Quaranta opere di Jean Pierre Duriez
Dal 24 Ottobre 2013 al 16 Novembre 2013
Roma
Luogo: Museo Crocetti
Indirizzo: via Cassia 492
Orari: lunedì, giovedì e venerdì 11-13/ 15-19; sabato e domenica 11-18
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 33711468
E-Mail info: info@fondazionecrocetti.it
Sito ufficiale: http://www.fondazionecrocetti.it/index.php?id=1
Jean Pierre Duriez e i personaggi delle città di confine Jean Pierre Duriez dopo l’incontro con Picasso viene incoraggiato a seguire la sua passione, le Belle Arti di Parigi lo introducono ai linguaggi espressivi desiderati, ma non tarda ad esplorare altri linguaggi, come la scenografia e la fotografia, l’editing, fino a scoprire una possibile altra vocazione.
Ma il ritorno alla pittura rimane la sua scelta di vita ed insegue attraverso i personaggi dipinti la sua voglia di rappresentare e rappresentarsi nel presente. Scopre a poco a poco che i suo personaggi, famosi o generici sono possibili abitanti di città di confine, città descritte dalla magnifica penna di Italo Calvino. Città che sanno ospitare identità contrapposte obbligandole alla metamorfosi necessaria.
Così i suoi Girgio De Chirico ritraggono il pittore che ha saputo rappresentare città metafisiche annunciano in anticipo la metamorfosi della città industriale destinate a tenere aperte le strade del futuro e quelle della nostalgia.
Anche i cuochi di Duriez si ribellano al loro status, mostrando tutta la fatica dello stare in cucina, il loro cucinare è anche trasportare la città dove stanno fuori del confine culturale che spesso la cucina e le tradizioni finiscono per disegnare.
Edgarda Ferri, nel suo libro Il Cuoco ed i suoi Re, ed SKIRA 2013, ci parla di Care^me che abbandonato durante la rivoluzione francese da suo padre sulla strada segue da giovanissimo la sua passione. Impara il linguaggio degli ingredienti, fino a diventare il cuoco prestato a Napoleone.
Ma con la restaurazione, quello non è il posto giusto, e va alla ricerca di nuove città di confine (città protagoniste della metamorfosi europea) si trasferisce a Londra per Giorgio IV e poi a San Pietroburgo alla corte dello Zar che desidera una Russia europea.
Ma la suo ricerca continua nella sua patria e oltre (diventa lo chef preferito dei Rothshild) riorganizza le portate e porta le pietanze fuori dalla confusione medioevale. Inventa il cappello a forma di fungo che nei quadri di Jean Pierre copre o esalta l’umore dei cuochi, personaggi del presente che verrà. I cuochi di jpd sono anche maghi della metamorfosi delle pietanze, e queste interpretano le pieghe (Deleuze) dei territori per evitare la deterritorializzazione delle identità sottostanti.
Duriez non ha paura di essere scambiato per un artista pop, ed a differenza di Andy Worhol non ha un collezionista come Peter Brant che lo incoraggia a tornare alla pittura, è lui stesso che alimenta la sua passione inseguendo luoghi e persone per nuove ispirazioni. Nell’incontro con il Musicista Francesco Grigolo, Milanese Doc, scopre che Verdi è senza nostalgia e lo dipinge evidenziando questo attributo.
Ma allora Verdi è Milano, Parigi, Londra, New York, San Pietroburgo, Napoli, Firenze, Venezia, e quando veniva chiamato dai teatri di queste città sapeva leggere la loro voglia di cambiamento? Si, la musica diventava partitura complessa che accompagna i drammi e le gioie dei personaggi e dei poteri.
Allora il pittore jpd non dipinge stati d’animo, ma la complessità del pensiero latente di artisti giganti, lasciandosi, anche, la libertà di dipingere personaggi dell’altra città?
Tradizione e metamorfosi vivono insieme nell’arte di jpd, perché questa è anche ironica, gioiosa e mostra la creatività del nomade che sa leggere il proprio tempo e sa vivere di città di confine dipingendo personaggi come paesaggi di una nuova ecologia, quella dell’anima.
E Jpd, come il cuoco dei Re sa comporre nuove armonie espressive colorando piatti dal sapore inusitato, anch’egli sa mescolare i colori del saper vivere della società liquida.
Ma il ritorno alla pittura rimane la sua scelta di vita ed insegue attraverso i personaggi dipinti la sua voglia di rappresentare e rappresentarsi nel presente. Scopre a poco a poco che i suo personaggi, famosi o generici sono possibili abitanti di città di confine, città descritte dalla magnifica penna di Italo Calvino. Città che sanno ospitare identità contrapposte obbligandole alla metamorfosi necessaria.
Così i suoi Girgio De Chirico ritraggono il pittore che ha saputo rappresentare città metafisiche annunciano in anticipo la metamorfosi della città industriale destinate a tenere aperte le strade del futuro e quelle della nostalgia.
Anche i cuochi di Duriez si ribellano al loro status, mostrando tutta la fatica dello stare in cucina, il loro cucinare è anche trasportare la città dove stanno fuori del confine culturale che spesso la cucina e le tradizioni finiscono per disegnare.
Edgarda Ferri, nel suo libro Il Cuoco ed i suoi Re, ed SKIRA 2013, ci parla di Care^me che abbandonato durante la rivoluzione francese da suo padre sulla strada segue da giovanissimo la sua passione. Impara il linguaggio degli ingredienti, fino a diventare il cuoco prestato a Napoleone.
Ma con la restaurazione, quello non è il posto giusto, e va alla ricerca di nuove città di confine (città protagoniste della metamorfosi europea) si trasferisce a Londra per Giorgio IV e poi a San Pietroburgo alla corte dello Zar che desidera una Russia europea.
Ma la suo ricerca continua nella sua patria e oltre (diventa lo chef preferito dei Rothshild) riorganizza le portate e porta le pietanze fuori dalla confusione medioevale. Inventa il cappello a forma di fungo che nei quadri di Jean Pierre copre o esalta l’umore dei cuochi, personaggi del presente che verrà. I cuochi di jpd sono anche maghi della metamorfosi delle pietanze, e queste interpretano le pieghe (Deleuze) dei territori per evitare la deterritorializzazione delle identità sottostanti.
Duriez non ha paura di essere scambiato per un artista pop, ed a differenza di Andy Worhol non ha un collezionista come Peter Brant che lo incoraggia a tornare alla pittura, è lui stesso che alimenta la sua passione inseguendo luoghi e persone per nuove ispirazioni. Nell’incontro con il Musicista Francesco Grigolo, Milanese Doc, scopre che Verdi è senza nostalgia e lo dipinge evidenziando questo attributo.
Ma allora Verdi è Milano, Parigi, Londra, New York, San Pietroburgo, Napoli, Firenze, Venezia, e quando veniva chiamato dai teatri di queste città sapeva leggere la loro voglia di cambiamento? Si, la musica diventava partitura complessa che accompagna i drammi e le gioie dei personaggi e dei poteri.
Allora il pittore jpd non dipinge stati d’animo, ma la complessità del pensiero latente di artisti giganti, lasciandosi, anche, la libertà di dipingere personaggi dell’altra città?
Tradizione e metamorfosi vivono insieme nell’arte di jpd, perché questa è anche ironica, gioiosa e mostra la creatività del nomade che sa leggere il proprio tempo e sa vivere di città di confine dipingendo personaggi come paesaggi di una nuova ecologia, quella dell’anima.
E Jpd, come il cuoco dei Re sa comporre nuove armonie espressive colorando piatti dal sapore inusitato, anch’egli sa mescolare i colori del saper vivere della società liquida.
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