Resò Meet Up 2. It happened tomorrow. Accadde domani
Dal 10 Novembre 2013 al 07 Dicembre 2013
Torino
Luogo: Associazione Barriera
Indirizzo: via Crescentino 25
Orari: da giovedì a sabato 15.30-18.30
Curatori: Resò Meet Up
Enti promotori:
- Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea - CRT
- Associazione Barriera
Telefono per informazioni: +39 011 2876485
E-Mail info: barriera@associazionebarriera.com
Sito ufficiale: http://www.associazionebarriera.com
L’edizione 2013 dell’appuntamento annuale Colazione in Barriera coincide, per il secondo anno consecutivo, con l’evento inaugurale della piattaforma Resò Meet Up.
Promosso nel 2012 per iniziativa della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea - CRT, il progetto Resò Meet Up è coordinato da sette istituzioni attive nel campo dell’arte contemporanea.
L’iniziativa intende dare visibilità e sostegno alle ricerche di artisti che operano in Piemonte, favorendo il dialogo tra le istituzioni e la produzione artistica contemporanea. Partecipano alla seconda edizione: Elisa Barrera (Torino, 1989), Lia Cecchin (Feltre, 1987), Giulia Gallo (Torino, 1988), Namsal Siedlecki (Greenfield, U.S.A., 1986), Elena Tortia (Torino, 1987). Agli artisti si affiancano quest’anno due assistenti curatori: Bruno Barsanti (Bari, 1982) e Fabio Cafagna (Torino, 1983). Resò Meet Up è presente ad Artissima 2013 nello spazio Musei in mostra con un’installazione realizzata dagli artisti coinvolti nel programma e composta da una serie di oggetti che costituiscono altrettanti rimandi ai lavori esposti nello spazio di Barriera.
LA MOSTRA
Che rapporto intratteniamo con il futuro? Quali sono le nostre aspettative, o meglio, le nostre disposizioni nei confronti del domani? Impossibile immaginare una risposta che sia univoca. Accostarsi al tema del futuro provoca reazioni diverse, altalenanti, sfumate. Si intrecciano utopia e scienza, si incontrano ironia e tensione verso l’ideale, si confondono speranza e malinconia, si mescolano interessi personali e comunitari.
Immaginare il futuro significa stare nel presente e rivolgere il proprio sguardo al passato. Pensare il domani vuol dire occupare una posizione ambigua ed emozionante, una posizione di incertezza apparente, di instabile equilibrio tra la tensione e l’indugio. La mostra It Happened Tomorrow/Accadde domani fa proprio il titolo di un film di René Clair del 1944 per mettere in luce questa ciclicità dei tempi, il loro concatenarsi, il loro riemergere inaspettato. La strana antinomia temporale dichiara che il futuro è contenuto in potenza nel passato e il passato si ripeterà nel prossimo avvenire.
Se Clair immaginava un tempo circolare, Italo Calvino nella prima delle Lezioni americane pubblicate postume nel 1988, invitando il lettore a cambiare il proprio punto di vista e ad avere fiducia nei confronti del millennio a venire, scriveva: “Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica”.
Gli artisti in mostra, con uno sguardo che si apre al passato, al presente e al futuro, utilizzano prospettive e metodi inconsueti, conservando l’ironia di Clair e la fiducia auspicata da Calvino.
LE OPERE
Elisa Barrera (Torino, 1989)
Six Attempts to Get Flesh, 2013, pali in legno di abete, tela, tessuti in lana e fibre sintetiche, rete mimetica, pelliccia sintetica, plastica, dimensioni complessive 310 x 530 cm
Con l’installazione di grandi dimensioni Six Attempts to Get Flesh, Elisa Barrera allestisce un apparato visivo attraverso il quale indaga le mutevoli sfumature dell’incarnato umano. Lo studio, che si inserisce nella ricerca di una personale definizione delle caratteristiche della superficie pittorica e degli elementi che la compongono, prevede la collocazione nello spazio di sei pali in legno di abete, sulla sommità di ognuno dei quali è disposto un panneggio di tessuti. I bastoni, che occupano uno spazio non dissimile da quello di una grande tela, sono disposti allineati, come un minaccioso schieramento di lance. Le stoffe, invece, poste all’estremità più alta dei pali, sono diverse per tonalità, trama e spessore. Queste, i cui colori vanno dal giallo al rosa, s’intrecciano con brandelli di rete mimetica e scampoli di pelliccia, donando alle masse quell’equilibrio tonale che l’artista considera il proprio avvicinamento alla rappresentazione dell’incarnato. Il titolo dell’opera si arricchisce della doppia accezione del verbo inglese to get, inteso sia nel senso più specifico di “raggiungere” e “ottenere” – una tonalità cromatica –, sia in riferimento all’azione istintiva e carnale del “prendere”.
Lia Cecchin (Feltre, 1987)
ASAP Research Library, 2013, libri, scaffale in legno, scritta in PVC, dimensioni variabili
L’ASAP Research Library di Lia Cecchin è un dispositivo in progress, aperto all’interazione del pubblico. La biblioteca, dall’identità specifica, è frutto del paziente lavoro di ricerca e selezione del materiale operato dall’artista stessa. Al momento essa si compone di un primo nucleo di libri, accomunati – come pare evidenziarsi nello statement del progetto – da uno sguardo fiducioso e ottimista nei confronti del futuro. La selezione dei volumi non è dettata da particolari vincoli di genere o contenuto, ma prevede, piuttosto, l’individuazione, tra le pagine del testo, di un cosiddetto “futuro in potenza”, di un domani, cioè, che mostri attributi vantaggiosi e favorevoli. In molti di questi libri, la speranza nell’avvenire si traduce in ricerche più o meno scientifiche su probabili scenari futuri, donando alla biblioteca un peculiare carattere di anticipazione e “futuribilità”. Il nucleo fondante dell’ASAP Research Library è presentato in mostra accompagnato da un manifesto che ne definisce le ragioni e i principi. All’installazione si unisce il sito Internet del progetto (www.asap-researchlibrary.org), nel quale si offre al pubblico il catalogo generale dei volumi e si precisano le modalità di fruizione dell’opera e di collaborazione all’iniziativa.
Giulia Gallo
(Torino, 1988)
Vis Plastica (Archeologie del futuro), 2013, granuli di polietilene a bassa densità (LPDE), dimensioni variabili
Vis Plastica, ovvero “forza plastica”, è il termine con il quale nel Medioevo venivano nominati i fossili, elementi che a quel tempo risultavano misteriosi, inspiegabili e per questo catalogati come “scherzi della natura” dovuti all’energia del pianeta. Con l’installazione Vis Plastica (Archeologie del futuro), Giulia Gallo dialoga con lo spazio espositivo utilizzando centotrenta chili di granuli di polietilene a bassa densità (LPDE), materiale a un tempo risultante e punto di partenza del processo di riciclo della plastica. L’artista pone l’accento sulla dimensione temporale ibrida del materiale impiegato, sospeso tra passato e futuro; i granuli si trovano infatti in uno stato intermedio, successivo allo smantellamento di un oggetto e precedente all’avvio di una nuova produzione in cui saranno impiegati come materia prima. Realizzata con il supporto dell’azienda piemontese R.G. Polietilene specializzata nella rigenerazione delle materie plastiche, l’installazione si sviluppa come un secondo rivestimento all’interno di due porzioni del pavimento di Barriera, mettendone in luce le caratteristiche formali e operando in direzione di un instabile mimetismo strutturale che suggerisce nuovi percorsi di attraversamento dello spazio della mostra.
Namsal Siedlecki
(Greenfield, U.S.A., 1986)
Monument, 2013, legno, bronzo, 140 x 70 x 20 cm
Bullet, 2013, lamiera di ferro, meteorite, 100 x 100 cm
Monument di Namsal Siedlecki è una scultura dal profilo perfetto. Nel tempo molti oggetti di uso comune evolvono per assecondare una funzione specifica; altri, invece, conservano la propria forma, che si tramanda inalterata per millenni. È il caso di quei manufatti il cui design soddisfa sin dalla nascita la destinazione d’uso. Il boomerang, che pare sia stato inventato in Polonia circa trentamila anni fa, appartiene a questo gruppo di oggetti ed è tale la ragione per cui l’artista ha deciso di celebrarlo. Fuso in bronzo e sistemato su un piedistallo, lo strumento è glorificato, ma, al tempo stesso, perde la specifica funzione che svolge da tempo immemore. Indagando le forme che si offrono a noi così come si offrivano ai nostri antenati,l’artista compie un viaggio nel passato remoto che è anche un’incursione nel futuro di quegli oggetti “nati perfetti”. Con Bullet, il rapporto tra passato e futuro si mostra, invece, nella collisione tra la materia millenaria e aliena di cui è costituito un meteorite e quella metallica, di più recente produzione, creata dalla mano dell’uomo. Con l’ausilio di uno “spara patate”, cannone costruito con tubi da idraulico in PVC e alimentato con deodorante spray, l’artista ha esploso il meteorite contro una lamiera di ferro, producendo un cratere di collisione. L’urto dei due corpi suggella l’incontro di tempi e spazi lontani e genera un cortocircuito che mostra i ritmi inattesi e le ciclicità della storia.
Elena Tortia (Torino, 1987)
In fondo lo sapeva, 2013, videoinstallazione a due canali, video, HD (6’ 11”)
Nella videoinstallazione In fondo lo sapeva, Elena Tortia mette in scena un reading interpretato da due persone che utilizzano un linguaggio diverso da quello che impiegano correntemente per comunicare. Il brano scelto dall’artista è tratto da Storie della Preistoria di Alberto Moravia (1982), una raccolta di ventuno racconti brevi che narrano le vicende di animali umanizzati che vivono in un’ipotetica preistoria. Il testo è suddiviso in varie parti, alcune delle quali sono lette dall’artista stessa nella Lingua dei Segni Italiana (LIS), altre a voce da una persona non udente, amica e sua insegnante di LIS. Ognuna delle due interpreti si misura per la prima volta con la modalità espressiva dell’altra. Il reading è strutturato in modo che ognuna delle due figure resti in silenzio e ascolti l’altra nel momento della “lettura”. Essendo l’unico veicolo di trasmissione di alcune parti del testo, in questo caso la lingua dei segni non è funzionale alla traduzione per non udenti ma è destinata all’intero pubblico. Le difficoltà di espressione incontrate da entrambe le interpreti si rispecchiano nelle difficoltà di comprensione del pubblico, udente e non, data l’assenza di riferimenti sonori o gestuali riconoscibili. L’intelligibilità del brano di partenza viene dunque sacrificata per far emergere, al di là delle differenze specifiche, l’universalità di ogni linguaggio.
Partner Resò Meet Up 2: Accademia Albertina di Belle Arti di Torino; Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea; CESAC – Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, Caraglio; Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella; Città di Torino GAI – Associazione Circuito Giovani Artisti Italiani; Eco e Narciso, Provincia di Torino; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino
Promosso nel 2012 per iniziativa della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea - CRT, il progetto Resò Meet Up è coordinato da sette istituzioni attive nel campo dell’arte contemporanea.
L’iniziativa intende dare visibilità e sostegno alle ricerche di artisti che operano in Piemonte, favorendo il dialogo tra le istituzioni e la produzione artistica contemporanea. Partecipano alla seconda edizione: Elisa Barrera (Torino, 1989), Lia Cecchin (Feltre, 1987), Giulia Gallo (Torino, 1988), Namsal Siedlecki (Greenfield, U.S.A., 1986), Elena Tortia (Torino, 1987). Agli artisti si affiancano quest’anno due assistenti curatori: Bruno Barsanti (Bari, 1982) e Fabio Cafagna (Torino, 1983). Resò Meet Up è presente ad Artissima 2013 nello spazio Musei in mostra con un’installazione realizzata dagli artisti coinvolti nel programma e composta da una serie di oggetti che costituiscono altrettanti rimandi ai lavori esposti nello spazio di Barriera.
LA MOSTRA
Che rapporto intratteniamo con il futuro? Quali sono le nostre aspettative, o meglio, le nostre disposizioni nei confronti del domani? Impossibile immaginare una risposta che sia univoca. Accostarsi al tema del futuro provoca reazioni diverse, altalenanti, sfumate. Si intrecciano utopia e scienza, si incontrano ironia e tensione verso l’ideale, si confondono speranza e malinconia, si mescolano interessi personali e comunitari.
Immaginare il futuro significa stare nel presente e rivolgere il proprio sguardo al passato. Pensare il domani vuol dire occupare una posizione ambigua ed emozionante, una posizione di incertezza apparente, di instabile equilibrio tra la tensione e l’indugio. La mostra It Happened Tomorrow/Accadde domani fa proprio il titolo di un film di René Clair del 1944 per mettere in luce questa ciclicità dei tempi, il loro concatenarsi, il loro riemergere inaspettato. La strana antinomia temporale dichiara che il futuro è contenuto in potenza nel passato e il passato si ripeterà nel prossimo avvenire.
Se Clair immaginava un tempo circolare, Italo Calvino nella prima delle Lezioni americane pubblicate postume nel 1988, invitando il lettore a cambiare il proprio punto di vista e ad avere fiducia nei confronti del millennio a venire, scriveva: “Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica”.
Gli artisti in mostra, con uno sguardo che si apre al passato, al presente e al futuro, utilizzano prospettive e metodi inconsueti, conservando l’ironia di Clair e la fiducia auspicata da Calvino.
LE OPERE
Elisa Barrera (Torino, 1989)
Six Attempts to Get Flesh, 2013, pali in legno di abete, tela, tessuti in lana e fibre sintetiche, rete mimetica, pelliccia sintetica, plastica, dimensioni complessive 310 x 530 cm
Con l’installazione di grandi dimensioni Six Attempts to Get Flesh, Elisa Barrera allestisce un apparato visivo attraverso il quale indaga le mutevoli sfumature dell’incarnato umano. Lo studio, che si inserisce nella ricerca di una personale definizione delle caratteristiche della superficie pittorica e degli elementi che la compongono, prevede la collocazione nello spazio di sei pali in legno di abete, sulla sommità di ognuno dei quali è disposto un panneggio di tessuti. I bastoni, che occupano uno spazio non dissimile da quello di una grande tela, sono disposti allineati, come un minaccioso schieramento di lance. Le stoffe, invece, poste all’estremità più alta dei pali, sono diverse per tonalità, trama e spessore. Queste, i cui colori vanno dal giallo al rosa, s’intrecciano con brandelli di rete mimetica e scampoli di pelliccia, donando alle masse quell’equilibrio tonale che l’artista considera il proprio avvicinamento alla rappresentazione dell’incarnato. Il titolo dell’opera si arricchisce della doppia accezione del verbo inglese to get, inteso sia nel senso più specifico di “raggiungere” e “ottenere” – una tonalità cromatica –, sia in riferimento all’azione istintiva e carnale del “prendere”.
Lia Cecchin (Feltre, 1987)
ASAP Research Library, 2013, libri, scaffale in legno, scritta in PVC, dimensioni variabili
L’ASAP Research Library di Lia Cecchin è un dispositivo in progress, aperto all’interazione del pubblico. La biblioteca, dall’identità specifica, è frutto del paziente lavoro di ricerca e selezione del materiale operato dall’artista stessa. Al momento essa si compone di un primo nucleo di libri, accomunati – come pare evidenziarsi nello statement del progetto – da uno sguardo fiducioso e ottimista nei confronti del futuro. La selezione dei volumi non è dettata da particolari vincoli di genere o contenuto, ma prevede, piuttosto, l’individuazione, tra le pagine del testo, di un cosiddetto “futuro in potenza”, di un domani, cioè, che mostri attributi vantaggiosi e favorevoli. In molti di questi libri, la speranza nell’avvenire si traduce in ricerche più o meno scientifiche su probabili scenari futuri, donando alla biblioteca un peculiare carattere di anticipazione e “futuribilità”. Il nucleo fondante dell’ASAP Research Library è presentato in mostra accompagnato da un manifesto che ne definisce le ragioni e i principi. All’installazione si unisce il sito Internet del progetto (www.asap-researchlibrary.org), nel quale si offre al pubblico il catalogo generale dei volumi e si precisano le modalità di fruizione dell’opera e di collaborazione all’iniziativa.
Giulia Gallo
(Torino, 1988)
Vis Plastica (Archeologie del futuro), 2013, granuli di polietilene a bassa densità (LPDE), dimensioni variabili
Vis Plastica, ovvero “forza plastica”, è il termine con il quale nel Medioevo venivano nominati i fossili, elementi che a quel tempo risultavano misteriosi, inspiegabili e per questo catalogati come “scherzi della natura” dovuti all’energia del pianeta. Con l’installazione Vis Plastica (Archeologie del futuro), Giulia Gallo dialoga con lo spazio espositivo utilizzando centotrenta chili di granuli di polietilene a bassa densità (LPDE), materiale a un tempo risultante e punto di partenza del processo di riciclo della plastica. L’artista pone l’accento sulla dimensione temporale ibrida del materiale impiegato, sospeso tra passato e futuro; i granuli si trovano infatti in uno stato intermedio, successivo allo smantellamento di un oggetto e precedente all’avvio di una nuova produzione in cui saranno impiegati come materia prima. Realizzata con il supporto dell’azienda piemontese R.G. Polietilene specializzata nella rigenerazione delle materie plastiche, l’installazione si sviluppa come un secondo rivestimento all’interno di due porzioni del pavimento di Barriera, mettendone in luce le caratteristiche formali e operando in direzione di un instabile mimetismo strutturale che suggerisce nuovi percorsi di attraversamento dello spazio della mostra.
Namsal Siedlecki
(Greenfield, U.S.A., 1986)
Monument, 2013, legno, bronzo, 140 x 70 x 20 cm
Bullet, 2013, lamiera di ferro, meteorite, 100 x 100 cm
Monument di Namsal Siedlecki è una scultura dal profilo perfetto. Nel tempo molti oggetti di uso comune evolvono per assecondare una funzione specifica; altri, invece, conservano la propria forma, che si tramanda inalterata per millenni. È il caso di quei manufatti il cui design soddisfa sin dalla nascita la destinazione d’uso. Il boomerang, che pare sia stato inventato in Polonia circa trentamila anni fa, appartiene a questo gruppo di oggetti ed è tale la ragione per cui l’artista ha deciso di celebrarlo. Fuso in bronzo e sistemato su un piedistallo, lo strumento è glorificato, ma, al tempo stesso, perde la specifica funzione che svolge da tempo immemore. Indagando le forme che si offrono a noi così come si offrivano ai nostri antenati,l’artista compie un viaggio nel passato remoto che è anche un’incursione nel futuro di quegli oggetti “nati perfetti”. Con Bullet, il rapporto tra passato e futuro si mostra, invece, nella collisione tra la materia millenaria e aliena di cui è costituito un meteorite e quella metallica, di più recente produzione, creata dalla mano dell’uomo. Con l’ausilio di uno “spara patate”, cannone costruito con tubi da idraulico in PVC e alimentato con deodorante spray, l’artista ha esploso il meteorite contro una lamiera di ferro, producendo un cratere di collisione. L’urto dei due corpi suggella l’incontro di tempi e spazi lontani e genera un cortocircuito che mostra i ritmi inattesi e le ciclicità della storia.
Elena Tortia (Torino, 1987)
In fondo lo sapeva, 2013, videoinstallazione a due canali, video, HD (6’ 11”)
Nella videoinstallazione In fondo lo sapeva, Elena Tortia mette in scena un reading interpretato da due persone che utilizzano un linguaggio diverso da quello che impiegano correntemente per comunicare. Il brano scelto dall’artista è tratto da Storie della Preistoria di Alberto Moravia (1982), una raccolta di ventuno racconti brevi che narrano le vicende di animali umanizzati che vivono in un’ipotetica preistoria. Il testo è suddiviso in varie parti, alcune delle quali sono lette dall’artista stessa nella Lingua dei Segni Italiana (LIS), altre a voce da una persona non udente, amica e sua insegnante di LIS. Ognuna delle due interpreti si misura per la prima volta con la modalità espressiva dell’altra. Il reading è strutturato in modo che ognuna delle due figure resti in silenzio e ascolti l’altra nel momento della “lettura”. Essendo l’unico veicolo di trasmissione di alcune parti del testo, in questo caso la lingua dei segni non è funzionale alla traduzione per non udenti ma è destinata all’intero pubblico. Le difficoltà di espressione incontrate da entrambe le interpreti si rispecchiano nelle difficoltà di comprensione del pubblico, udente e non, data l’assenza di riferimenti sonori o gestuali riconoscibili. L’intelligibilità del brano di partenza viene dunque sacrificata per far emergere, al di là delle differenze specifiche, l’universalità di ogni linguaggio.
Partner Resò Meet Up 2: Accademia Albertina di Belle Arti di Torino; Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea; CESAC – Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, Caraglio; Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella; Città di Torino GAI – Associazione Circuito Giovani Artisti Italiani; Eco e Narciso, Provincia di Torino; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino
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