Antonio Pesce. Canti
Dal 16 Giugno 2015 al 30 Giugno 2015
Torino
Luogo: Biblioteca Civica Villa Amoretti
Indirizzo: corso Orbassano 200
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 011 01129836 / 011 4438604
E-Mail info: attivitaculturali.biblioteche@comune.torino.it
Sito ufficiale: http://www.comune.torino.it
Canti costituisce la seconda tappa di un percorso iniziato nell’ottobre scorso con l’esposizione nel neoclassico Mausoleo della Bela Rosin, in Strada Castello di Mirafiori a Torino, realizzata in collaborazione con la Città di Torino, le Biblioteche civiche torinesi e la Fondazione OrientArt.
Antonio Pesce, artista silenzioso e riservato, oltre ad insegnare disegno, lavora e medita in un casolare immerso nel verde delle colline di Molare, nell’Acquese. In questa personale, egli progetta un’architettura a forma di stella in legno, dipinta di nero, sulla quale dispone 16 installazioni composte da altrettanti quadri, simili a pale d’altare, in cui primeggia il bianco, colore della luce, della purezza, del candore dell’anima, in varie tonalità o chiazzato d’oro che, inserito in cornici d’epoca, ricorda le candide mura di antiche chiese e monasteri, ove la preghiera è un “canto” che vola verso l’alto. Tavolini e sgabelli completano l’opera, supportando alcuni leggii con pagine fittamente vergate che sembrano voler raccontare, a chi sa udire, come si conquista la beatitudine.
Antonio Pesce è uno di quegli artisti che, con la loro immaginazione coltivata con amore, sono capaci di mediare il rapporto con il mondo e le cose invisibili, con la gioia e la sofferenza che accompagnano l’uomo, raggiungendo quell’armonia della quale l’arte è la più alta espressione.
Antonio Pesce nasce nel 1952 a Molare (AL), Basso Monferrato. Frequenta la Scuola d’Arte di Acqui Terme e l’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, sotto la guida di Aldo Carpi. Inizia l’attività pittorica prediligendo l’acquarello, il disegno e il pastello, con una forte componente di temi sacri; molte le mostre da Spoleto a Milano di notevole rilevanza. Dal 1980 frequenta le tecniche calcografiche e approfondisce la ricerca stilistica, dall’acquaforte alla puntasecca, al bulino; nel 1985 inizia ad esporre in rassegne d’incisione. La sua opera rappresenta ciò che il passare del tempo lascia sulle cose; cascinali nella loro ultima agonia, rovi che entrano dalle finestre e dalle porte, camini ormai spenti, stanze vuote di vita materiale ma dense di echi lontani.Nel 1990, da un’affinità di pensiero con lo scrittore Marcello Venturi, nasce un progetto che si concretizza nella preziosa pubblicazione d’arte “Segni del tempo”, tirata in 75 esemplari, composta da tre incisioni all’acquaforte e da tre scritti. Dello stesso periodo è l’amicizia con lo scrittore Mario Rigoni Stern che contribuisce a rafforzare lo spirito e l’anima dell’incisore. Nuovi valori umani, nuove suggestioni vengono proiettati nell’opera incisa “Ciò che vale e ciò che non vale”, in cui riappare una sacralità che pareva affievolita. Paesaggi, uccelli neri, stanze piene di ricordi, i tempi dell’infanzia a costituire l’unico rifugio da un mondo svuotato di valori veri, fatuo, vano; e allora, quasi il voler far ritornare “ciò che non è più”. Poi ancora il dolore di oggi, il dolore di vivere, la vita, la morte e l’anima e, inevitabilmente, il sacro.
Nel 2003 ancora un incontro determinante, la nascita dell’amicizia con Giorgio Trentin, presidente dell’Associazione Incisori Veneti; che ha difeso l’incisione nel suo rigore tecnico e nel suo valore culturale. Profondo amore per l’arte incisoria, impegno sociale e morale mirabile, preciso nelle scelte politico-culturali, volto a utilizzare la funzione dell’incisione come arma d’attacco e di difesa contro un mondo fatto d’insaziabile avidità e di sempre maggior guadagno, quindi di cancellazione e di annullamento di un patrimonio storico e culturale. Nel 2008 prende vita un secondo libro d’arte con la poetessa Roberta Dapunt “l’ultima dimora - a mia madre”; dedicato alla madre morta dell’incisore. Il libro è stato tirato in 14 esemplari ed è composto da due scritture e quattro incisioni all’acquaforte. Alcuni titoli delle opere di Antonio Pesce sono tratti da versi di Roberta Dapunt. A partire dal 2008, parallelamente all'attività incisoria, prende vita una ricerca sul tema del sacro che si concretizza nella realizzazione di installazioni, quadri simili a pale d'altare in cui primeggia il colore bianco, il colore della luce, della purezza, del candore, dell'anima.
Antonio Pesce, artista silenzioso e riservato, oltre ad insegnare disegno, lavora e medita in un casolare immerso nel verde delle colline di Molare, nell’Acquese. In questa personale, egli progetta un’architettura a forma di stella in legno, dipinta di nero, sulla quale dispone 16 installazioni composte da altrettanti quadri, simili a pale d’altare, in cui primeggia il bianco, colore della luce, della purezza, del candore dell’anima, in varie tonalità o chiazzato d’oro che, inserito in cornici d’epoca, ricorda le candide mura di antiche chiese e monasteri, ove la preghiera è un “canto” che vola verso l’alto. Tavolini e sgabelli completano l’opera, supportando alcuni leggii con pagine fittamente vergate che sembrano voler raccontare, a chi sa udire, come si conquista la beatitudine.
Antonio Pesce è uno di quegli artisti che, con la loro immaginazione coltivata con amore, sono capaci di mediare il rapporto con il mondo e le cose invisibili, con la gioia e la sofferenza che accompagnano l’uomo, raggiungendo quell’armonia della quale l’arte è la più alta espressione.
Antonio Pesce nasce nel 1952 a Molare (AL), Basso Monferrato. Frequenta la Scuola d’Arte di Acqui Terme e l’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, sotto la guida di Aldo Carpi. Inizia l’attività pittorica prediligendo l’acquarello, il disegno e il pastello, con una forte componente di temi sacri; molte le mostre da Spoleto a Milano di notevole rilevanza. Dal 1980 frequenta le tecniche calcografiche e approfondisce la ricerca stilistica, dall’acquaforte alla puntasecca, al bulino; nel 1985 inizia ad esporre in rassegne d’incisione. La sua opera rappresenta ciò che il passare del tempo lascia sulle cose; cascinali nella loro ultima agonia, rovi che entrano dalle finestre e dalle porte, camini ormai spenti, stanze vuote di vita materiale ma dense di echi lontani.Nel 1990, da un’affinità di pensiero con lo scrittore Marcello Venturi, nasce un progetto che si concretizza nella preziosa pubblicazione d’arte “Segni del tempo”, tirata in 75 esemplari, composta da tre incisioni all’acquaforte e da tre scritti. Dello stesso periodo è l’amicizia con lo scrittore Mario Rigoni Stern che contribuisce a rafforzare lo spirito e l’anima dell’incisore. Nuovi valori umani, nuove suggestioni vengono proiettati nell’opera incisa “Ciò che vale e ciò che non vale”, in cui riappare una sacralità che pareva affievolita. Paesaggi, uccelli neri, stanze piene di ricordi, i tempi dell’infanzia a costituire l’unico rifugio da un mondo svuotato di valori veri, fatuo, vano; e allora, quasi il voler far ritornare “ciò che non è più”. Poi ancora il dolore di oggi, il dolore di vivere, la vita, la morte e l’anima e, inevitabilmente, il sacro.
Nel 2003 ancora un incontro determinante, la nascita dell’amicizia con Giorgio Trentin, presidente dell’Associazione Incisori Veneti; che ha difeso l’incisione nel suo rigore tecnico e nel suo valore culturale. Profondo amore per l’arte incisoria, impegno sociale e morale mirabile, preciso nelle scelte politico-culturali, volto a utilizzare la funzione dell’incisione come arma d’attacco e di difesa contro un mondo fatto d’insaziabile avidità e di sempre maggior guadagno, quindi di cancellazione e di annullamento di un patrimonio storico e culturale. Nel 2008 prende vita un secondo libro d’arte con la poetessa Roberta Dapunt “l’ultima dimora - a mia madre”; dedicato alla madre morta dell’incisore. Il libro è stato tirato in 14 esemplari ed è composto da due scritture e quattro incisioni all’acquaforte. Alcuni titoli delle opere di Antonio Pesce sono tratti da versi di Roberta Dapunt. A partire dal 2008, parallelamente all'attività incisoria, prende vita una ricerca sul tema del sacro che si concretizza nella realizzazione di installazioni, quadri simili a pale d'altare in cui primeggia il colore bianco, il colore della luce, della purezza, del candore, dell'anima.
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