Giancarlo Limoni. Paesaggi
Dal 05 Novembre 2013 al 31 Gennaio 2014
Roma
Luogo: AAM - Architettura Arte Moderna
Indirizzo: via dei Banchi Vecchi 61
Orari: da martedì a venerdì 16-20; sabato e domenica su appuntamento
Curatori: Francesco Moschini
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 68307537
Sito ufficiale: http://www.aamgalleria.it/home.php
Si inaugura Lunedì 4 novembre presso A.A.M. Architettura Arte Moderna la mostra “Paesaggi” dedicata a Giancarlo Limoni, strutturata in due momenti espositivi, in successione, che vedrà lo spazio A.A.M. riconfigurarsi attraverso opere dello stesso ciclo. Lunedì 9 dicembre, in occasione dell’apertura della seconda parte della mostra, verrà presentato il volume monografico dedicato a Giancarlo Limoni, nel quale sono ripercorsi gli ultimi quindici anni della sua attività.
La mostra affronta il tema unitario del paesaggio che per l’artista è stato centrale della sua produzione più recente, ma che, fin dagli anni ’80, ha comunque costituito il riferimento ideale per i suoi lavori più naturalistici.
È significativo che l’attività espositiva dell’A.A.M., dopo una breve pausa d’interruzione per impegni progettuali più ampi tra arte e architettura realizzati “extramoenia”, riprenda ora con una mostra dedicata proprio a Giancarlo Limoni, con cui ci eravamo temporaneamente autosospesi, a sottolineare un filo rosso di continuità sul piano del metodo.
Durante l’articolato periodo espositivo, verrà presentata una selezione tra oltre quaranta opere, olii su tela di grande formato, che, con gli oltre trenta grandi acquarelli e i piccoli bozzetti preparatori, rappresentano l’intera articolazione del ciclo. “Paesaggi” prende avvio, non casualmente, con una serie di lavori che si pongono come “limite”, come “soglia”, in cui lo sguardo dall’alto dell’artista trasforma “Nel blu il paesaggio” o “Sentinelle” in vere e proprie ouvertures, in cui la pittura si fa più rarefatta, per un processo di sottrazione cromatica e materica che caratterizza la più recente ricerca dell’artista. La frontalità e la visione dall’alto sono l’antecedente di quel cospicuo numero di opere “A perdita d’occhio”, come “Paesaggio con terra rossa”, 2010, o, “Paesaggio viola”, 2011, che sul tema del “frastagliamento”, della “mineralizzazione” dei luoghi e dei suoli, tendono a dare corpo e sostanza allo Sturm und Drang (Tempesta e impeto) dei turbinii turneriani di “Marina verde”, 2009, e “Marina del nord”, 2010. Solo dopo essersi confrontato con la diversità degli sguardi e avere sondato i limiti della visione stessa, Giancarlo Limoni approda cosi all’apparente sospensione, alla trepidante serenità, nelle distese riappacificanti di opere come “Marina con cielo giallo”, 2013, e di altre declinate sullo stesso tema. Ma sembra poi ritrarsi immediatamente, quasi rifuggendone, sorprendendosi addirittura della propria ritrovata “atarassia” democritea, per rimettersi in discussione con il ritrovato piacere della vertigine e dell’instabilità che più gli è congeniale, come in “Cieli gialli”, e in “Cieli rossi”, 2013, e in altre opere analoghe. Sarà proprio da queste allusioni allo sprofondamento negli abissi che l’artista, con nuove ritrovate energie, con rinnovati colpi d’ala e d’azzardo, potrà di nuovo librarsi in volo “a riveder le stelle”.
Questa sorta di “punto e a capo” nell’itinerario artistico di Giancarlo Limoni era stato preannunciato nel 2007 da due straordinarie opere, “Paesaggio sommerso” e “Tentativo di paesaggio”, rimaste in “ombra” nello studio dell’artista, concentrato in quegli anni nella preparazione del ciclo “Non ho tempo (Je n'ai pas le temp)” / “Lezione di tenebre: opere dal nero”, presentato alla A.A.M. Architettura Arte Moderna nell’ottobre 2009. Quei due lavori “segreti” di Giancarlo Limoni, lasciavano affiorare alcuni elementi di paesaggio, al di sopra di una concitata naturalistica eccitazione cromatica, esibita in primo piano, come vera e propria ribalta, messa in scena di una scompigliata siepe, scossa da una sorta di “vento barocco”, protesa a occultare e, nello stesso tempo, rivelare l’orizzonte oltre se stessa. Sicuramente quelle due opere rappresentavano la volontà dell’artista di liberarsi dal rigore ascetico del ciclo “opere dal nero”, dalle costrizioni di fare del suo lavoro una pura apparizione che riemergeva dai fondi bituminosi di quel preciso momento del suo percorso artistico. È stato proprio a partire da questi elementi che insieme abbiamo individuato quello che sarebbe diventato il nucleo tematico e il nodo problematico da affrontare come successivo impegno artistico per la mostra attuale. È dalle osservazioni sulle due opere sopra indicate, che con l’artista abbiamo ritenuto di aver intravisto una nuova avventura da affrontare insieme. Sono nati cosi i sei piccoli “studi” del 2008 realizzati da Giancarlo Limoni come incipit della nuova “storia”.
In questi bozzetti l’artista, rinunciando alla sontuosità materica che l’aveva sempre caratterizzato, sembrava concentrarsi su una circoscritta messa a fuoco di dettagli, di frammenti di paesaggio, di grumi materici, tra esplosioni magmatiche, liquide dispersioni-diluizioni e improvvise apparizioni di orizzonti, prima instabili e poi sempre più definiti.
In questo modus operandi intendiamo rivendicare la specificità della funzione di A.A.M. Architettura Arte Moderna con la sua intenzionalità progettuale che fa del lavoro maieutico con gli artisti, della condivisione e della individuazione dei percorsi, all’interno dell’intero Sistema dell’Arte, dall’Architettura al Design, dall’Arte Contemporanea alla Fotografia, un punto di forza e di riferimento, senza rischi o pretese di sovrapposizioni autoriali rispetto all’autonomia dei singoli artisti e, tanto meno, senza presunzioni di farci percepire come “suggeritori” di repentine e provvidenziali “folgorazioni” sulla via di Damasco.
Il racconto che si snoda attraverso la mostra e il volume è anche la storia di un’intesa più stretta tra l’artista e la A.A.M. Il volume, in corso di pubblicazione, riassume e riprende i cicli realizzati dall’artista nelle quattro mostre personali a lui dedicate da A.A.M. nel corso degli anni, teso a ricostruire il senso di un percorso condiviso. In questo parallelismo di intenti, come già chiarito, non si intende evidenziare nessuna “intromissione” nel lavoro dell’artista, ma solo le reciproche “sollecitazioni” e i “rimandi” tra l’artista e la committenza. Un viaggio che ci ha visti uniti nel passaggio dalle tracce, dai lacerti di pittura deflagrata in cui le memorie di “Scuola romana” si sono sapientemente intrecciate con le “diluizioni” e le “espansioni” di Emil Nolde, via via alla scoperta dell’Oriente, agli inabissamenti e ai riaffioramenti delle “opere dal nero”, agli attuali approdi su spiagge e paesaggi scarnificati da “Terra desolata” (The Waste Land) di Thomas Stearns Eliot. La mostra e il volume rendono inoltre “pubblici”, per la prima volta, il controcanto privato di Giancarlo Limoni rappresentato dai diversi “taccuini di viaggio”, come momento di riflessione sul delicato passaggio, dal particolare all’universale, dal microcosmo al macrocosmo.
Giancarlo Limoni è tra i protagonisti della Nuova Scuola Romana degli anni ’80, che vede negli stessi anni all’opera autori, tra gli altri, quali Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Enrico Luzzi, Nunzio, Claudio Palmieri, Piero Pizzi Cannella, Sergio Ragalzi, Marco Tirelli, di cui alcuni avranno come riferimento la Galleria l'Attico di Fabio Sargentini.
Partecipa ad alcune tra le più importanti collettive di quegli anni: "Nuove trame dell'Arte" a Genazzano, "Anni ‘80" a Bologna, "La nuova scuola romana" a Graz, "Trent'anni dell'Attico" a Spoleto, "Capodopera" a Fiesole e "Post-Astrazione" a Milano. Dal 1986 ha trasferito il suo studio al quartiere Prenestino. Vive e lavora a Roma.
La mostra affronta il tema unitario del paesaggio che per l’artista è stato centrale della sua produzione più recente, ma che, fin dagli anni ’80, ha comunque costituito il riferimento ideale per i suoi lavori più naturalistici.
È significativo che l’attività espositiva dell’A.A.M., dopo una breve pausa d’interruzione per impegni progettuali più ampi tra arte e architettura realizzati “extramoenia”, riprenda ora con una mostra dedicata proprio a Giancarlo Limoni, con cui ci eravamo temporaneamente autosospesi, a sottolineare un filo rosso di continuità sul piano del metodo.
Durante l’articolato periodo espositivo, verrà presentata una selezione tra oltre quaranta opere, olii su tela di grande formato, che, con gli oltre trenta grandi acquarelli e i piccoli bozzetti preparatori, rappresentano l’intera articolazione del ciclo. “Paesaggi” prende avvio, non casualmente, con una serie di lavori che si pongono come “limite”, come “soglia”, in cui lo sguardo dall’alto dell’artista trasforma “Nel blu il paesaggio” o “Sentinelle” in vere e proprie ouvertures, in cui la pittura si fa più rarefatta, per un processo di sottrazione cromatica e materica che caratterizza la più recente ricerca dell’artista. La frontalità e la visione dall’alto sono l’antecedente di quel cospicuo numero di opere “A perdita d’occhio”, come “Paesaggio con terra rossa”, 2010, o, “Paesaggio viola”, 2011, che sul tema del “frastagliamento”, della “mineralizzazione” dei luoghi e dei suoli, tendono a dare corpo e sostanza allo Sturm und Drang (Tempesta e impeto) dei turbinii turneriani di “Marina verde”, 2009, e “Marina del nord”, 2010. Solo dopo essersi confrontato con la diversità degli sguardi e avere sondato i limiti della visione stessa, Giancarlo Limoni approda cosi all’apparente sospensione, alla trepidante serenità, nelle distese riappacificanti di opere come “Marina con cielo giallo”, 2013, e di altre declinate sullo stesso tema. Ma sembra poi ritrarsi immediatamente, quasi rifuggendone, sorprendendosi addirittura della propria ritrovata “atarassia” democritea, per rimettersi in discussione con il ritrovato piacere della vertigine e dell’instabilità che più gli è congeniale, come in “Cieli gialli”, e in “Cieli rossi”, 2013, e in altre opere analoghe. Sarà proprio da queste allusioni allo sprofondamento negli abissi che l’artista, con nuove ritrovate energie, con rinnovati colpi d’ala e d’azzardo, potrà di nuovo librarsi in volo “a riveder le stelle”.
Questa sorta di “punto e a capo” nell’itinerario artistico di Giancarlo Limoni era stato preannunciato nel 2007 da due straordinarie opere, “Paesaggio sommerso” e “Tentativo di paesaggio”, rimaste in “ombra” nello studio dell’artista, concentrato in quegli anni nella preparazione del ciclo “Non ho tempo (Je n'ai pas le temp)” / “Lezione di tenebre: opere dal nero”, presentato alla A.A.M. Architettura Arte Moderna nell’ottobre 2009. Quei due lavori “segreti” di Giancarlo Limoni, lasciavano affiorare alcuni elementi di paesaggio, al di sopra di una concitata naturalistica eccitazione cromatica, esibita in primo piano, come vera e propria ribalta, messa in scena di una scompigliata siepe, scossa da una sorta di “vento barocco”, protesa a occultare e, nello stesso tempo, rivelare l’orizzonte oltre se stessa. Sicuramente quelle due opere rappresentavano la volontà dell’artista di liberarsi dal rigore ascetico del ciclo “opere dal nero”, dalle costrizioni di fare del suo lavoro una pura apparizione che riemergeva dai fondi bituminosi di quel preciso momento del suo percorso artistico. È stato proprio a partire da questi elementi che insieme abbiamo individuato quello che sarebbe diventato il nucleo tematico e il nodo problematico da affrontare come successivo impegno artistico per la mostra attuale. È dalle osservazioni sulle due opere sopra indicate, che con l’artista abbiamo ritenuto di aver intravisto una nuova avventura da affrontare insieme. Sono nati cosi i sei piccoli “studi” del 2008 realizzati da Giancarlo Limoni come incipit della nuova “storia”.
In questi bozzetti l’artista, rinunciando alla sontuosità materica che l’aveva sempre caratterizzato, sembrava concentrarsi su una circoscritta messa a fuoco di dettagli, di frammenti di paesaggio, di grumi materici, tra esplosioni magmatiche, liquide dispersioni-diluizioni e improvvise apparizioni di orizzonti, prima instabili e poi sempre più definiti.
In questo modus operandi intendiamo rivendicare la specificità della funzione di A.A.M. Architettura Arte Moderna con la sua intenzionalità progettuale che fa del lavoro maieutico con gli artisti, della condivisione e della individuazione dei percorsi, all’interno dell’intero Sistema dell’Arte, dall’Architettura al Design, dall’Arte Contemporanea alla Fotografia, un punto di forza e di riferimento, senza rischi o pretese di sovrapposizioni autoriali rispetto all’autonomia dei singoli artisti e, tanto meno, senza presunzioni di farci percepire come “suggeritori” di repentine e provvidenziali “folgorazioni” sulla via di Damasco.
Il racconto che si snoda attraverso la mostra e il volume è anche la storia di un’intesa più stretta tra l’artista e la A.A.M. Il volume, in corso di pubblicazione, riassume e riprende i cicli realizzati dall’artista nelle quattro mostre personali a lui dedicate da A.A.M. nel corso degli anni, teso a ricostruire il senso di un percorso condiviso. In questo parallelismo di intenti, come già chiarito, non si intende evidenziare nessuna “intromissione” nel lavoro dell’artista, ma solo le reciproche “sollecitazioni” e i “rimandi” tra l’artista e la committenza. Un viaggio che ci ha visti uniti nel passaggio dalle tracce, dai lacerti di pittura deflagrata in cui le memorie di “Scuola romana” si sono sapientemente intrecciate con le “diluizioni” e le “espansioni” di Emil Nolde, via via alla scoperta dell’Oriente, agli inabissamenti e ai riaffioramenti delle “opere dal nero”, agli attuali approdi su spiagge e paesaggi scarnificati da “Terra desolata” (The Waste Land) di Thomas Stearns Eliot. La mostra e il volume rendono inoltre “pubblici”, per la prima volta, il controcanto privato di Giancarlo Limoni rappresentato dai diversi “taccuini di viaggio”, come momento di riflessione sul delicato passaggio, dal particolare all’universale, dal microcosmo al macrocosmo.
Giancarlo Limoni è tra i protagonisti della Nuova Scuola Romana degli anni ’80, che vede negli stessi anni all’opera autori, tra gli altri, quali Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Enrico Luzzi, Nunzio, Claudio Palmieri, Piero Pizzi Cannella, Sergio Ragalzi, Marco Tirelli, di cui alcuni avranno come riferimento la Galleria l'Attico di Fabio Sargentini.
Partecipa ad alcune tra le più importanti collettive di quegli anni: "Nuove trame dell'Arte" a Genazzano, "Anni ‘80" a Bologna, "La nuova scuola romana" a Graz, "Trent'anni dell'Attico" a Spoleto, "Capodopera" a Fiesole e "Post-Astrazione" a Milano. Dal 1986 ha trasferito il suo studio al quartiere Prenestino. Vive e lavora a Roma.
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