Da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti. Cà d’Oro
Dal 30 Maggio 2013 al 24 Novembre 2013
Venezia
Luogo: Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro
Indirizzo: Cannaregio 3932
Orari: lunedì 8.15-14; da martedì a sabato 8.15-19.15; domenica 10-18
Curatori: Claudia Cremonini, Flavio Fergonzi
Enti promotori:
- Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano
- MondoMostre
Costo del biglietto: intero € 6, ridotto € 3
Telefono per informazioni: +39 041 5200345
Sito ufficiale: http://www.cadoro.org
Le opere, meglio i capolavori, di due straordinari collezionisti, nonno e nipote, vengono, per la prima volta, riuniti alla Ca’ d’Oro, la dimora che il primo, il barone Giorgio Franchetti, scelse per contenere i suoi tesori poi messi a disposizione di tutti.
Accanto alle raccolte antiche del nonno, per la durata della mostra, viene esposta la non meno rara collezione di Giorgio jr che documenta, in modo esemplare, il nuovo dell’arte italiana del secondo dopoguerra.
Dal 30 maggio al 24 novembre, questo accade nella mostra – evento “Da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti. Cà d’Oro” proposta dalla Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano, Soprintendente Giovanna Damiani, in collaborazione con MondoMostre, a cura di Claudia Cremonini e Flavio Fergonzi.
Non è ancora stato dimostrato che tra i geni trasmessi ci sia anche quello per il collezionismo d’arte. Ma questa tesi trova sicuramente una conferma nel caso di due collezionisti, nonno e nipote, uniti dalla stessa passione oltre che dal nome: Giorgio Franchetti.
Diversissime le loro collezioni di opere d’arte, diversissimo del resto era anche il momento storico e le condizioni in cui vissero e operarono.
Il barone Franchetti amava l’arte antica, i maestri minori, le opere rare e non ancora famose. Il nipote, Giorgio jr, l’arte del suo tempo e del suo ambiente, ovvero la Roma degli anni ’50 e ’60 del ‘900, momento di innovazione e nuovi fermenti, da lui colti e persino stimolati. In entrambi emerge sempre il rapporto intimo e intuitivo con l’opera d’arte, profondamente personale, anticonformista e refrattario alle mode imposte dal mercato, che è ciò che lega geneticamente i due protagonisti della mostra.
Della competente passione del primo per l’arte antica, soprattutto rinascimentale, - è frutto una collezione originalissima di maestri toscani e centro italiani da Giambono a Mantegna, da Tiziano, Tintoretto, Paris Bordon sino a Guardi, ma anche van Eyck e van Dicck, Paul Brill o Joachim Patinier.
Il nipote Giorgio Franchetti, deceduto da pochi anni (2006), collezionò Tano Festa, Cy Twombly, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Alighiero Boetti, Gino De Dominicis, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Ceroili, Fabro, Luigi Ontani… e se fece qualche concessione allo “storico” fu per Balla. Queste opere vengono riunite dopo la dispersione che è seguita alla scomparsa del collezionista, nel “portego” del secondo piano di Cà d’oro.
Ad essere coinvolti nella grande esposizione dedicata ai due Franchetti sono tutti gli spazi della Ca’ d’Oro, lungo un percorso che prende avvio dalla suggestiva corte interna del palazzo ove riposano le ceneri di Giorgio sr. e prosegue al primo piano con una sezione tutta dedicata al fondatore del Museo, alla sua famiglia (bellissimi i ritratti di Franz von Lenbach, per la prima volta esposti) e alla munifica donazione della Ca’ d’Oro e della sua collezione allo Stato, nel 1916. Cuore sacralizzato e affettivo della Collezione del Barone è la cosiddetta Cappella del Mantegna da lui ideata per accogliere il dolente San Sebastiano. Il capolavoro di Andrea Mantegna assurge a simbolo dell’impegno tenace e ostinato del nobiluomo di fare della Ca' d'Oro un luogo eletto di bellezza e arte, alla sua stessa vicenda-umana, segnata da un "sogno di universalità del bello" spinto spesso fino alla ricerca sofferta e sfibrante della perfezione: «In basso, ai piedi del santo, il Mantegna ha dipinto un torcetto acceso che, sotto quello spasimo imprigionato in tanto poco spazio, fumiga come sotto un vento d'uragano. Franchetti ce lo indicò, con un mesto sorriso: - Vedi questo piccolo cero. Sono io. E m'illudo di fare un poco di luce», dice Giorgio Franchetti accompagnando in visita l’amico Ugo Ojetti.
In una vita di ricerche, Franchetti sr. aveva collezionato e riunito nella rinata Ca’ d’Oro una considerevole sequenza di opere d’arte. Tra le opere di maggior prestigio della pinacoteca - che vanta anche una interessante sezione di pittura fiamminga e olandese del Cinque-Seicento con paesaggi, scene di genere e nature morte, il Ritratto di Marcello Durazzo di Van Dyck, la Venere allo specchio di Tiziano, le due Vedute veneziane di Francesco Guardi. Non meno importanti le sculture rinascimentali andatesi ad aggregare successivamente (tra cui spicca il Doppio ritratto di Tullio Lombardo) e le collezioni di medaglie, bronzetti, tappeti, arazzi, affreschi staccati e arredi lignei di diversa epoca e provenienza e una vasta sezione di ceramiche acclusa al Museo nel 1992.
La sezione, curata da Flavio Fergonzi, dedicata al nipote (II piano), ne evidenzia la passione, e la competenza, come collezionista di pittura moderna negli anni Sessanta e Settanta in area romana . Senza il sostegno, l’azione e la presenza stessa nel mondo degli ateliers e delle gallerie di questo insolito e geniale collezionista non sarebbe esistita, di fatto, la Scuola romana di Piazza del Popolo.
Cuore di questa parte della mostra sono le opere di grande formato di Twombly Rotella, Boetti e Paolini, oltre a capolavori come La creazione dell’uomo, La grande Odalisca di Tano Festa, Futurismo rivisitato a colori di Mario Schifano. Poi opere di scultura, tra le più significative del periodo, di Pascali, Ceroli, Fabro. Un percorso preceduto dall’esposizione di autori, da Balla a Manzoni, che il Franchetti considerava come prodromi del nuovo maturato negli anni Sessanta.
Il sottotitolo della mostra prende spunto – sottolinea Claudia Cremonini - da un articolo di Repubblica del 1984 sulla riapertura di Ca’ d’Oro, dopo i pluriennali lavori di riallestimento:
“.... L' operazione è piaciuta al nipote di Giorgio Franchetti, che porta il suo stesso nome (è figlio di Carlo, figlio del barone), ha 64 anni, vive a Roma, è ingegnere ed uno dei maggiori collezionisti di arte contemporanea. "E' un sogno che rivive - dice - il sogno della mia famiglia, e anche un esempio che l'Italia può vantare nel mondo della potenzialità dei privati. Il risultato è affascinante: .... Ci sono dentro tutti i valori che erano cari a mio nonno, e ci sono anche gli oggetti del suo grande sogno dell' estetica e della bellezza". Ora, grazie a questa mostra, quel sogno si completa, nel segno della passione per l’arte che accumunò nonno e nipote.
Accanto alle raccolte antiche del nonno, per la durata della mostra, viene esposta la non meno rara collezione di Giorgio jr che documenta, in modo esemplare, il nuovo dell’arte italiana del secondo dopoguerra.
Dal 30 maggio al 24 novembre, questo accade nella mostra – evento “Da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti. Cà d’Oro” proposta dalla Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano, Soprintendente Giovanna Damiani, in collaborazione con MondoMostre, a cura di Claudia Cremonini e Flavio Fergonzi.
Non è ancora stato dimostrato che tra i geni trasmessi ci sia anche quello per il collezionismo d’arte. Ma questa tesi trova sicuramente una conferma nel caso di due collezionisti, nonno e nipote, uniti dalla stessa passione oltre che dal nome: Giorgio Franchetti.
Diversissime le loro collezioni di opere d’arte, diversissimo del resto era anche il momento storico e le condizioni in cui vissero e operarono.
Il barone Franchetti amava l’arte antica, i maestri minori, le opere rare e non ancora famose. Il nipote, Giorgio jr, l’arte del suo tempo e del suo ambiente, ovvero la Roma degli anni ’50 e ’60 del ‘900, momento di innovazione e nuovi fermenti, da lui colti e persino stimolati. In entrambi emerge sempre il rapporto intimo e intuitivo con l’opera d’arte, profondamente personale, anticonformista e refrattario alle mode imposte dal mercato, che è ciò che lega geneticamente i due protagonisti della mostra.
Della competente passione del primo per l’arte antica, soprattutto rinascimentale, - è frutto una collezione originalissima di maestri toscani e centro italiani da Giambono a Mantegna, da Tiziano, Tintoretto, Paris Bordon sino a Guardi, ma anche van Eyck e van Dicck, Paul Brill o Joachim Patinier.
Il nipote Giorgio Franchetti, deceduto da pochi anni (2006), collezionò Tano Festa, Cy Twombly, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Alighiero Boetti, Gino De Dominicis, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Ceroili, Fabro, Luigi Ontani… e se fece qualche concessione allo “storico” fu per Balla. Queste opere vengono riunite dopo la dispersione che è seguita alla scomparsa del collezionista, nel “portego” del secondo piano di Cà d’oro.
Ad essere coinvolti nella grande esposizione dedicata ai due Franchetti sono tutti gli spazi della Ca’ d’Oro, lungo un percorso che prende avvio dalla suggestiva corte interna del palazzo ove riposano le ceneri di Giorgio sr. e prosegue al primo piano con una sezione tutta dedicata al fondatore del Museo, alla sua famiglia (bellissimi i ritratti di Franz von Lenbach, per la prima volta esposti) e alla munifica donazione della Ca’ d’Oro e della sua collezione allo Stato, nel 1916. Cuore sacralizzato e affettivo della Collezione del Barone è la cosiddetta Cappella del Mantegna da lui ideata per accogliere il dolente San Sebastiano. Il capolavoro di Andrea Mantegna assurge a simbolo dell’impegno tenace e ostinato del nobiluomo di fare della Ca' d'Oro un luogo eletto di bellezza e arte, alla sua stessa vicenda-umana, segnata da un "sogno di universalità del bello" spinto spesso fino alla ricerca sofferta e sfibrante della perfezione: «In basso, ai piedi del santo, il Mantegna ha dipinto un torcetto acceso che, sotto quello spasimo imprigionato in tanto poco spazio, fumiga come sotto un vento d'uragano. Franchetti ce lo indicò, con un mesto sorriso: - Vedi questo piccolo cero. Sono io. E m'illudo di fare un poco di luce», dice Giorgio Franchetti accompagnando in visita l’amico Ugo Ojetti.
In una vita di ricerche, Franchetti sr. aveva collezionato e riunito nella rinata Ca’ d’Oro una considerevole sequenza di opere d’arte. Tra le opere di maggior prestigio della pinacoteca - che vanta anche una interessante sezione di pittura fiamminga e olandese del Cinque-Seicento con paesaggi, scene di genere e nature morte, il Ritratto di Marcello Durazzo di Van Dyck, la Venere allo specchio di Tiziano, le due Vedute veneziane di Francesco Guardi. Non meno importanti le sculture rinascimentali andatesi ad aggregare successivamente (tra cui spicca il Doppio ritratto di Tullio Lombardo) e le collezioni di medaglie, bronzetti, tappeti, arazzi, affreschi staccati e arredi lignei di diversa epoca e provenienza e una vasta sezione di ceramiche acclusa al Museo nel 1992.
La sezione, curata da Flavio Fergonzi, dedicata al nipote (II piano), ne evidenzia la passione, e la competenza, come collezionista di pittura moderna negli anni Sessanta e Settanta in area romana . Senza il sostegno, l’azione e la presenza stessa nel mondo degli ateliers e delle gallerie di questo insolito e geniale collezionista non sarebbe esistita, di fatto, la Scuola romana di Piazza del Popolo.
Cuore di questa parte della mostra sono le opere di grande formato di Twombly Rotella, Boetti e Paolini, oltre a capolavori come La creazione dell’uomo, La grande Odalisca di Tano Festa, Futurismo rivisitato a colori di Mario Schifano. Poi opere di scultura, tra le più significative del periodo, di Pascali, Ceroli, Fabro. Un percorso preceduto dall’esposizione di autori, da Balla a Manzoni, che il Franchetti considerava come prodromi del nuovo maturato negli anni Sessanta.
Il sottotitolo della mostra prende spunto – sottolinea Claudia Cremonini - da un articolo di Repubblica del 1984 sulla riapertura di Ca’ d’Oro, dopo i pluriennali lavori di riallestimento:
“.... L' operazione è piaciuta al nipote di Giorgio Franchetti, che porta il suo stesso nome (è figlio di Carlo, figlio del barone), ha 64 anni, vive a Roma, è ingegnere ed uno dei maggiori collezionisti di arte contemporanea. "E' un sogno che rivive - dice - il sogno della mia famiglia, e anche un esempio che l'Italia può vantare nel mondo della potenzialità dei privati. Il risultato è affascinante: .... Ci sono dentro tutti i valori che erano cari a mio nonno, e ci sono anche gli oggetti del suo grande sogno dell' estetica e della bellezza". Ora, grazie a questa mostra, quel sogno si completa, nel segno della passione per l’arte che accumunò nonno e nipote.
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