Patrizio Di Massimo. Il turco lussurioso
Dal 24 Novembre 2012 al 16 Dicembre 2012
Roma
Luogo: Accademia di Francia a Roma - Villa Medici
Indirizzo: viale Trinità dei Monti 1
Orari: da martedì a domenica 10.45-13/ 14-19
Curatori: Alessandro Rabottini
Costo del biglietto: intero € 9, ridotto € 4.50, under 25 € 3
Telefono per informazioni: +39 348 7460312/ 335 5380932
E-Mail info: martinotti@lagenziarisorse.it
Sito ufficiale: http://www.villamedici.it
La mostra personale di Patrizio Di Massimo dal titolo IL TURCO LUSSURIOSO inaugura un progetto di tre esposizioni individuali concepito e curato da Alessandro Rabottini.
Questo ciclo di mostre completa idealmente il percorso espositivo iniziato con il Teatro delle Esposizioni #3, svoltosi a Villa Medici nel giugno e nell’ottobre di quest’anno.
In occasione della sua mostra personale presso l’Accademia di Francia a Roma - Villa Medici, Patrizio Di Massimo presenta una nuova serie di dipinti, opere a parete e disegni concepiti all’interno di un progetto espositivo unitario.
Come in altre sue opere precedenti anche in questo caso le figure del corpo e della sessualità sono utilizzate come campo all’interno del quale è possibile indagare criticamente certi nodi cruciali della storia italiana ed europea e la loro sopravvivenza nella coscienza collettiva odierna.
Il titolo della mostra IL TURCO LUSSURIOSO (THE LUSTFUL TURK) fa riferimento all’omonimo romanzo apparso in Inghilterra nel 1828 in forma anonima. Il romanzo è considerato dalla critica letteraria uno dei primi esempi di letteratura popolare in cui è evidente la produzione di stereotipi culturali legati al colonialismo e alla percezione occidentale delle civiltà mediorientali. Le immagini presenti in mostra sono in parte ispirate ad alcuni passaggi del libro e, a patire da queste suggestioni, sviluppano una narrazione libera da riferimenti puntuali.
THE LUSTFUL TURK (IL TURCO LUSSURIOSO) è un romanzo di finzione che narra, in prima persona e in forma di scambio epistolare, le vicende di Emily Barlow, una ragazza inglese rapita nel 1814 e condotta presso l’harem di Ali, il reggente di Algeri. Nelle poche pagine di questa novella pornografica assistiamo al racconto della seduzione di Emily da parte del reggente, una seduzione che passa attraverso le fasi della prigionia e dello stupro reiterato fino ad arrivare all’innamoramento della fanciulla. Il fatto che il reggente di Algeri sia definito “turco” e descritto come un sultano è uno dei molteplici fraintendimenti culturali che troviamo al cuore di questo libro che, a suo modo, esemplifica una forma di generica assimilazione del concetto di “altro” come minaccia confusa e affatto specifica.
La mostra esplora i processi attraverso i quali la complessità di una cultura è ridotta a una progressione di semplificazioni e di stereotipi e tratta i temi dell’incontro/scontro tra culture attraverso le metafore della penetrazione, della seduzione e del cannibalismo. Alcuni dipinti presentano, ad esempio, una serie di sostituzioni simboliche che hanno definito la relazione tra cultura europea e cultura africana: il corpo nero maschile è assimilato alla forza della natura e alla potenza sessuale mentre il corpo bianco femminile è a sua volta feticizzato come idealità e rovina classica. La statuaria africana è, invece, fatta di oggetto di una forma di proiezione e di assimilazione feticistica che a partire dal Cubismo è diventata parte integrante della cultura visiva e d’avanguardia europea. Non è un caso, infatti, che molte delle immagini presenti in mostra contengano riferimenti più o meno espliciti a precedenti storici interni alla storia della pittura. Troviamo citazioni della Metafisica di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà così come della pittura di Francis Picabia e di George Grosz. Se, infatti, la Metafisica italiana, il Cubismo e il Surrealismo hanno assorbito la realtà organica del corpo all’interno delle figure della statua, del manichino e dell’arto amputato, artisti come Picabia e Grosz hanno assimilato all’interno del campo della pittura linguaggi come l’illustrazione grafica e commerciale e la pornografia.
Con IL TURCO LUSSURIOSO (THE LUSTFUL TURK) Di Massimo orchestra una narrazione per frammenti all’interno della quale troviamo la paura e il desiderio, la violenza – sia fisica che culturale – come metafora di incomprensione reciproca, la fantasia sessuale come terreno di sopravvivenza dello stereotipo razzista e l’immagine della penetrazione come figura della minaccia all’integrità della cultura occidentale.
Questo ciclo di mostre esplora il concetto di Accademia nei suoi molteplici significati, intrecciando riflessioni di carattere storico, estetico e politico.
Negli anni più recenti, infatti, il dibattito artistico a livello internazionale si è concentrato su una serie di tematiche relative ai processi di educazione e di trasmissione del sapere, alla sopravvivenza delle ideologie del passato nel mondo presente e alla possibilità che l’arte visiva funzioni come uno spazio dove progresso e anacronismo si fondono. Il concetto di Accademia diventa allora un prisma all’interno del quale è possibile manifestare le possibilità e le contraddizioni del nostro tempo nella sua relazione con la tradizione. La figura dell’Accademia può, infatti, essere esplorata come il luogo – fisico, culturale e metaforico – dove la trasmissione di un sapere artistico specifico porta con sé una storia più complessa, fatta di una visione del mondo che, in modo più o meno esplicito, evoca i traumi della storia e i rimossi dell’ideologia.
Questo ciclo di mostre completa idealmente il percorso espositivo iniziato con il Teatro delle Esposizioni #3, svoltosi a Villa Medici nel giugno e nell’ottobre di quest’anno.
In occasione della sua mostra personale presso l’Accademia di Francia a Roma - Villa Medici, Patrizio Di Massimo presenta una nuova serie di dipinti, opere a parete e disegni concepiti all’interno di un progetto espositivo unitario.
Come in altre sue opere precedenti anche in questo caso le figure del corpo e della sessualità sono utilizzate come campo all’interno del quale è possibile indagare criticamente certi nodi cruciali della storia italiana ed europea e la loro sopravvivenza nella coscienza collettiva odierna.
Il titolo della mostra IL TURCO LUSSURIOSO (THE LUSTFUL TURK) fa riferimento all’omonimo romanzo apparso in Inghilterra nel 1828 in forma anonima. Il romanzo è considerato dalla critica letteraria uno dei primi esempi di letteratura popolare in cui è evidente la produzione di stereotipi culturali legati al colonialismo e alla percezione occidentale delle civiltà mediorientali. Le immagini presenti in mostra sono in parte ispirate ad alcuni passaggi del libro e, a patire da queste suggestioni, sviluppano una narrazione libera da riferimenti puntuali.
THE LUSTFUL TURK (IL TURCO LUSSURIOSO) è un romanzo di finzione che narra, in prima persona e in forma di scambio epistolare, le vicende di Emily Barlow, una ragazza inglese rapita nel 1814 e condotta presso l’harem di Ali, il reggente di Algeri. Nelle poche pagine di questa novella pornografica assistiamo al racconto della seduzione di Emily da parte del reggente, una seduzione che passa attraverso le fasi della prigionia e dello stupro reiterato fino ad arrivare all’innamoramento della fanciulla. Il fatto che il reggente di Algeri sia definito “turco” e descritto come un sultano è uno dei molteplici fraintendimenti culturali che troviamo al cuore di questo libro che, a suo modo, esemplifica una forma di generica assimilazione del concetto di “altro” come minaccia confusa e affatto specifica.
La mostra esplora i processi attraverso i quali la complessità di una cultura è ridotta a una progressione di semplificazioni e di stereotipi e tratta i temi dell’incontro/scontro tra culture attraverso le metafore della penetrazione, della seduzione e del cannibalismo. Alcuni dipinti presentano, ad esempio, una serie di sostituzioni simboliche che hanno definito la relazione tra cultura europea e cultura africana: il corpo nero maschile è assimilato alla forza della natura e alla potenza sessuale mentre il corpo bianco femminile è a sua volta feticizzato come idealità e rovina classica. La statuaria africana è, invece, fatta di oggetto di una forma di proiezione e di assimilazione feticistica che a partire dal Cubismo è diventata parte integrante della cultura visiva e d’avanguardia europea. Non è un caso, infatti, che molte delle immagini presenti in mostra contengano riferimenti più o meno espliciti a precedenti storici interni alla storia della pittura. Troviamo citazioni della Metafisica di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà così come della pittura di Francis Picabia e di George Grosz. Se, infatti, la Metafisica italiana, il Cubismo e il Surrealismo hanno assorbito la realtà organica del corpo all’interno delle figure della statua, del manichino e dell’arto amputato, artisti come Picabia e Grosz hanno assimilato all’interno del campo della pittura linguaggi come l’illustrazione grafica e commerciale e la pornografia.
Con IL TURCO LUSSURIOSO (THE LUSTFUL TURK) Di Massimo orchestra una narrazione per frammenti all’interno della quale troviamo la paura e il desiderio, la violenza – sia fisica che culturale – come metafora di incomprensione reciproca, la fantasia sessuale come terreno di sopravvivenza dello stereotipo razzista e l’immagine della penetrazione come figura della minaccia all’integrità della cultura occidentale.
Questo ciclo di mostre esplora il concetto di Accademia nei suoi molteplici significati, intrecciando riflessioni di carattere storico, estetico e politico.
Negli anni più recenti, infatti, il dibattito artistico a livello internazionale si è concentrato su una serie di tematiche relative ai processi di educazione e di trasmissione del sapere, alla sopravvivenza delle ideologie del passato nel mondo presente e alla possibilità che l’arte visiva funzioni come uno spazio dove progresso e anacronismo si fondono. Il concetto di Accademia diventa allora un prisma all’interno del quale è possibile manifestare le possibilità e le contraddizioni del nostro tempo nella sua relazione con la tradizione. La figura dell’Accademia può, infatti, essere esplorata come il luogo – fisico, culturale e metaforico – dove la trasmissione di un sapere artistico specifico porta con sé una storia più complessa, fatta di una visione del mondo che, in modo più o meno esplicito, evoca i traumi della storia e i rimossi dell’ideologia.
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