Ouvert la nuit - Festival des Lumières

© Daniele Molajoli | Felix Gonzalez Torres, Untitled (America)

 

Dal 15 Dicembre 2017 al 28 Gennaio 2018

Roma

Luogo: Accademia di Francia a Roma – Villa Medici

Indirizzo: viale Trinità dei Monti 1

Orari: dal venerdì alla domenica dalle 17 alle 22

Curatori: Chiara Parisi

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 06 67611

Sito ufficiale: http://https://www.villamedici.it



Fin dal suo arrivo a Villa Medici, Muriel Mayette-Holtz ha assegnato alla luce una posizione privilegiata. Ha dunque affidato il progetto d’illuminazione del palazzo mediceo allo scultore della luce Yann Kersalé, il quale ha creato un sistema d’illuminazione che, spiega la stessa direttrice, «colora, accende, sublima, rivela i tesori di Villa Medici», abbracciando il luogo senza invaderlo, e nel rispetto del suo carattere e del suo patrimonio.

È in questo contesto che la direttrice dell’Accademia di Francia a Roma propone il nuovo format di installazioni temporanee dal titolo Festival des Lumières (Festival di Luci) che apre con la mostra Ouvert la nuit «prima di un ciclo di esposizioni di luci nei giardini di Villa Medici, che vede la curatela di Chiara Parisi». Un’iniziativa importante nella programmazione dell’Accademia di Francia a Roma che, per la prima volta, apre le porte ai visitatori di un’esposizione notturna nei celebri giardini di Villa Medici. 

La mostra si terrà dal 16 dicembre 2017 al 28 gennaio 2018 (dal venerdì alla domenica) ed è la prima esperienza notturna nei giardini della Villa, attraverso un percorso di installazioni realizzato dagli artisti di fama internazionale:

Rosa Barba, Camille Blatrix, Christian Boltanski, Nina Canell & Robin Watkins, Maurizio Cattelan, Trisha Donnelly, Jimmie Durham, Elmgreen & Dragset, Félix González-Torres, Douglas Gordon, Joan Jonas, Hassan Khan, Lee Mingwei, François Morellet e Otobong Nkanga.

Composto da sedici carré, il giardino di Villa Medici si presenta come un labirinto vegetale strutturato dalle siepi e i 17 artisti se ne sono letteralmente impossessati, creando un’atmosfera magica e scrivendo nuove leggende.

Per la curatrice Chiara Parisi, «l’idea è utilizzare il grande spazio scenico che Villa Medici rappresenta nell’immaginario della città, ma anche giocare con l’immaterialità della luce e con lo splendore dell’oscurità. Il titolo Ouvert la Nuit fa riferimento alla raccolta di racconti di Paul Morand, in cui ogni storia è ambientata in una notte e in un luogo diversi; all’imbrunire il visitatore entra sulla scena e interagisce con le opere d’arte che gli si presentano davanti. Un progetto notturno e misterioso, costruito insieme ad artisti di diverse generazioni e realizzato in grande libertà. Per ognuno degli artisti, i giardini si sono rivelati un rifugio per sviluppare o rielaborare creazioni inedite ed eccezionali».

Con il Festival des Lumières, Villa Medici ha voluto celebrare la luce — e la notte — senza mascherare la bellezza del luogo. Questa prima edizione è una promessa di emozioni, di poesia e di magia che ci conducono attraverso i giardini. Il visitatore è invitato a vivere quest’atmosfera, passeggiando di carré in carré e incontrando opere di cui la luce è l’elemento fondante. In questo contesto notturno, la mostra stimola una riflessione sull’oscurità, sulla sua percezione attraverso la luce ma anche attraverso i suoni e l’aria della notte.
Le opere e il percorso
 
I visitatori sono accolti all’entrata monumentale da una fitta neve. Tra scultura e narrazione, il pubblico è invitato a sperimentare questo spazio idealizzato e rappresentato dai giardini di Villa Medici. Utilizzando macchine teatrali, care al lavoro di entrambi, Christian Boltanski (1944 a Parigi, dove vive) e il light designer Jean Kalman (1945 a Parigi, dove vive) hanno progettato un percorso sensoriale dove la magia dei giardini acquista tutto il suo senso. Muniti di una lampada, i visitatori sono invitati ad affrontare l’oscurità dei luoghi, perdendosi in uno spazio irreale, immersi nella nebbia e nella neve, circondati dalle lucciole, sopresi da voci e da presenze velate… alla scoperta ognuno dei propri fantasmi. 
Il giardino si apre agli spettatori con la Loggia di Cleopatra, dove è installato Untitled(America) di Félix González-Torres (1957, Guáimaro, Cuba – 1996, Miami) con le sue celebri ghirlande di luci che l’artista installava nei musei, nelle gallerie e per le strade. Un’opera di grande vitalità che dà vita a una doppia percezione, come una festa improvvisata ma profondamente nostalgica.

In uno dei primi carré, Rosa Barba (1972, Agrigento, vive a Berlino) si rivolge al cielo di Roma con White Museum, installazione in cui un proiettore cinematografico 70mm si riflette su uno specchio per “filmare” i pini marittimi. Di fronte, il visitatore scopre un’altra opera di Rosa Barba, una scritta in corsivo realizzata con il neon che si dispiega come una poesia fluttuante nello spazio.

Nel carré dove si trova la statua della Maddalena, Joan Jonas (1936, New York, dove vive) evoca la fragilità della natura con una poetica scultura luminosa.

 Nel carré dell’Orto, Elmgreen & Dragset (nati rispettivamente nel 1961 a Copenaghen e nel 1968 a Trondheim, in Norvegia, vivono a Berlino) installano una scultura luminosa tra umorismo, sovversione e voyeurismo.

Nel carré delle Niobidi, Nina Canell e Robin Watkins (lei nata nel 1979 a Växjö, lui nel 1980 a Stoccolma, vivono a Berlino) propongono un’esperienza in cui la luce non si vede ma si ascolta, con il loro progetto realizzato al Polo Nord. The Luminiferous Aether è una registrazione delle più sorprendenti: quella dei suoni di un’aurora boreale.
 
Osservando il tronco di un pino marittimo, scopriamo Jesus is not enough di Douglas Gordon (1966, Glasgow, vive a Berlino), una scultura delle dimensioni di una mano, in cui la memoria collettiva e quella personale dell’artista s’intrecciano.
 
Nell’Agrumeto, Lee Mingwei (1964, Taiwan, vive tra Parigi e New York) installa Small Conversation, un paesaggio sonoro evocato da versi di insetti che ricordano l’isola dove l’artista è cresciuto. Per Mingwei, questi suoni della natura stanno scomparendo non solo a causa dei cambiamenti climatici, ma soprattutto perché non dedichiamo il tempo necessario all’ascolto della notte.
 
Christian Boltanski s’ispira al tradizionale meccanismo delle ombre cinesi per animare il giardino e popolarlo di presenze irreali che invitano i visitatori a penetrare questo spazio misterioso. Incontriamo campanelle giapponesi nel carré della Neviera assieme a una Danseuse, una silhouette effimera e mutevole, presenza umana che ci trasporta più lontano in un altro carré animato dalle celebri installazioni di Boltanski fatte da lampadine.

Più avanti, sulla statua della Dea Roma scopriamo Lamentable di François Morellet (1926, Cholet, scomparso nel 2016) che utilizza la forma del cerchio di neon blu per evocare l’impossibilità di creare un cerchio per il semplice fatto che i segmenti non sono installati nell’ordine giusto. In questi giardini così geometricamente organizzati, l’opera di Morellet ricostruisce il disordine dell’arte minimale, richiamando i principi del suo lavoro: «il matrimonio tra ordine e disordine, che sia uno che produca l’altro, o l’altro che produca o distrugga l’uno», secondo le parole dell’artista.

La struttura dei giardini ha indotto alcuni artisti, come Camille Blatrix o Hassan Khan, a espandere il perimetro dell’esposizione oltre i carré, investendo l’intero spazio.

Per attirare i visitatori nei giardini notturni, Camille Blatrix (1984, Parigi, dove vive) ha scelto di lavorare sulla forma del labirinto, sia metaforica che reale, disseminando un uccello notturno nelle mani dei guardiani, con la creazione di un nido nel carré del Vigneto, ispirandosi al romanzo Cosmos di Witold Gombrowicz, mentre Hassan Khan (1975, Londra, vive a Il Cairo) semina le sue parole-scultura luminose nella notte (Sentences for a New Order).

Nel carré delle Colonne, Otobong Nkanga (1974, Kano, in Nigeria, vive ad Anversa) presenta uno «scavo archeologico» composto di vetri illuminati fissati nel terreno, sui quali i visitatori possono leggere poesie o scoprire i disegni tracciati dall’artista.
Tra sconfinamenti e valorizzazione del contesto, altre installazioni sono proposte da Trisha Donnelly e Jimmie Durham nella prospettiva di trasformare questo luogo idilliaco.

Il progetto di Trisha Donnelly (1974, San Francisco, vive a New York) si basa principalmente sull’arte della percezione, dello stress e del desiderio, offrendo al visitatore la possibilità di aprirsi a nuove esperienze. attraverso un’installazione sonora nel carré del Narciso.

Jimmie Durham (1940, Arkansas, Texas, vive tra Napoli e Berlino) celebra questa festa di luci con un fuoco cerimoniale di legno aromatico, come quelli che accendeva con suo fratello e i suoi cugini durante la sua infanzia. Le ceneri rimarranno sul piccolo pezzo di terra bruciata nel carré del Frutteto per tutta la durata dell’esposizione, diventando un elemento fertilizzante per le successive colture.

Ispirandosi al motto “art for all”, che cerca di superare i limiti dell’opera d’arte e di raggiungere il pubblico attraverso nuovi spazi e nuove modalità di fruizione, Maurizio Cattelan (1960, Padova, vive tra New York e Milano), propone per l’occasione Made in Catteland, un’opera portabile, una sciarpa con l’effigie di Villa Medici, simile alle sciarpe dei tifosi di calcio, che il visitatore acquista all’ingresso dei giardini per proteggersi dal freddo. Un progetto che mette in primo piano il sentimento di comunità, d’identificazione, di amore per un luogo, nella convinzione che i luoghi deputati all’arte possano essere punti d’incontro e l’arte un rito condiviso.

«Ouvert la nuit sarà una passeggiata notturna per incontrare, sotto le luci, la creazione contemporanea» commenta Muriel Mayette-Holtz, «un progetto che ritroveremo ogni anno e che permetterà di scoprire ogni volta un nuovo volto dei giardini di Villa Medici».

Inaugurazione venerdì 15 dicembre ore 17-22

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