Fernardo Piccenni. The way of happiness
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FORME CHE FATE BELLA LA MIA EMOZIONE, 2014, CM 87X123
Dal 26 Giugno 2015 al 26 Settembre 2015
Rovereto | Trento
Luogo: PoliArt Contemporary Rovereto
Indirizzo: via della Cartiera, Sega di Trambileno
Orari: su appuntamento
Curatori: Leonardo Conti
Enti promotori:
- PoliArt Contemporary Milano
- PoliArt Contemporary Rovereto
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 335.5926481
E-Mail info: info@galleriapoliart.com
Sito ufficiale: http://www.galleriapoliart.com
In una sintesi assolutamente personale di profondissimi spazi, luce sorgente e inedite forme è il colore, nelle sue più potenti declinazioni, a svelare l’intima connessione picenniana tra l’arte e la vita. Eppure il lavoro incessante del pittore (“Quando entro in studio appendo la vita al chiodo”) risiede proprio nel mettere da parte la realtà quotidiana che viviamo, per inventarne un’altra, tra i quattro lati della tela.
La profondità dei suoi spazi non è cosmica, è l’interiorità risonante del colore. Le sue luci smentiscono l’abbaglio dei giorni, perché hanno i confini frastagliati del buio. Le sue forme non rappresentano, non alludono, scansano il simbolico: la loro presenza e gli eventi che tra esse segretamente accadono, hanno la forza originale di una realtà che per la prima volta accade.
Ci accostiamo così privi di parole, smarrita ogni analogia e svaniti i molti poteri soggioganti delle citazioni.
Tuttavia, in una specie di sapere noetico, intuitivo, percepiamo una liricità trascinante in queste opere. Nell’emanciparsi dalla realtà che quotidianamente ci riguarda, nel rifuggire l’inautentico - come l’avrebbe definito Heidegger - le opere di Picenni sono affini a certe musiche, a certe poesie, sono potenze che ci fanno vibrare. Accrescono miracolosamente le nostre capacità e la nostra fiducia, nell’accedere a quella via che attraversa l’arte, prima di diventare davvero nostra: The way of happines.
In occasione della mostra verrà realizzato un libro d’artista, contenente un’opera unica di Fernando Picenni, con testi di Leonardo Conti, Domenico D’Oora e Sara Bastianini.
Venerdì 26 giugno, il vernissage rientrerà nel programma della giornata di Formazione al Concorso di Progettazione organizzati da AGATN, The Hub e Opificio delle Idee.
Fernando Picenni è nato a Bergamo nel 1929. Dopo alcuni esordi come poeta (attività che non ha mai tralasciato, spesso riservando i suoi versi come titoli della pittura), inizia giovanissimo a dipingere e dal 1959 si dedica esclusivamente all’arte, avendo identificato un suo inconfondibile stile. Si stabilisce a Milano, con studio affacciato su via Montenapoleone. Frequenta il Bar Giamaica, dove incontra Tadini, Manzoni, Castellani, Tancredi e stringe amicizia con Ferroni, con Dadamaino, con il filosofo Giametta e con Lucio Fontana (che gli compra alcuni dipinti). Le sue forme, emergenti da un’oscurità profonda, incontrano subito l’interesse dei critici, primo tra i molti, Franco Russoli. La prima personale viene organizzata nel 1961 al Salone Annunciata di Milano. Nello stesso anno espone con Biggi a Roma. In seguito le mostre si susseguono con regolarità, in prestigiose sedi pubbliche e private. Della sua attività hanno scritto, tra gli altri, Dino Buzzati, Mario de Micheli, Emilio Tadini, Marco Valsecchi, Cesare Vivaldi, Francesco Vincitorio, Elena Pontiggia, Leonardo Conti, Giovanni Granzotto, Domenico D’Oora, Sara Bastianini, Viviana Birolli, Franco Batacchi.
La profondità dei suoi spazi non è cosmica, è l’interiorità risonante del colore. Le sue luci smentiscono l’abbaglio dei giorni, perché hanno i confini frastagliati del buio. Le sue forme non rappresentano, non alludono, scansano il simbolico: la loro presenza e gli eventi che tra esse segretamente accadono, hanno la forza originale di una realtà che per la prima volta accade.
Ci accostiamo così privi di parole, smarrita ogni analogia e svaniti i molti poteri soggioganti delle citazioni.
Tuttavia, in una specie di sapere noetico, intuitivo, percepiamo una liricità trascinante in queste opere. Nell’emanciparsi dalla realtà che quotidianamente ci riguarda, nel rifuggire l’inautentico - come l’avrebbe definito Heidegger - le opere di Picenni sono affini a certe musiche, a certe poesie, sono potenze che ci fanno vibrare. Accrescono miracolosamente le nostre capacità e la nostra fiducia, nell’accedere a quella via che attraversa l’arte, prima di diventare davvero nostra: The way of happines.
In occasione della mostra verrà realizzato un libro d’artista, contenente un’opera unica di Fernando Picenni, con testi di Leonardo Conti, Domenico D’Oora e Sara Bastianini.
Venerdì 26 giugno, il vernissage rientrerà nel programma della giornata di Formazione al Concorso di Progettazione organizzati da AGATN, The Hub e Opificio delle Idee.
Fernando Picenni è nato a Bergamo nel 1929. Dopo alcuni esordi come poeta (attività che non ha mai tralasciato, spesso riservando i suoi versi come titoli della pittura), inizia giovanissimo a dipingere e dal 1959 si dedica esclusivamente all’arte, avendo identificato un suo inconfondibile stile. Si stabilisce a Milano, con studio affacciato su via Montenapoleone. Frequenta il Bar Giamaica, dove incontra Tadini, Manzoni, Castellani, Tancredi e stringe amicizia con Ferroni, con Dadamaino, con il filosofo Giametta e con Lucio Fontana (che gli compra alcuni dipinti). Le sue forme, emergenti da un’oscurità profonda, incontrano subito l’interesse dei critici, primo tra i molti, Franco Russoli. La prima personale viene organizzata nel 1961 al Salone Annunciata di Milano. Nello stesso anno espone con Biggi a Roma. In seguito le mostre si susseguono con regolarità, in prestigiose sedi pubbliche e private. Della sua attività hanno scritto, tra gli altri, Dino Buzzati, Mario de Micheli, Emilio Tadini, Marco Valsecchi, Cesare Vivaldi, Francesco Vincitorio, Elena Pontiggia, Leonardo Conti, Giovanni Granzotto, Domenico D’Oora, Sara Bastianini, Viviana Birolli, Franco Batacchi.
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