Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nelle Sicilia Sud Orientale
Dal 18 Dicembre 2021 al 28 Febbraio 2022
Siracusa
Luogo: Museo Archeologico regionale “Paolo Orsi”
Indirizzo: Viale Teocrito 66
Orari: da martedì a sabato: 9-18.30. Chiuso ogni domenica, lunedì , 25,26 dicembre, 1 e 6 gennaio
Enti promotori:
- Comune di Ravenna/Assessorato alla Cultura
- Istituzione Biblioteca Classense
- MAR Museo d'arte della città d'arte di Ravenna
Costo del biglietto: Ingresso gratuito
Sito ufficiale: http://www.mar.it
Sabato 18 dicembre 2021, alle 17, al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa apre la mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nella Sicilia Sud Orientale” dove sono esposti per la prima volta reperti provenienti dagli scavi dell’abitato del sito più importante in Sicilia nel Bronzo antico. Parliamo di Castelluccio di Noto, sito archeologico localizzato in provincia di Siracusa, tra i comuni di Noto e Palazzolo Acreide e che ha dato il nome all’omonima cultura di Castelluccio. Il sito venne localizzato dall’archeologo Paolo Orsi che lo datò tra il XIX ed il XV secolo a.C. e, pertanto, alla prima età del Bronzo siciliana. Gli studiosi hanno individuato il piano dell’abitato, posto su uno sperone roccioso, una sorta di acropoli fortificata e, la necropoli. La necropoli consta di oltre 200 tombe a grotticella artificiale, scavate nelle pareti ripide della vicina cava della Signora. La più monumentale è la cosiddetta “Tomba del Principe” con un prospetto costituito da quattro finti pilastri. Dal sito vengono numerosissimi materiali ceramici, oggi esposti al museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa, oltre a reperti in bronzo e due famosissimi portelli tombali con incisi simboli spiraliformi.
La mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nelle Sicilia Sud Orientale”, dal 18 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022, suddivisa in sette sezioni, è arricchita da reperti della cultura di capo Graziano concessi in prestito dal parco archeologico delle Isole Eolie. Uno spazio avrà la necropoli di contrada Travana a Buccheri e, infine, si potranno ammirare gli ossi a globuli ritrovati a Malta e in Puglia, grazie alla collaborazione con il parco archeologico di Leontinoi, il national museum of Archaeology di Malta e il museo Archeologico nazionale di Altamura. La mostra offre uno spaccato delle condizioni di vita di più di 3500 anni fa grazie alle rivelazioni fornite dalle moderne analisi condotte negli ultimi anni sui reperti faunistici, gli studi sui carboni e sui residui organici sopravvissuti all’interno dei vasi che hanno permesso di ricostruire l’ambiente, la fauna e la metodologia di costruzione delle capanne. Numerosi i reperti che saranno esposti, anche se il pezzo più interessante è un grande pithos, ricomposto da centinaia di frammenti dopo un accurato lavoro di restauro. Il vaso, proveniente proprio da Castelluccio, in origine, conteneva olio d’oliva, e rappresenta la testimonianza più antica in Sicilia e in Italia della coltivazione dell’ulivo. “Le scoperte archeologiche ci consegnano ogni giorno nuove rivelazioni sulla storia della nostra “, sottolinea l’assessore regionale dei Beni culturali dell’Identità siciliana Alberto Samonà, “soprattutto relativamente alle fasi più antiche. Un impegno, quello del potenziamento della ricerca archeologica, sul quale siamo costantemente proiettati nella consapevolezza che le pagine della nostra storia sono il patrimonio più significativo che possediamo, sia in termini collegamenti con gli studiosi di tutto il mondo che di attrattività verso quanti ogni anno scelgono la Sicilia come meta delle loro vacanze”.
La mostra è un’occasione per presentare al grande pubblico reperti, finora inediti, provenienti sia dallo scavo dell’abitato effettuato da Giuseppe Voza tra il 1989 e il 1993, che da altri siti contemporanei della Sicilia e delle isole Eolie. Dopo gli scavi nella necropoli effettuati da Paolo Orsi alla fine dell’Ottocento, il sito è risultato uno tra i più interessanti in Sicilia, tanto che Luigi Bernabò Brea diede il nome di “fase di Castelluccio” al periodo del Bronzo Antico siciliano, che datiamo tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C. È da Castelluccio che provengono i famosi portelli tombali con motivi decorativi a bassorilievo interpretati come la stilizzazione dell’atto sessuale e, ancora, gli ossi a globuli, enigmatici oggetti dall’incerta funzione preziosamente decorati ad incisione, ritrovati anche in Grecia, a Troia, a Malta e in Puglia (questi ultimi due giungono a Siracusa per la prima volta in prestito temporaneo).
La mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nelle Sicilia Sud Orientale”, dal 18 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022, suddivisa in sette sezioni, è arricchita da reperti della cultura di capo Graziano concessi in prestito dal parco archeologico delle Isole Eolie. Uno spazio avrà la necropoli di contrada Travana a Buccheri e, infine, si potranno ammirare gli ossi a globuli ritrovati a Malta e in Puglia, grazie alla collaborazione con il parco archeologico di Leontinoi, il national museum of Archaeology di Malta e il museo Archeologico nazionale di Altamura. La mostra offre uno spaccato delle condizioni di vita di più di 3500 anni fa grazie alle rivelazioni fornite dalle moderne analisi condotte negli ultimi anni sui reperti faunistici, gli studi sui carboni e sui residui organici sopravvissuti all’interno dei vasi che hanno permesso di ricostruire l’ambiente, la fauna e la metodologia di costruzione delle capanne. Numerosi i reperti che saranno esposti, anche se il pezzo più interessante è un grande pithos, ricomposto da centinaia di frammenti dopo un accurato lavoro di restauro. Il vaso, proveniente proprio da Castelluccio, in origine, conteneva olio d’oliva, e rappresenta la testimonianza più antica in Sicilia e in Italia della coltivazione dell’ulivo. “Le scoperte archeologiche ci consegnano ogni giorno nuove rivelazioni sulla storia della nostra “, sottolinea l’assessore regionale dei Beni culturali dell’Identità siciliana Alberto Samonà, “soprattutto relativamente alle fasi più antiche. Un impegno, quello del potenziamento della ricerca archeologica, sul quale siamo costantemente proiettati nella consapevolezza che le pagine della nostra storia sono il patrimonio più significativo che possediamo, sia in termini collegamenti con gli studiosi di tutto il mondo che di attrattività verso quanti ogni anno scelgono la Sicilia come meta delle loro vacanze”.
La mostra è un’occasione per presentare al grande pubblico reperti, finora inediti, provenienti sia dallo scavo dell’abitato effettuato da Giuseppe Voza tra il 1989 e il 1993, che da altri siti contemporanei della Sicilia e delle isole Eolie. Dopo gli scavi nella necropoli effettuati da Paolo Orsi alla fine dell’Ottocento, il sito è risultato uno tra i più interessanti in Sicilia, tanto che Luigi Bernabò Brea diede il nome di “fase di Castelluccio” al periodo del Bronzo Antico siciliano, che datiamo tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C. È da Castelluccio che provengono i famosi portelli tombali con motivi decorativi a bassorilievo interpretati come la stilizzazione dell’atto sessuale e, ancora, gli ossi a globuli, enigmatici oggetti dall’incerta funzione preziosamente decorati ad incisione, ritrovati anche in Grecia, a Troia, a Malta e in Puglia (questi ultimi due giungono a Siracusa per la prima volta in prestito temporaneo).
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