Immaginazioni dal sottosuolo. Luci e ombre della memoria

Immaginazioni dal sottosuolo. Luci e ombre della memoria
Dal 25 January 2014 al 9 February 2014
Colleferro | Roma
Luogo: Rifugi di via Roma
Indirizzo: via Roma
Orari: da lunedì a venerdì 9-12/ 16-19; sabato e domenica 9-13/ 16-19
Curatori: Giancarlo Cecchetti
Enti promotori:
- Comune di Colleferro
Telefono per informazioni: +39 06 97203204
E-Mail info: enovamusic@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.comune.colleferro.rm.it
L’esistenza dei rifugi è un elemento costitutivo della memoria collettiva del comune di Colleferro. Scavati negli anni ’20 del secolo scorso per ricavare la pozzolana usata per l’edificazione dei quartieri per operai e impiegati della fabbrica B.P.D., tornarono utili come ricovero durante gli allarmi aerei nella II Guerra Mondiale. All’inizio l’uso fu sporadico e limitato fino al cessato pericolo, ma nel ‘44, con l’avanzata delle forze alleate e la conseguente intensificazione dello scontro bellico, divenne quasi una scelta obbligata per i cittadini trasferirsi nei rifugi fino alla liberazione del ’45.
Nell’arco dei dodici mesi i rifugi si trasformarono in una vera città sotterranea (si stima che vi trovarono alloggio circa 1.500 persone) con tanto di anagrafe, cappella religiosa e sala da ballo. Quest’esperienza, segnata da una peculiare convivenza civile, nelle condizioni di necessità ed emergenza imposte dalla guerra, diventa un patrimonio unico da valorizzare e tramandare per non disperdere queste memorie di solidarietà e cooperazione umana. Sappiamo tutti, infatti, che la memoria è una fondamentale facoltà umana per trattenere e attualizzare impressioni e informazioni del passato. La capacità di rammemorare, però, tende ad essere soggetta ad un meccanismo psichico interno che è quello di rimuovere e ignorare eventi spiacevoli e traumatici, tanto nel singolo individuo quanto nella memoria collettiva, (appunto “le luci e ombre" del sottotitolo). In che modo, allora, si può ridare voce a questa eccezionale esperienza e ai protagonisti? La soluzione è stata rivolgerci all’arte per la sua abituale frequentazione dell’immaginazione, scegliendo un percorso tematico che privilegiasse l’aspetto individuale, esistenziale, la sensibilità e l’affettività per realizzare opere in qualche modo capaci di “rivisitare” e “interpretare” quella situazione di privazione, anche se trasfigurata in un presente diverso per cultura e mezzi tecnici. Al di là delle singole tecniche espressive (pittura, fotografia, installazioni, scultura), gli artisti invitati (nella maggioranza dei casi, da anni, attivi con personali e collettive) hanno elaborato lavori caratterizzati da due principali emozioni legate a questi tipi di esperienze: la speranza e la paura. Lavori segnati dalla riflessione individuale di artisti e persone, per recuperare tracce emotive scomparse.
Un impegno sociale dell’arte per la comunità, perché “ogni vicenda storica ha la sua verità, ma per fare in modo che una verità nasca, è necessario che vi sia chi la dice e chi ascolta. Cultura, memoria e impegno civile devono procedere di pari passo, poiché costituiscono il tramite più efficace per ricordare ciò che è accaduto. Ma il passato ha bisogno di linguaggi alternativi per emergere, per non sbiadire nella retorica e proprio nel passato, quello che resta, è la voce dei ricordi che stimola riflessioni artistiche, perché ricordare è già arte, è costituire vita o giustizia. L’arte che racconta il ricordo è un contributo a diffondere una cultura che sappia educare ad affrontare le tragicità della vita e uno strumento privilegiato di comunicazione delle vicende umane del passato. Dall’arte nasce la capacità di figurare e padroneggiare la paura dell’ignoto; di creare memorie e forme tangibili dello scorrere del tempo, trattenendo ricordi e fantasie; di creare simboli e linguaggi di condivisione di esperienze e significati”. (Alessia Bonacquisti, estratto dal catalogo di presentazione della mostra).
Gli artisti che espongono sono:
Antonella Aversa, Claudia Bellocchi e Carlos Mendes (in questa occasione in collaborazione, con il nome KalhyBelloxi), Cati Briganti, Marina Buening, Giancarlo Cecchetti, Venera Finocchiaro, Giorgio Fiume, Fabio Fontana, Ester Hueting, Pina Inferrera, Luisa Mazza, Debora Mondovì, Virginia Monteverde, Isabella Nurigiani, Alessio Paolone, Pasquale Pazzaglia, Valter Vari, Marilena Vita.
Nell’arco dei dodici mesi i rifugi si trasformarono in una vera città sotterranea (si stima che vi trovarono alloggio circa 1.500 persone) con tanto di anagrafe, cappella religiosa e sala da ballo. Quest’esperienza, segnata da una peculiare convivenza civile, nelle condizioni di necessità ed emergenza imposte dalla guerra, diventa un patrimonio unico da valorizzare e tramandare per non disperdere queste memorie di solidarietà e cooperazione umana. Sappiamo tutti, infatti, che la memoria è una fondamentale facoltà umana per trattenere e attualizzare impressioni e informazioni del passato. La capacità di rammemorare, però, tende ad essere soggetta ad un meccanismo psichico interno che è quello di rimuovere e ignorare eventi spiacevoli e traumatici, tanto nel singolo individuo quanto nella memoria collettiva, (appunto “le luci e ombre" del sottotitolo). In che modo, allora, si può ridare voce a questa eccezionale esperienza e ai protagonisti? La soluzione è stata rivolgerci all’arte per la sua abituale frequentazione dell’immaginazione, scegliendo un percorso tematico che privilegiasse l’aspetto individuale, esistenziale, la sensibilità e l’affettività per realizzare opere in qualche modo capaci di “rivisitare” e “interpretare” quella situazione di privazione, anche se trasfigurata in un presente diverso per cultura e mezzi tecnici. Al di là delle singole tecniche espressive (pittura, fotografia, installazioni, scultura), gli artisti invitati (nella maggioranza dei casi, da anni, attivi con personali e collettive) hanno elaborato lavori caratterizzati da due principali emozioni legate a questi tipi di esperienze: la speranza e la paura. Lavori segnati dalla riflessione individuale di artisti e persone, per recuperare tracce emotive scomparse.
Un impegno sociale dell’arte per la comunità, perché “ogni vicenda storica ha la sua verità, ma per fare in modo che una verità nasca, è necessario che vi sia chi la dice e chi ascolta. Cultura, memoria e impegno civile devono procedere di pari passo, poiché costituiscono il tramite più efficace per ricordare ciò che è accaduto. Ma il passato ha bisogno di linguaggi alternativi per emergere, per non sbiadire nella retorica e proprio nel passato, quello che resta, è la voce dei ricordi che stimola riflessioni artistiche, perché ricordare è già arte, è costituire vita o giustizia. L’arte che racconta il ricordo è un contributo a diffondere una cultura che sappia educare ad affrontare le tragicità della vita e uno strumento privilegiato di comunicazione delle vicende umane del passato. Dall’arte nasce la capacità di figurare e padroneggiare la paura dell’ignoto; di creare memorie e forme tangibili dello scorrere del tempo, trattenendo ricordi e fantasie; di creare simboli e linguaggi di condivisione di esperienze e significati”. (Alessia Bonacquisti, estratto dal catalogo di presentazione della mostra).
Gli artisti che espongono sono:
Antonella Aversa, Claudia Bellocchi e Carlos Mendes (in questa occasione in collaborazione, con il nome KalhyBelloxi), Cati Briganti, Marina Buening, Giancarlo Cecchetti, Venera Finocchiaro, Giorgio Fiume, Fabio Fontana, Ester Hueting, Pina Inferrera, Luisa Mazza, Debora Mondovì, Virginia Monteverde, Isabella Nurigiani, Alessio Paolone, Pasquale Pazzaglia, Valter Vari, Marilena Vita.
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