Di-Vin M’horò
Dal 17 Aprile 2018 al 30 Aprile 2018
Verona
Luogo: Minotauro Fine Art Gallery
Indirizzo: corso Sant’Anastasia 29
Enti promotori:
- Patrocinio di Meraviglia Italiana
E-Mail info: galleriaminotauro@alice.it
Sito ufficiale: http://www.galleriaminotauro.com
E’ stata inaugurata nella “Minotauro Fine Art Gallery”, in Corso Sant’Anastasia 29, cuore del centro storico di Verona, col patrocinio di Meraviglia Italiana, la MostraDi-Vin M’horò, straordinario artista contemporaneo (la cui identità è però un mistero, avendo scelto di restare anonimo, dunque senza volto, e comunque portato al successo da Antonio e Salvatore Falbo) la cui produzione è curata dalla Minotauro Fine Art Gallery di Palazzolo sull’Oglio (Bs) diretta da Diego Giudici.
Un autore “innovativo”, “visionario” e di grande modernità, questo M’Horò, che sta riscuotendo crescente successo a livello internazionale,apprezzato dal mercato e dalla critica, in particolare modo da Vittorio Sgarbi che ne segue da vicino l’evoluzione stilistica e che firma il catalogo dedicato con parole di forte elogio sulla sua produzione esclusiva e affascinante, e checonferma la sua presenza in Galleria a Verona, martedì 17 aprile, dalle 19.30 alle 21.00.
La mostra resterà aperta fino a fine aprile, ad ingresso gratuito, visitabile nei pomeriggi di giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 15.30 alle 20.00 e nei tre pomeriggi del 15-16-17, giorni del Vinitaly, fino a tarda sera e con altri appuntamenti\aperitivi previsti. Si potrà ammirare il percorso di M’Horò, davvero originalissimo, per l’utilizzo di scarti, ingranaggi industriali e materiali di rottamazione che diventano sculture torte, perforate, stampigliate in fini e sorprendenti cesellature. Opere in cui il metallo reso duttile e malleabile, produce alla fine creazioni meravigliose che catturano la luce e la restituiscono allo spettatore con ridondanze, riflessi e rifrazioni adamantine di rara attrattiva; e ciò nonostante il materiale ‘ordinario’.
Questa esposizione veronese, presenta in particolare gli ultimi suoi lavori (dopo quelli, di gran successo, dedicati agli strumenti musicali) ispirati al mondo del vino e ai suoi elementi naturali e artigianali, interpretati naturalmente andando oltre le “forme” tradizionali, alla ricerca di un primitivismo originario e pure di un’astrazione che porti decisa ad una nuova forma-tipo e anche ad una materia-tipo: la sua, quella ricavata, distillata da materiali di rottamazione “affrontati” ricorrendo alla sua misteriosa tecnica di torsione, perforazione, stampigliatura delle strutture radiali e delle loro lamine di alluminio. In questo caso, con l’innesto\disegno di tralicci, pampini, viticci, grappoli, calici.
“L’opera di M’horó- scrive nel catalogo Vittorio Sgarbi - assume il carattere quasi di un’archeologia industriale, prendendo di mira elementi radiali e serpentine destinati, probabilmente, a uscire presto dalla produzione, superati da altri tecnologicamente più evoluti, che vengono sottoposti a un’operazione prevalente, la deformazione per via di torsione, allungamento o perforazione (…). E se cinquanta anni fa, in ambito artistico, il riciclo del rifiuto poteva essere considerato poco più di una provocazione vogliosa di choc, oggi si connota, inevitabilmente, secondo una chiave diversa, maturata nel frattempo all’ombra dell’istanza ecologista, facendo della creazione artistica non solo un atto di natura estetica, ma anche morale. Il bello, insomma, che aspira di nuovo al buono, il piacere degli occhi, del tatto, della mente, che si mette al servizio anche di ciò che è socialmente utile”.
“Il rifiuto industriale- scrive sempre nel catalogo il giornalista Roberto Messina - sottratto alla sua inevitabile ossidazione, decomposizione e mummificazione, viene reso da M’horò linfatico, vivificato. E spumeggiante, corposo, armonioso, proprio come un buon vino... Un vino-scultura che acquista dignità di prestigiosissima ‘riserva’ e che si (ci) consegna ad una seconda e terza vita, con simboli, metafore, misure e dis-misure di una vera cosmogonia ideata sul sottofondo di una ‘nuova sinfonia del mondo antico’: quello nobile, benefico e potentemente seduttivo dell’enologia”.
“Nel suo ricco repertoriodi innovazioni iconografiche radicali- spiega Salvatore Falbo - è comunque e sempre celata l’elegante nostalgia di un passato idealizzato, dove il significato allegorico si fonde con astratte visioni naturalistiche. Si assiste ad un insieme di straordinaria grandiosità e immediata riconoscibilità nel conferire vita alle sue creazioni. In altre parole, gli oggetti di recupero, con cui l’artista manipola le proprie sculture, sono veri monumenti con spunti e contrappunti minimalisti e di design”.
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