Ibisco
Dal 23 Giugno 2023 al 20 Luglio 2023
Gibellina | Trapani
Luogo: Fondazione Orestiadi
Indirizzo: Baglio Di Stefano, Contrada Salinella
Orari: MART. - DOM. 9-13 / 15-18
Curatori: Fondazione Orestiadi
Telefono per informazioni: +39 0924 67844
Sito ufficiale: http://www.fondazioneorestiadi.it
Venerdì 23 giugno alle ore 18.00 al Baglio di Stefano apre la mostra Ibisco - in programma fino al 20 luglio - che presenta le opere di due maestri della pittura siciliana, Guido Baragli e Croce Taravella e del giovane Pietro Asaro.
Ibisco nasce dal rapporto di amicizia tra Guido Baragli e Pietro Asaro, e dal desiderio di quest’ultimo di confrontarsi con uno degli artisti da lui più ammirati, Croce Taravella, che aderisce al progetto. Baragli e Taravella vivono e crescono, nella loro Palermo, legati da una profonda amicizia, fino a quando non decideranno di vivere in altre città. Restando entrambi sempre legati a questi luoghi così complessi e difficili che in maniera differente sono da sempre oggetto e soggetto delle loro opere.
Di Asaro, Baragli scriveva: l’ho conosciuto da poco più di un anno, - siamo nel 2021-, e ne ho seguito il lavoro. Mi sembra che dalla magmaticità delle “Arsioni” il suo dipingere (perché di buona pittura stiamo parlando) stia diventando negli scontri cromatici e materici molto più fluido e armonico. Come in un passaggio dallo stato solido al liquido. Un liquido armonico, primordiale e caleidoscopico.
Ed è proprio nel tempo che occorre per definire il progetto, che Baragli viene a mancare, nello scorso mese di febbraio. Con questa mostra la Fondazione Orestiadi vuole quindi dare seguito all’avviata collaborazione tra i tre artisti, e al tempo stesso rendere omaggio al maestro Baragli, scegliendo come titolo dell’esposizione il nome di uno dei soggetti a lui più cari: l’ibisco.
Nella rappresentazione molteplice dell'hibiscus emerge con chiarezza la critica che l’artista rivolge all’immagine ridotta a spunto di una narrazione…Nel caso dei fiori assumono particolare rilievo i colori primari: il rosso dell'Ibisco ha una valenza espressiva in quanto tale. Esso si colloca in un repertorio di temi e di immagini che Baragli non ha difficoltà a definire luoghi comuni, accentuando non il senso della riproposizione di stereotipi, quanto piuttosto l’indicazione di veri e propri topoi. Spiega Bernardo
Quaranta nel testo critico che accompagna la mostra.
Oltre alla serie sui fiori, di Guido Baragli (Palermo, 1962) sono esposti: il gruppo dal titolo Hortus conclusus, che presenta dipinti su carta catramata, caratterizzati dal piccolo formato e dai toni scuri e terrosi; la serie dedicata alle barche caratterizzata da una prospettiva marcatamente fotografica; la serie dei riflessi, dei frutti e dei pesci, dove spicca il colore, tratto distintivo della pittura dell’artista, dalle tonalità nette, decise e materiche.
Menzione a sé merita la serie dedicata ai calciatori della squadra del Palermo, tra i quali Fontana: opera in cui le pieghe della maglia del giocatore evidenziano l’impeto che ne anticipa lo spostamento dall’altra parte del campo, dove la figura umana scarna, essenziale, è colta nel suo raffinato dinamismo.
Pietro Asaro (Mazara del Vallo, 1977)
Di Pietro Asaro, scrive Enzo Fiammetta: i luoghi che animano i suoi lavori sono quelli che lo vedono crescere: Il porto canale, il Trasmazzaro, quartiere della nuova Mazara, oltre il ponte della città vecchia.
La fascinazione dei procedimenti ceramici, l’instabilità cromatica dei pigmenti la trasformazione di questi in cottura, lo guidano nella sperimentazione delle sue Arsioni, (2021/2023) dove i colori, acrilici, ad olio o tempera, sono distesi su lastre di metallo e liberati nelle forme dalla fiamma utilizzata come pennello. Ne risultano dei paesaggi onirici, sui toni del bruno, di notevole forza.
Di Asaro sono in mostra anche i Paesaggi caleidoscopici, (2020/2023) realizzati in piena pandemia; qui tra le pennellate di colore e materia affiorano brani di immagini, residui di forme. Segni di una realtà che viene parzialmente restituita per frammenti, fatta da un eccesso di cromatismi, che rendono complessa la sua lettura.
I suoi lavori, come egli stesso racconta, nascono guidati dai materiali più disparati: mi lascio guidare dalle forme che lasciano muffe, ruggini - afferma l’artista. Un rapporto viscerale quasi fisico con il colore, porta Asaro a plasmare con le mani pigmenti e polveri, che vengono utilizzati nella loro purezza e senso: il bianco luce, il nero ombra,
Croce Taravella (Polizzi Generosa,1964)
Scrive dell’artista Eva di Stefano nel testo critico in mostra: Croce dipinge da quarant’anni senza mai cessare di sperimentare supporti, materie, tecniche. Ha dipinto anche su lamiere e vetri, ha modellato stucco, cemento, stracci, ha creato calchi e monotipi, procedendo per cicli e lavorando sui contrasti: pieno-vuoto; ruvido-liscio; corporeo-incorporeo; fluido-viscoso; pennellate e graffi.
È il suo modo di esplorare il mondo, dove il tatto è importante tanto quanto la vista: c’è sempre nel suo lavoro la sapienza dell’homo faber, una fisicità ineludibile, tangibilità e peso.
Come nella recente serie di dipinti in mostra, intitolata Contrazioni, ovvero spasmi muscolari, del cuore, del cervello e della vista, e di conseguenza materia che si raggrinza o si ispessisce, visione che si raggruma o si frastaglia in cento schegge. Dipinti come un campo di battaglia dove a combattersi, connettersi, mischiarsi e opporsi sono gli elementi concavi e convessi.
Stavolta, su fogli di alluminio incisi e graffiati, Taravella ha saldato ritagli di gomma dipinta, ovvero grumi di visione, memorie e vissuti, a comporre un collage materico che, come un caleidoscopio rotto di folle contemporaneità dove tutto coabita e si scontra, bombarda l’occhio, il cuore e la mente.
Le Contrazioni sono superfici che sputano fuori in ordine sparso tutto ciò che è stato visto, inglobato, masticato dall’artista, frullando nello stesso spazio citazioni museali e frammenti urbani, simboli e loghi catturati dalla coda dell’occhio, singulti di memoria personale e immagini tratte dai notiziari, dai giornali o dagli schermi. Senza riguardo per la cronologia o le gerarchie se non quelle che possono interessare un pittore, pesi, colore, forme, simmetrie e disimmetrie. Se in questi vortici Taravella registra le intermittenze del suo percorso e del suo sguardo, è anche vero che scompone, stratifica e coagula una narrazione a specchio del caos assordante e polimorfo che assedia tutti noi, sballottati qua e là in un mondo di informazioni sempre più incoerenti, un mondo deflagrato in cui nulla è più in grado di conservare la propria forma o di mantenere la rotta. Perciò questi dipinti ci riguardano tutti, poiché registrano la condizione contemporanea di saturazione con perdita del centro e di ogni racconto unitario. Con beneficio di inventario, perché per dirla con Ludwig Wittgenstein: il senso di un quadro sta sempre nel quadro stesso, non va cercato al suo esterno o in un riflesso del mondo spesso involontario. E qui consiglierei di mettersi in ascolto con gli occhi: sono quadri che fanno un rumore assordante.
Ibisco nasce dal rapporto di amicizia tra Guido Baragli e Pietro Asaro, e dal desiderio di quest’ultimo di confrontarsi con uno degli artisti da lui più ammirati, Croce Taravella, che aderisce al progetto. Baragli e Taravella vivono e crescono, nella loro Palermo, legati da una profonda amicizia, fino a quando non decideranno di vivere in altre città. Restando entrambi sempre legati a questi luoghi così complessi e difficili che in maniera differente sono da sempre oggetto e soggetto delle loro opere.
Di Asaro, Baragli scriveva: l’ho conosciuto da poco più di un anno, - siamo nel 2021-, e ne ho seguito il lavoro. Mi sembra che dalla magmaticità delle “Arsioni” il suo dipingere (perché di buona pittura stiamo parlando) stia diventando negli scontri cromatici e materici molto più fluido e armonico. Come in un passaggio dallo stato solido al liquido. Un liquido armonico, primordiale e caleidoscopico.
Ed è proprio nel tempo che occorre per definire il progetto, che Baragli viene a mancare, nello scorso mese di febbraio. Con questa mostra la Fondazione Orestiadi vuole quindi dare seguito all’avviata collaborazione tra i tre artisti, e al tempo stesso rendere omaggio al maestro Baragli, scegliendo come titolo dell’esposizione il nome di uno dei soggetti a lui più cari: l’ibisco.
Nella rappresentazione molteplice dell'hibiscus emerge con chiarezza la critica che l’artista rivolge all’immagine ridotta a spunto di una narrazione…Nel caso dei fiori assumono particolare rilievo i colori primari: il rosso dell'Ibisco ha una valenza espressiva in quanto tale. Esso si colloca in un repertorio di temi e di immagini che Baragli non ha difficoltà a definire luoghi comuni, accentuando non il senso della riproposizione di stereotipi, quanto piuttosto l’indicazione di veri e propri topoi. Spiega Bernardo
Quaranta nel testo critico che accompagna la mostra.
Oltre alla serie sui fiori, di Guido Baragli (Palermo, 1962) sono esposti: il gruppo dal titolo Hortus conclusus, che presenta dipinti su carta catramata, caratterizzati dal piccolo formato e dai toni scuri e terrosi; la serie dedicata alle barche caratterizzata da una prospettiva marcatamente fotografica; la serie dei riflessi, dei frutti e dei pesci, dove spicca il colore, tratto distintivo della pittura dell’artista, dalle tonalità nette, decise e materiche.
Menzione a sé merita la serie dedicata ai calciatori della squadra del Palermo, tra i quali Fontana: opera in cui le pieghe della maglia del giocatore evidenziano l’impeto che ne anticipa lo spostamento dall’altra parte del campo, dove la figura umana scarna, essenziale, è colta nel suo raffinato dinamismo.
Pietro Asaro (Mazara del Vallo, 1977)
Di Pietro Asaro, scrive Enzo Fiammetta: i luoghi che animano i suoi lavori sono quelli che lo vedono crescere: Il porto canale, il Trasmazzaro, quartiere della nuova Mazara, oltre il ponte della città vecchia.
La fascinazione dei procedimenti ceramici, l’instabilità cromatica dei pigmenti la trasformazione di questi in cottura, lo guidano nella sperimentazione delle sue Arsioni, (2021/2023) dove i colori, acrilici, ad olio o tempera, sono distesi su lastre di metallo e liberati nelle forme dalla fiamma utilizzata come pennello. Ne risultano dei paesaggi onirici, sui toni del bruno, di notevole forza.
Di Asaro sono in mostra anche i Paesaggi caleidoscopici, (2020/2023) realizzati in piena pandemia; qui tra le pennellate di colore e materia affiorano brani di immagini, residui di forme. Segni di una realtà che viene parzialmente restituita per frammenti, fatta da un eccesso di cromatismi, che rendono complessa la sua lettura.
I suoi lavori, come egli stesso racconta, nascono guidati dai materiali più disparati: mi lascio guidare dalle forme che lasciano muffe, ruggini - afferma l’artista. Un rapporto viscerale quasi fisico con il colore, porta Asaro a plasmare con le mani pigmenti e polveri, che vengono utilizzati nella loro purezza e senso: il bianco luce, il nero ombra,
Croce Taravella (Polizzi Generosa,1964)
Scrive dell’artista Eva di Stefano nel testo critico in mostra: Croce dipinge da quarant’anni senza mai cessare di sperimentare supporti, materie, tecniche. Ha dipinto anche su lamiere e vetri, ha modellato stucco, cemento, stracci, ha creato calchi e monotipi, procedendo per cicli e lavorando sui contrasti: pieno-vuoto; ruvido-liscio; corporeo-incorporeo; fluido-viscoso; pennellate e graffi.
È il suo modo di esplorare il mondo, dove il tatto è importante tanto quanto la vista: c’è sempre nel suo lavoro la sapienza dell’homo faber, una fisicità ineludibile, tangibilità e peso.
Come nella recente serie di dipinti in mostra, intitolata Contrazioni, ovvero spasmi muscolari, del cuore, del cervello e della vista, e di conseguenza materia che si raggrinza o si ispessisce, visione che si raggruma o si frastaglia in cento schegge. Dipinti come un campo di battaglia dove a combattersi, connettersi, mischiarsi e opporsi sono gli elementi concavi e convessi.
Stavolta, su fogli di alluminio incisi e graffiati, Taravella ha saldato ritagli di gomma dipinta, ovvero grumi di visione, memorie e vissuti, a comporre un collage materico che, come un caleidoscopio rotto di folle contemporaneità dove tutto coabita e si scontra, bombarda l’occhio, il cuore e la mente.
Le Contrazioni sono superfici che sputano fuori in ordine sparso tutto ciò che è stato visto, inglobato, masticato dall’artista, frullando nello stesso spazio citazioni museali e frammenti urbani, simboli e loghi catturati dalla coda dell’occhio, singulti di memoria personale e immagini tratte dai notiziari, dai giornali o dagli schermi. Senza riguardo per la cronologia o le gerarchie se non quelle che possono interessare un pittore, pesi, colore, forme, simmetrie e disimmetrie. Se in questi vortici Taravella registra le intermittenze del suo percorso e del suo sguardo, è anche vero che scompone, stratifica e coagula una narrazione a specchio del caos assordante e polimorfo che assedia tutti noi, sballottati qua e là in un mondo di informazioni sempre più incoerenti, un mondo deflagrato in cui nulla è più in grado di conservare la propria forma o di mantenere la rotta. Perciò questi dipinti ci riguardano tutti, poiché registrano la condizione contemporanea di saturazione con perdita del centro e di ogni racconto unitario. Con beneficio di inventario, perché per dirla con Ludwig Wittgenstein: il senso di un quadro sta sempre nel quadro stesso, non va cercato al suo esterno o in un riflesso del mondo spesso involontario. E qui consiglierei di mettersi in ascolto con gli occhi: sono quadri che fanno un rumore assordante.
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