FRANCO ANGELI - Opere 1958-1988

Franco Angeli, Zona Cesarini, 1987-88

 

Dal 08 Dicembre 2022 al 26 Marzo 2023

Roma

Luogo: WeGil

Indirizzo: Largo Ascianghi 5

Orari: tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00, chiuso il 25 dicembre e il 1° gennaio

Curatori: Silvia Pegoraro

Enti promotori:

  • Regione Lazio

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 334 6841506

E-Mail info: info@wegil.it

Sito ufficiale: http://wegil.it


Dall’8 dicembre 2022 al 26 marzo 2023, il WeGil di Roma, hub culturale della Regione Lazio a Trastevere, ospita la mostra retrospettiva FRANCO ANGELI-Opere 1958-1988.

L’esposizione, promossa dalla Regione Lazio e realizzata da LAZIOcrea, è curata da Silvia Pegoraro e nasce da un’idea del gallerista e collezionista Aldo Marchetti, in collaborazione con l’Archivio Franco Angeli di Roma (presieduto da Maria Angeli, figlia dell’artista), con l’obiettivo di promuovere la conoscenza del grande artista romano, operativo a partire dalla seconda metà del XX secolo. La mostra intende, quindi, configurarsi come percorso antologico, attraverso 74 opere uniche di Angeli (tra cui molti interessanti inediti), tutte provenienti da collezioni private: dagli esordi informali del 1957-58 al figurativismo geometrico e metafisico degli anni ’80, sino al 1988, anno della sua scomparsa.

Franco Angeli
 è una figura chiave di quella nuova generazione di pittori romani venuta impetuosamente alla ribalta all’aurora degli anni ’60: una generazione artistica “di maturazione precoce e con caratteri più organici e compatti delle due precedenti”, come scrive all’epoca il critico Cesare Vivaldi.  Vivaldi fa alcuni nomi, soffermandosi in particolare proprio su quelli di Franco Angeli, Tano Festa e Mario Schifano, tre degli artisti che meglio caratterizzano la cosiddetta “scuola di Piazza del Popolo”, spesso confusa con quella che viene definita erroneamente Pop Art italiana. Quella di Angeli è una pittura inizialmente influenzata, alla fine degli anni ’50, dall’espressività materico-gestuale dell’Informale per poi volgere al monocromo, che rende la tela simile a uno schermo quasi neutro, appena animato da segni leggeri, da lievi vibrazioni luminose e da simbologie appena leggibili in trasparenza. La velatura del soggetto, per mezzo di garze, collant di nylon e tulle, diventerà per Angeli - nella prima metà degli anni ’60 - un nodo stilistico e tematico centrale, che si raccorda al senso della politica e della storia italiana e romana in primis. Angeli, evocando le forme e i simboli del passato, supera l’Informale riportando la Pittura alle sue apparenze figurali, seguendo la via di quella “metafisica dentro la fisica” indicata da De Chirico e Savinio, che si farà poi evidente nelle opere degli anni Ottanta. Per Angeli l’esperienza artistica è un’azione nel presente, ma radicata nel territorio della memoria: “I miei primi quadri sono la testimonianza del contatto quotidiano con la strada.Vidi i Ruderi, le Lapidi, simboli antichi e moderni come l’Aquila, la Svastica, la Falce e Martello, obelischi, statue, Lupe Romane sprigionare l’energia sufficiente per affrontare l’avventura pittorica”, scrive l’artista. Una sorta di iconosfera urbana che rievoca quelle iscrizioni e quegli epigrafi ancora presenti su alcuni muri romani, che nel suo immaginario divengono icone di araldica intensità e di forte impatto visivo in grado di rappresentare la dimensione pubblica e civile del suo messaggio artistico e poetico. In particolare, nelle opere della fine degli anni ’60 e degli anni ’70, Angeli esprime “una volontà di trasformazione e di lotta”, che carica la sua pittura di intensa partecipazione agli avvenimenti politici e sociali, dal colpo di stato in Cile alla guerra del Vietnam, dalle proteste studentesche al golpe militare in Argentina, fino al rapimento di Aldo Moro e alla strategia della tensione. A partire dagli anni ’80 Angeli si volge ancora indietro e nelle sue tele compaiono gli aeroplani, ricordi dei bombardamenti subiti dalla capitale durante la Seconda guerra mondiale, con i suoi obelischi e le sue piramidi che, a partire dal 1985 si caricano sempre più di un ‘valore “plastico” e metafisico. Di contro la società dei consumi della Pop art americana, Angeli riporta alla memoria la città eterna, con le sue stratificazioni culturali e il suo repertorio di immagini tipicamente italiano che “nella febbre del dipingere”, come scrive Vivaldi, diviene scrittura privata di un sentire profondamente poetico delle cose. 

Giuseppe Angeli, noto in arte come Franco Angeli, nasce a Roma, nel quartiere San Lorenzo, il 14 maggio 1935, da una famiglia del popolo di solida tradizione antifascista e socialista. Angeli vive la sua infanzia e adolescenza a Borgo Pio, poi in Via Angelo Brunetti. Nel caos della guerra interrompe le scuole elementari e inizia invece a lavorare, come facchino ai mercati, come garzone di barbiere e poi di lavanderia, e in seguito da un tappezziere e da un carrozziere. Nel 1949 la morte della madre lo segna profondamente. Tra il 1955 e il 1957 inizia a dedicarsi da autodidatta alla pittura, frequenta lo studio dello scultore Edgardo Mannucci, dove vede lavori di Burri che influenzano fortemente la prima fase della sua opera, di natura astratto-informale e materica. Angeli aderisce al Partito Comunista nella sezione di Campo Marzio, e nel 1955 conosce prima Tano Festa e poi Mario Schifano, con i quali stringe un rapporto di profonda e solida amicizia.  Li accomuna l’estrazione popolare e quindi un senso della realtà molto forte, la frequentazione degli stessi luoghi, e l’esigenza di andare oltre le esperienze informali.  Fanno parte a pieno titolo di quella che verrà definita la “Scuola di Piazza del Popolo”. Nel 1959 partecipa alla sua prima collettiva, alla Galleria La Salita di Roma, con Festa e Uncini. Nel 1960, sempre alla Salita, tiene la sua prima personale, presentata da Cesare Vivaldi. All’inizio degli anni ’60, la sua poetica si muove verso la figurazione: icone e frammenti di simbologia storica e collettiva, simboli culturali e ideologici come croci, falci e martello o svastiche, le lupe capitoline, le aquile americane e romane. Queste immagini consacrano Angeli sulla scena internazionale dell’arte, dominata dalle iconografie del pop statunitense, nel frattempo esplose alla Biennale di Venezia del 1964, seppure le opere di Angeli se ne distanzino profondamente. Lo stesso artista partecipa alla Biennale del 1964 presentato da Maurizio Calvesi, ma in una lettera autografa scrive: “sono in grado di affermare di non avere mai dipinto un quadro nello spirito della Pop Art”.  Gli anni 1968-70 sono per Angeli di grande impegno politico e ideologico, che si protrarrà per tutti gli anni ’70, durante i quali l’artista si batte anche contro la guerra del Vietnam, rappresentandone gli orrori. A partire dal 1973 si fa strada nella sua pittura una nuova visione, più analitica e marcata da campiture regolari, contorni netti e forme geometriche. Dopo una lunga relazione con Marina Ripa di Meana, nel 1975 conosce Livia Massimo Lancellotti, che diviene sua compagna di vita e con la quale dà alla luce l’unica figlia, Maria. Nel 1978 partecipa alla Biennale di Venezia curata da Achille Bonito Oliva, nella sezione L'iconosfera urbana. Negli anni ‘80 si va approfondendo la natura neometafisica della ricerca visiva di Angeli, mentre le sue opere svelano anche lo studio e l’influenza di Sironi, Scipione, Mafai. Nel 1984 compare nei suoi lavori l’immagine di un burattino, probabile emblema dell’artista stesso, in balia dei fili imperscrutabili del destino. Franco Angeli si spegne a Roma il 12 novembre 1988, all’età di 53 anni, i suoi funerali si sono svolti presso la chiesa di Santa Maria del Popolo, che custodisce l’opera di Caravaggio, La conversione di San Paolo, molto ammirata e amata dall’artista stesso.
Catalogo Edizioni Grafiche Turato, con testi di Maria Angeli, Laura Cherubini e Silvia Pegoraro, e alcuni appunti di Franco Angeli



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