Ipotesi Artistiche
Dal 05 Ottobre 2012 al 28 Ottobre 2012
Torino
Luogo: Chiesa di San Michele Arcangelo
Indirizzo: piazza Cavour 12
Orari: da martedì a sabato 16-19
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 011 8118785
E-Mail info: darkostore@libero.it
Che cos’è l’arte? Tra le tante definizioni date in secoli di letteratura, una possibile è quella che la presenta come un tentativo di interpretare il mondo umano, che può avere o meno un riscontro nella realtà, e che cerca di coglierne i meccanismi essenziali veri, verosimili, possibili e impossibili. La storia dell’arte è, a questo proposito, un susseguirsi di esempi di modelli interpretativi, messi in crisi e superati da nuovi modelli, condizionati, determinati, limitati anche, dalla cultura e dalla società nella quale nascono. Tale concetto universale può facilmente essere ricondotto anche ad una dimensione più particolare, nella quale ogni artista, nel momento in cui si accinge a creare un’opera, mette in campo la sua visione del mondo, il suo punto di vista su un aspetto piuttosto che su un altro e ne dà la sua interpretazione, che, in fondo, non è che un’ipotesi tra tante. Ma il confronto tra varie ipotesi e tra vari modelli è un antidoto alla omologazione del gusto, in quanto richiede l’elaborazione di strumenti di comunicazione che arricchiscono coloro che ne fruiscono e rendono indispensabile alla società il ruolo dell’arte e, dunque, degli artisti, artefici dell’operazione comunicativa. E dunque è interessante aggirarsi tra le volte della bellissima cripta della chiesa di San Michele Arcangelo e scoprire cosa hanno da dire nove artisti con le loro opere, quali sono le loro ipotesi di fronte alla vita e come possono interagire con noi stessi e con la nostra personalità.
Le opere di Francesco Blaganò, che in questa occasione lavora molto sul particolare, sono caratterizzate dall’impiego sperimentale di materiali non propriamente pittorici, come il riso, che colloca su tela di iuta intonacata, sulla quale pochi ma forti segni e colori intrecciano il linguaggio della scrittura con quello della gestualità di impronta espressionista, riscoprendo la misura di un processo mentale che si trasforma in colore e in dinamica espressività. Mariella Bogliacino, il suo sostanziale commisurarsi con la materia è messo in risalto ancora una volta dalle opere presenti in questa mostra, dove il peso materiale della figura viene annullato dalla gestualità dell’artista che, con il suo segno vigoroso ed energico riesce a rendere palpabile il confronto con l’idea dell’invisibile, di qualcosa che sta oltre. Valeria Carbone presenta opere completamente diverse una dall’altra per tecnica ed impostazione, riuscendo a rompere le convenzioni che vogliono un artista legato per sempre alla sua cifra espressiva. L’operazione compiuta dall’artista è genuina seppure non semplice: nessun soggetto, infatti, è immune da un profondo discorso con se stessa e, a seconda della sua percezione, la tecnica scelta si adatta alla riflessione. Sembra la lucida visione di un mondo che poggia sul vuoto quella descritta da Adolfo Damasio Levi.
Sulla superficie del quadro i soggetti appaiono come entità senza un concreto spessore e, proponendo una marcata sintesi formale - basata su scomposizioni quasi geometriche - danno alle forme un aspetto di apparenze fragili, inquiete e sotto le mentite spoglie del gioco, nascondono una sentita riflessione sull’uomo e la sua caducità. Formalmente Gianfranco Galizio ha intrapreso la strada della non rappresentazione, prendendo il campo visivo come uno spazio di riposo per l’occhio, in cui far parlare la superficie nella sua qualità materica e cromatica. L’aggancio alla realtà continua innegabilmente ad esserci (si riconoscono infatti i paesaggi urbani e non) ma è quasi come se si guardasse un’immagine da uno schermo, che diventa, così, luogo della memoria. I paesaggi di Silvana Gatti armoniosi e tranquillizzanti, emanano un modo di dipingere senza ansietà, senza l’impulsività di chi non vuole farsi sfuggire lo stato di grazia, privilegiando invece un modo di comporre lento e attento all’interpretazione corretta del vero, poiché non è l’apparenza delle cose che lei ama portare in luce, bensì la loro sostanza e la loro essenza nascosta. Le opere dello scomparso Piero Lerda si presentano come finestre aperte sul mondo, sia quando, negli anni 50 dipingeva “schermi”, sia quando, più tardi mette sulla tela gli aquiloni. Sono finestre attraverso le quali passa il nostro sguardo: una aperta sul mondo artificiale, quello della televisione, che ci rimanda una realtà vera ma non vissuta, l’altra su quello naturale e forse un po’ utopistico di ciò che il pittore avrebbe voluto: allegria, vivacità, gioia. I fiori in primo piano sono i soggetti delle opere di Fernando Montà. La semplicità del soggetto riscopre una nuova preziosità in cui si delinea un’idea particolare dello spazio, nello stesso tempo fisico e interiore. La ricerca dei dettagli inconsueti e originalmente ricostruiti, restituiscono una visione del quotidiano che spesso sfugge agli occhi poco attenti di chi pensa che un fiore sia “solo un fiore”. Livio Stroppiana opera sul piano dell’astrazione pura. L’artista non rappresenta: immagina, suggerisce, racconta stati d’animo e sensazioni, intuisce emozioni e le comunica con il colore, con il pennello, con un segno di matrice informale, strutturato e a suo modo classico. Stroppiana dipinge in modo diretto, con i colori che si mescolano in un caos necessario all’azione del fare, che si concludono con una visione razionale che impedisce il superfluo.
Le opere di Francesco Blaganò, che in questa occasione lavora molto sul particolare, sono caratterizzate dall’impiego sperimentale di materiali non propriamente pittorici, come il riso, che colloca su tela di iuta intonacata, sulla quale pochi ma forti segni e colori intrecciano il linguaggio della scrittura con quello della gestualità di impronta espressionista, riscoprendo la misura di un processo mentale che si trasforma in colore e in dinamica espressività. Mariella Bogliacino, il suo sostanziale commisurarsi con la materia è messo in risalto ancora una volta dalle opere presenti in questa mostra, dove il peso materiale della figura viene annullato dalla gestualità dell’artista che, con il suo segno vigoroso ed energico riesce a rendere palpabile il confronto con l’idea dell’invisibile, di qualcosa che sta oltre. Valeria Carbone presenta opere completamente diverse una dall’altra per tecnica ed impostazione, riuscendo a rompere le convenzioni che vogliono un artista legato per sempre alla sua cifra espressiva. L’operazione compiuta dall’artista è genuina seppure non semplice: nessun soggetto, infatti, è immune da un profondo discorso con se stessa e, a seconda della sua percezione, la tecnica scelta si adatta alla riflessione. Sembra la lucida visione di un mondo che poggia sul vuoto quella descritta da Adolfo Damasio Levi.
Sulla superficie del quadro i soggetti appaiono come entità senza un concreto spessore e, proponendo una marcata sintesi formale - basata su scomposizioni quasi geometriche - danno alle forme un aspetto di apparenze fragili, inquiete e sotto le mentite spoglie del gioco, nascondono una sentita riflessione sull’uomo e la sua caducità. Formalmente Gianfranco Galizio ha intrapreso la strada della non rappresentazione, prendendo il campo visivo come uno spazio di riposo per l’occhio, in cui far parlare la superficie nella sua qualità materica e cromatica. L’aggancio alla realtà continua innegabilmente ad esserci (si riconoscono infatti i paesaggi urbani e non) ma è quasi come se si guardasse un’immagine da uno schermo, che diventa, così, luogo della memoria. I paesaggi di Silvana Gatti armoniosi e tranquillizzanti, emanano un modo di dipingere senza ansietà, senza l’impulsività di chi non vuole farsi sfuggire lo stato di grazia, privilegiando invece un modo di comporre lento e attento all’interpretazione corretta del vero, poiché non è l’apparenza delle cose che lei ama portare in luce, bensì la loro sostanza e la loro essenza nascosta. Le opere dello scomparso Piero Lerda si presentano come finestre aperte sul mondo, sia quando, negli anni 50 dipingeva “schermi”, sia quando, più tardi mette sulla tela gli aquiloni. Sono finestre attraverso le quali passa il nostro sguardo: una aperta sul mondo artificiale, quello della televisione, che ci rimanda una realtà vera ma non vissuta, l’altra su quello naturale e forse un po’ utopistico di ciò che il pittore avrebbe voluto: allegria, vivacità, gioia. I fiori in primo piano sono i soggetti delle opere di Fernando Montà. La semplicità del soggetto riscopre una nuova preziosità in cui si delinea un’idea particolare dello spazio, nello stesso tempo fisico e interiore. La ricerca dei dettagli inconsueti e originalmente ricostruiti, restituiscono una visione del quotidiano che spesso sfugge agli occhi poco attenti di chi pensa che un fiore sia “solo un fiore”. Livio Stroppiana opera sul piano dell’astrazione pura. L’artista non rappresenta: immagina, suggerisce, racconta stati d’animo e sensazioni, intuisce emozioni e le comunica con il colore, con il pennello, con un segno di matrice informale, strutturato e a suo modo classico. Stroppiana dipinge in modo diretto, con i colori che si mescolano in un caos necessario all’azione del fare, che si concludono con una visione razionale che impedisce il superfluo.
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