di questa sezione della mostra – Anna Mattirolo e Andrea Viliani con Vittoria Pavesi – hanno reso possibile per la prima volta la condivisione fra le collezioni tessili storiche di un museo pubblico e la ricerca dell’artista, intendendola come celebrazione di un sapere tessile al contempo astratto e concreto, intimo e condiviso. Ciò che in un tessuto affascina l’artista non è la sua decorazione ma la relazione compositiva fra storia e struttura, il suo essere “manufatto complesso la cui invenzione risale e epoche mitiche della storia umana”, l’essere un documento che dichiara “gusti, regole estetiche, emigrazioni di segni, testimonianze visibili e tattili di una cultura”. Nel corso dei suoi viaggi e della sua ricerca pluriennale l’artista ha acquisito una forte familiarità con i materiali tessili, individuando in ognuno un dettaglio dal valore simbolico. Un tessuto per lei è, quindi, qualcosa di impalpabile ma a suo modo radicale: “quasi niente, difficile da descrivere per mancanza di aggettivi, niente colori, niente decorazioni, niente ricami, solo affermazione della propria essenza, la semplicità ridotta ai minimi termini eppure grandiosa e commovente, come un inno patriottico”. Ducrot ha continuato per anni a collezionare e a lavorare sui tessuti, ricomponendo distinzioni e opposizioni, usandone pezzi per ricomporli in nuove forme e nuove opere, liberando i tessuti che utilizza dagli utilizzi originali per trasformarli in medium artistici. La materia tessile e la tessitura sono diventate nel corso del tempo il centro di un’appassionata dedizione, con interpretazioni e intuizioni rivelatrici di ciò che sta al di là del mero dato materiale.
Radunando dalle collezioni tessili del Museo delle Civiltà opere africane, americane, asiatiche, europee e oceaniane – opere preziose e complesse o semplici e umili, antichissime o moderne, integre o ridotte in brandelli – così come affiancando opere di altri autori e altre autrici alle proprie, questa mostra e l’artista ci invitano a un ulteriore viaggio nel tempo e nello spazio. Accogliendo nella propria storia anche le testimonianze che rivelano tante altre storie, il viaggio e l’auto-analisi di Ducrot diventano quelli del Museo delle Civiltà… tra epoche e geografie, culture e nature, storie di persone e storie di collezioni e di musei… uno sconfinato, ancestrale tessuto connettivo in cui è possibile affermare che – per citare il passaggio di una poesia di Patrizia Cavalli dedicata alle opere tessili di Ducrot, che dà il titolo a questa mostra – “tessere è umano”.
In occasione della mostra verrà inoltre pubblicato dalla casa editrice Electa un volume su Isabella Ducrot e le collezioni tessili del Museo delle Civiltà, con testi dell’artista e dei curatori della mostra. Il volume rientra nella collana Pesci rossi, dedicata alla storia delle arti e dei suoi principali aspetti, raccontati attraverso brevi saggi illustrati da immagini documentarie e della mostra realizzate dal fotografo Giorgio Benni.
La mostra racconta i linguaggi e le culture della tessitura in un dialogo senza precedenti fra una selezione di opere tessili dalle collezioni storiche del museo – alcune raramente o mai esposte prima – e le opere dell’artista Isabella Ducrot (Napoli, 1931), che nel tessuto ritrova la sua ispirazione ed essenza umanista. Un confronto che propone esperienze accessibili e trasversali, tanto sulla ricerca contemporanea quanto sul patrimonio storico museale.
L’artista è stata invitata dal Museo delle Civiltà a esplorare, insieme alle Curatrici e i Curatori dell’istituzione, il patrimonio di abiti, accessori, stoffe cerimoniali o di uso quotidiano che sono custoditi nelle vetrine e nei depositi. Dall’archeologia preistorica alle arti e tradizioni popolari italiane e ai sistemi di pensiero, simbologie, narrazioni e rituali di culture africane, americane, asiatiche e oceaniane, le collezioni tessili sono tra le più affascinanti e al contempo fragili del Museo delle Civiltà, e per questo sono anche le più raramente esponibili. Lo sguardo dell’artista, che da decenni si confronta con le culture tessili di tutto il mondo, è stato per il museo un’occasione di farsi osservare dall’esterno e scoprire innumerevoli punti di connessione tra il patrimonio che custodisce e la pratica di un’artista per cui il tessuto non è solo un materiale quotidiano ma un millenario strumento di espressione e comunicazione fra le epoche, i territori, le culture. Il progetto rintraccia così connessioni inaspettate e rende accessibili anche a un pubblico più ampio e differenziato manufatti e concetti abitualmente non esposti o non noti al di fuori delle ricerche specialistiche, favorendo organicamente riflessioni e relazioni in grado di restituire un’esperienza del patrimonio culturale basata sull’attivazione di metodologie condivise, inclusive e multisensoriali.
La mostra è contestualizzata da un’articolata e ampia selezione – a cura di Francesca Manuela Anzelmo, Paolo Boccuccia, Gaia Delpino, Maria Luisa Giorgi, Laura Giuliano, Vito Lattanzi, Gabriella Manna, Loretta Paderni e Massimiliano Alessandro Polichetti – di indumenti e manufatti, o anche solo semplici lembi di stoffa che testimoniano come un tessuto sia, ancor prima di un elemento funzionale o decorativo, una rigorosa struttura fisica che si manifesta come una vera e propria forma di linguaggio, a cui gli esseri umani hanno affidato il racconto – religioso e civile, individuale e collettivo – delle loro culture. I tessuti in mostra, provenienti da tutte le collezioni del Museo delle Civiltà, raccontano non soltanto la progressiva formazione della sua collezione enciclopedica, ma documentano anche i rapporti istituzionali intrattenuti dal museo con le diverse culture che ne sono l’oggetto di studio. Questa sezione della mostra si configura, dunque, come il possibile diario di un viaggio nello spazio e nel tempo e un’auto-analisi della storia del museo, intrecciati nella struttura, fra trame e orditi, delle sue collezioni tessili. Nel percorso di mostra sono esposti alcuni tessuti estremamente frammentari dalle Collezioni Preistoriche risalenti all’Età del Bronzo e provenienti dagli scavi ottocenteschi del lago di Bienne in Svizzera, insieme a tessuti realizzati in Etiopia e Congo alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo dalle Collezioni di Arti e Culture Africane, stoffe delle Collezioni di Arti e Culture Americane, dall’epoca precolombiana al XX secolo, e esempi di tapa polinesiane, particolare tipo di tessuto realizzato con strisce di corteccia d’albero, dalle Collezioni di Arti e Culture Oceaniane, che documentano nel loro insieme materiali, stili e tecniche elaborati nel corso dei millenni dai popoli nativi per rispondere a esigenze sociali, economiche, spirituali. Particolarmente rappresentate in mostra le opere tessili dalle Collezioni di Arti e Culture Asiatiche, dai manufatti himalayani a un sontuoso tessuto cinese in raso di seta con decorazione di draghi databile alla dinastia Qing (1644-1911) e, infine, abiti da lavoro e festivi e indumenti di uso quotidiano provenienti dalle Collezioni di Arti e Tradizioni Popolari, per la maggior parte realizzati tra la fine del XIX e il XX secolo e mostrati per la prima volta nell'Esposizione Internazionale tenutasi a Roma nel 1911.
Per Isabella Ducrot il tessuto è un palinsesto in cui si deposita la storia umana con le sue innumerevoli storie personali, la traccia materiale di culture immateriali, un viaggiatore solo “apparentemente muto” da una cultura a un’altra, un tramite in cui si rinuncia all’unicità per far prevalere l’intelligenza e la sensibilità delle comunità di appartenenza, per creare un contatto con gli altri e sperare in quello con il divino. Come gli esploratori e le esploratrici che hanno creato le collezioni tessili del Museo delle Civiltà, anche Ducrot è stata per molti anni in viaggio, creando una collezione che ha ripiegato accuratamente nei cassetti di un armadio e, soprattutto, una molteplicità di opere in cui il tessuto non è mai supporto ma matrice dell’opera stessa. I curatori di questa sezione della mostra – Anna Mattirolo e Andrea Viliani con Vittoria Pavesi – hanno reso possibile per la prima volta la condivisione fra le collezioni tessili storiche di un museo pubblico e la ricerca dell’artista, intendendola come celebrazione di un sapere tessile al contempo astratto e concreto, intimo e condiviso. Ciò che in un tessuto affascina l’artista non è la sua decorazione ma la relazione compositiva fra storia e struttura, il suo essere “manufatto complesso la cui invenzione risale e epoche mitiche della storia umana”, l’essere un documento che dichiara “gusti, regole estetiche, emigrazioni di segni, testimonianze visibili e tattili di una cultura”. Nel corso dei suoi viaggi e della sua ricerca pluriennale l’artista ha acquisito una forte familiarità con i materiali tessili, individuando in ognuno un dettaglio dal valore simbolico. Un tessuto per lei è, quindi, qualcosa di impalpabile ma a suo modo radicale: “quasi niente, difficile da descrivere per mancanza di aggettivi, niente colori, niente decorazioni, niente ricami, solo affermazione della propria essenza, la semplicità ridotta ai minimi termini eppure grandiosa e commovente, come un inno patriottico”. Ducrot ha continuato per anni a collezionare e a lavorare sui tessuti, ricomponendo distinzioni e opposizioni, usandone pezzi per ricomporli in nuove forme e nuove opere, liberando i tessuti che utilizza dagli utilizzi originali per trasformarli in medium artistici. La materia tessile e la tessitura sono diventate nel corso del tempo il centro di un’appassionata dedizione, con interpretazioni e intuizioni rivelatrici di ciò che sta al di là del mero dato materiale.
Radunando dalle collezioni tessili del Museo delle Civiltà opere africane, americane, asiatiche, europee e oceaniane – opere preziose e complesse o semplici e umili, antichissime o moderne, integre o ridotte in brandelli – così come affiancando opere di altri autori e altre autrici alle proprie, questa mostra e l’artista ci invitano a un ulteriore viaggio nel tempo e nello spazio. Accogliendo nella propria storia anche le testimonianze che rivelano tante altre storie, il viaggio e l’auto-analisi di Ducrot diventano quelli del Museo delle Civiltà… tra epoche e geografie, culture e nature, storie di persone e storie di collezioni e di musei… uno sconfinato, ancestrale tessuto connettivo in cui è possibile affermare che – per citare il passaggio di una poesia di Patrizia Cavalli dedicata alle opere tessili di Ducrot, che dà il titolo a questa mostra – “tessere è umano”.
In occasione della mostra verrà inoltre pubblicato dalla casa editrice Electa un volume su Isabella Ducrot e le collezioni tessili del Museo delle Civiltà, con testi dell’artista e dei curatori della mostra. Il volume rientra nella collana Pesci rossi, dedicata alla storia delle arti e dei suoi principali aspetti, raccontati attraverso brevi saggi illustrati da immagini documentarie e della mostra realizzate dal fotografo Giorgio Benni.
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