Françoise Calcagno
![Françoise Calcagno, Venice memory, 2014 Françoise Calcagno, Venice memory, 2014](http://www.arte.it/foto/600x450/78/21299-2014_Venice_memory_12_part_.jpg)
Françoise Calcagno, Venice memory, 2014
Dal 01 Aprile 2014 al 23 Maggio 2014
Venezia
Luogo: Molino Stucky Hilton
Indirizzo: Giudecca 810
Orari: 9-23
Curatori: Giudecca 795 Art Gallery
Telefono per informazioni: +39 340 8798327
E-Mail info: calcagnoartstudio@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.giudecca795.com/
Ospite della rassegna di mostre “ART@Hilton” curata da Giudecca 795 Art Gallery, la pittrice Françoise Calcagno presenta opere materiche ed evocative, in cui il protagonista è il colore, ma non solo. Infatti oltre ad esporre opere con grandi campiture di colore, presenta dei lavori in cui gioca con immagini di Venezia, luoghi per lei significativi e a lei cari, in cui vive, come ad esempio il Ghetto Ebraico. La fotografia si unisce qui alla pittura astratta, ridando vita a ricordi ed atmosfere senza una vera collocazione temporale: quella di Françoise Calcagno è una pittura vibrante dalla quale emergono segni, merletti, immagini scoperte in un cassetto dimenticato della memoria.
Riguardo al suo lavoro Françoise afferma : “ ...Queste opere fanno parte di un ciclo di quadri caratterizzati da grandi campiture di colore spesso limitate da una fascia nera che a volte colloco sul margine superiore, altre volte ai lati della tela. Il nero crea un limite che dà più forza al colore permettendogli di espandersi nei lati rimasti aperti. La tela, la materia, il colore sono “luogo”, spazio fisico, territorio con dei confini e degli spazi, ma il colore abbraccia, include, compenetra e penetra chi guarda, supera i limiti. La tela dipinta è parte della vita, niente di ciò che si vede è simbolo, tutto è segno, traccia, mappa in cui si può entrare. Nel mio lavoro cerco di lasciare una traccia del tempo, metto in evidenza la mutevolezza, l’instabilità, il valore anche della perdita, creando strati di colore e materia che in parte celano, in parte svelano ciò che è sotto, traiettorie invisibili, relazioni: da un lato questi segni sono la mia impronta, il
mio appropriarmi dello spazio del supporto, dall’altro i segni rappresentano l’invisibile, i rapporti tra le cose, i legami e le distanze, la struttura che sostiene”.
Di lei Francesca Brandes scrive: “ Il lavoro di Françoise Calcagno, la sua particolarissima mappa della memoria, mi appare ricorsivo e strutturato, come l'esplicitazione di un DNA: un po’ come immaginare la fotografia di un uomo che
tiene in mano una propria fotografia, nella quale tiene in mano una propria fotografia, e così via. L’idea è quella di un gioco di scatole cinesi, oppure – appunto – del codice genetico impresso in ogni cellula del corpo. Qualche volta il rapporto tra i singoli elementi ed il disegno complessivo è assai più intricato e crea diversi strati, diversi livelli di conoscenza: questa meno palpabile, ma affascinante ricorsività materica, è forse il vero volto dell’intelligenza creativa di Françoise, il suo modo di operare. La sua bruciante percezione prevede una stratificazione di indizi, montati gli uni
sugli altri, ordinati, ma nello stesso tempo autonomi, originali, reciprocamente indifferenti. Un insieme di gerarchie instabili, squassate da tempeste che le deformano. Un viaggio di cui mutano, di continuo, le coordinate. La ricorsività di Françoise tesse una personale, intensa arte della memoria. Lei insegue il ricordo con le mani, nei luoghi che il tempo semina di sé, e con le mani agisce nel viaggio, più in levare che in mettere. Lo scavo è assieme doloroso e salvifico; tutta incisa in superficie da minute cicatrici, l’opera segue il ritmo delle stagioni e del respiro: il bianco degli inverni
nivei, vuoti di dimenticanza, il fuoco della vampa estiva che materializza gli odori. Di vita si nutre il passato che, a sua volta, nutre l’oggi di dolcezza immedicata: tutto il non-detto, il tralasciato, ciò che rimane nel seme e non sboccia, questo oggi risuona nei lavori di Calcagno. Il suo ricordare è una lucciola che incendia, un’eco domestica che risuona alle tempie”.
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