16.Biennale di Venezia-Architettura. Il Padiglione Nazionale Guatemala
Dal 25 Maggio 2018 al 26 Novembre 2018
Venezia
Luogo: Palazzo Albrizzi Capello
Indirizzo: Cannaregio 4118
Orari: tutti i giorni dalle 10-18 eccetto il lunedì
Curatori: Daniele Radini Tedeschi, Stefania Pieralice
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 041 241 0491
E-Mail info: biennaleguatemala@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.biennaleguatemala.com/
Si apre il 23 maggio, alla 16.Biennale di Venezia-Architettura, il Padiglione Nazionale Guatemala inaugurato dal noto critico d’arte Daniele Radini Tedeschi, curatore dello stesso. L’architettura rappresenta qui l’ultimo baluardo di una ideologia “sociale”.
Giorni intensi per l’attesissima edizione della 16.Biennale di Venezia- Architettura, tra le più antiche, importanti e prestigiose rassegne internazionali d’arte e di architettura nel mondo. In questa edizione, la sedicesima, per la prima volta ben sei Stati faranno il loro ingresso alla manifestazione tra cui la Nazione del Guatemala diretta dal Ministro della Cultura del Paese, José Luis Chea Urruela e curata dal romano Daniele Radini Tedeschi e Stefania Pieralice.
Il Padiglione Nazionale è sito in Cannaregio 4118 a Venezia, all’interno dello storico palazzo nobiliare Albrizzi-Capello. Il noto curatore Daniele Radini Tedeschi, già direttore di diverse edizioni della Biennale di Venezia Arte sempre per lo Stato latino americano, afferma come “l’indirizzo curatoriale che diversifica il Padiglione Guatemala rispetto alle altre manifestazioni della Biennale 2018 è l’affermazione di una edilizia atta a celebrare primariamente l‘ ideologia e non soltanto l’uomo. Dunque un’architettura di stampo sociale frutto di un amalgama tra razze diverse indifferente a un interesse economico globale”.
Se quindi “Freespace”, mostra centrale di Yvonne Farrell e Shelley McNamara, nasce con il preciso obiettivo di attuare un’architettura dal volto umano, gli edifici in mostra nel Padiglione Guatemala sono stati concepiti dai progettisti come monumenti dedicati ad una grande utopia: tutti i progetti, i modellini, e i plastici sono rivolti all’edificazione di una immagine di popolo, di fratellanza, di vita sociale e modellati attraverso uno stile austero, talvolta futuristico, comunque monumentale (già dalle piccole dimensioni dei modellini si concepisce la grandiosità necessaria a questo tipo di architettura che si accosta agli Spomenik dell’ex Jugoslavia).
Il Guatemala si presenta dunque come seconda via, ovvero quella dei “paesi non allineati” rispetto ad una deriva globalizzata, rispetto alle mode, agli stili di successo, al capitalismo.
I progettisti guatemaltechi presentano in Biennale il volto rigoroso dell’ideologia ed il suo progresso sociale, laddove le strutture non sono improntate sul funzionalismo, talvolta risultano anche inedificabili- si pensi alla Torre spirale di Studio Domus che fluttua in un campo magnetico- bensì simboleggiano le masse del popolo finalmente unite dopo la Babele del postmoderno e la decadenza dell’Occidente.
In un clima da Guerra Fredda che domina l’intero padiglione, un modo alternativo per pensare ad una architettura del futuro è fornito dall’opera del collettivo Ur Project (Caldara&Kluzer), intitolata «Architettura Virtuale. Real word» che riproduce su pannelli dibond un grande planisfero attraversato da fibre ottiche luminose raffiguranti le connessioni internet o intranet (compresi instagram, facebook, e social network) tra i diversi paesi del mondo. Ovviamente sono presenti le connessioni tra Città del Guatemala e Gerusalemme; Washington e Corea del Nord, Cuba e Stati Uniti, solo per citarne alcune. Un’architettura fondata sulla struttura della rete e attivata dalla conseguente risposta dell’umanità, al passo con i tempi e aperta sì al confronto socio economico globalizzato ma non per questo imprigionata nelle sue trame (da notarsi il colore sempre più nero e opaco del planisfero, quasi a simboleggiare un suo disfacimento).Tra gli altri espositori del Padiglione Nazionale Guatemala ricordiamo: Regina Dávila, Adriana P.Meyer, Marco Manzo, Studio Doumus, Elsie Wunderlich e il collettivo di architetti Ur Project.
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elsie wunderlich ·
regina d vila ·
adriana p meyer ·
marco manzo ·
studio doumus ·
ur project ·
palazzo albrizzi capello
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