IL SECONDO SGUARDO. La poesia parallela di MANLIO AMODEO E SAVINA TAVANO

Sala delle vedute di Napoli, Musei di Villa Torlonia - Casino dei Principi, Roma

 

Dal 21 Settembre 2022 al 30 Ottobre 2022

Roma

Luogo: Musei di Villa Torlonia - Casino dei Principi

Indirizzo: Via Nomentana 70

Orari: Dal martedì alla domenica ore 9.00-19.00. Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura. Giorno di chiusura: lunedì

Curatori: Federico Strinati e Claudio Strinati

Enti promotori:

  • Roma Culture
  • Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

Costo del biglietto: Ingresso cumulativo Casino Nobile; Casino dei Principi; Casina delle Civette; Serra Moresca: intero non residenti € 11.50; ridotto non residenti € 9.50 intero residenti € 10.50; ridotto residenti € 8.50

Telefono per informazioni: +39 060608

Sito ufficiale: http://www.museivillatorlonia.it


Al Casino dei Principi di Villa Torlonia, dal 21 settembre al 30 ottobre 2022, IL SECONDO SGUARDO. La poesia parallela di MANLIO AMODEO E SAVINA TAVANO mostra di carattere antologico destinata a far conoscere al grande pubblico due figure del tutto singolari nel panorama dell’arte italiana contemporanea.

L’esposizione, curata da Federico Strinati e Claudio Strinati, è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura, organizzazione Dialogues raccontare l’arte.

“Una vicenda che ha ben pochi confronti nell’arte italiana del nostro tempo”: così Claudio Strinati sottolinea l’unicità di quel sodalizio umano e artistico, in linea con i critici che, dal 1959 a oggi, hanno commentato la lunga carriera di Manlio Amodeo e Savina Tavano. L’occasione di approfondire la conoscenza dei due artisti è offerta dalla mostra di carattere antologico che si apre al pubblico mercoledì 21 settembre nelle sale del Casino dei Principi di Villa Torlonia: le opere di Amodeo al piano terra e quelle di Tavano al primo piano, esposte in un’unica mostra, ma collocate in spazi ben divisi per sottolineare la peculiarità di entrambi. Un sodalizio di vita, prima di tutto, e artistico, che la voluta separazione in due spazi espositivi differenti traduce a beneficio del visitatore. Due linguaggi totalmente diversi, eppure complementari, che scorrono su due rette parallele. “Il secondo sguardo” è il concetto base ed il cardine creativo per entrambi gli artisti, e non a caso è stato scelto dai curatori quale titolo della mostra. Rappresenta infatti un secondo punto di vista, un secondo approccio, un approfondimento del reale e del surreale non percepibile ad una prima occhiata. Nel caso di Savina Tavano è ben percepibile nei suoi lavori paesaggistici ove il secondo sguardo più profondo ci rivela un mondo di interiorità e riflessione quasi inquieto, mentre per Manlio Amodeo trascende il reale quale che sia e ci porta in una dimensione onirica costituita da affascinanti fantasie architettoniche, zoomorfe e prospettiche che dapprima suggestionano l’occhio, e ad un secondo sguardo ci portano nel suo mondo di leggerezza ed ironia a cavallo tra la parodia e l’introspezione più profonda. Storia di Manlio, Savina e di un torchio litografico a stella La storia artistica di Manlio Amodeo e Savina Tavano può essere raccontata come un percorso di ricerca di una piena libertà espressiva. Scrive Savina: “Vita dura in questi ultimi centocinquanta anni per gli artisti […] pungolati da un mare di tendenze nuove, fortemente gravati (nonostante le apparenze) da divieti e tabù”. Per niente preoccupati di dover apparire a tutti i costi moderni, i due artisti hanno saputo portare a raccordo la fascinazione per l’arte antica con innumerevoli spunti tratti dalla cultura visiva del secolo in cui sono nati e si sono formati, il ‘900. Il loro unico, inviolabile tabù è stato quello del “mestiere”, la perfetta padronanza delle tecniche espressive da raggiungere a tutti i costi per poter tentare l’ardua impresa di comunicare una propria personale visione. Chi ha giustamente percepito la loro indistricabile connessione alla grande tradizione pittorica del passato, sarà sorpreso di apprendere che, nel ricordo di Manlio, la passione per la pittura nasce sfogliando un libro sull’arte americana del ‘900, con la folgorante scoperta di American gothic di G.Wood, della pittura di Edward Hopper e delle illustrazioni di Norman Rockwell. Una scoperta seguita dalla decisione di darsi alla cartellonistica pubblicitaria e dall’iscrizione presso la scuola fondata da un genio della pubblicità come Armando Testa. L’incontro con Savina avviene all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, frequentata da entrambi nella seconda metà degli anni ’50. Nel 1959 la prima mostra, che Manlio riesce a farsi organizzare presso la Galleria San Sebastianello di Roma coinvolgendo due figure di spicco del mercato d’arte italiano del dopoguerra, Gaspero del Corso e la moglie Irene Brin, proprietari della storica Galleria l’Obelisco. Su una parete i lavori di Manlio, su quella opposta i lavori di Savina: da quel momento sarà sempre così. Nel 1960 si sposano e prendono casa a Milano per lavorare come illustratori per la casa editrice Mondadori. Nel 1963 il trasferimento a Firenze per andare a fare lo stesso lavoro per Sansoni. Nel 1966 si spostano a Roma, la loro città d’elezione, il luogo ideale in cui maturano la decisione di abbandonare le arti applicate (con i ben remunerati contratti per l’editoria, in quegli anni in piena espansione) per dedicarsi in modo esclusivo alla produzione artistica. Deus ex machina di quella svolta di capitale importanza è davvero una macchina: un antico torchio litografico a stella acquistato da Manlio nel 1973 e subito portato nello studio di via della Vetrina, dove diviene il perno di un decennio di sperimentazioni in cui le potenzialità del mezzo sono oggetto di capillare esplorazione. Ne deriva la messa a punto di una laboriosa tecnica di stampa in cui il macchinario non viene usato per ri-produrre serialmente immagini ma per sfruttare la sua capacità di produrre particolari effetti cromatici del tutto pittorici. Con il nome di “pitture litografiche” sono infatti presentate le preziose grafiche tirate dai due coniugi-artisti in pochissimi esemplari se non come pezzi unici. Stampe originali che diventano il veicolo, scrive Claudio Strinati in catalogo, di “un universo di immagini capaci di collegare cultura pop e rinascimentale, scherzo barocco e nitore illuministico. La stagione della pittura litografica si chiude nel 1985 con una mostra a Palazzo Borghese che la racconta e con il ritorno alla pittura. Risale agli anni ’80 anche la scoperta della campagna maremmana, l’altro incontro nodale nella vicenda umana e artistica di Manlio e, soprattutto, di Savina. Oggi i due artisti, ancora nel pieno della loro attività, vivono e lavorano nello studio in Toscana.

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