Fil Rouge. Giuliano Francesconi. Fotografie 1993-2012
Dal 09 Marzo 2014 al 21 Aprile 2014
Bassano del Grappa | Vicenza
Luogo: Chiesetta dell'Angelo
Indirizzo: via Roma 83
Orari: venerdì, sabato e domenica 15-19
Curatori: Raffaella Mocellin
Enti promotori:
- Assessorato alla Cultura del Comune di Bassano del Grappa
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 044 4963470 / 349 5987433
E-Mail info: giulia@giulianofrancesconi.com
Sito ufficiale: http://www.giulianofrancesconi.com/
Aprirà all’insegna dello still life la stagione 2014 della Chiesetta dell’Angelo, sede espositiva dell’Assessorato alla Cultura di Bassano del Grappa. La mostra “Fil rouge” che propone una selezione di elaborazioni fotografiche create da Giuliano Francesconi fra 1993 e 2012, mostra che si inaugurerà sabato 8 marzo 2014 alle ore 18:00.
Tutt’altro che recente il genere dello still life - meglio conosciuto in Italia come "natura morta" vanta illustri precedenti già negli affreschi di Pompei, con la raffigurazione pittorica di oggetti inanimati (fiori, frutta, ortaggi, oggetti, ma anche conchiglie ed animali) diventando nel Seicento un vero e proprio genere pittorico ampiamente frequentato fino ai giorni nostri. Nel campo della fotografia, però, la natura morta ha trovato una nuova stagione, con esiti sorprendenti. Per Giuliano Francesconi, fotografo vicentino attivo dagli inizi degli anni Settanta, la macchina fotografica è una specie di lente d’ingrandimento, capace di svelare più di quanto l’occhio umano possa vedere, estraendo un particolare che si espande, indagando un elemento che esce dall’ombra ed emerge plasmato dalla luce. Le opere dell’artista nascono dalla lotta tra i contrasti: il buio e la luce, i complementari rosso - verde.
Lo spettatore che coglie l’origine dell’oggetto studiato, si vede poi trasportato in una dimensione che trascende il mero dato realistico per ritrovarsi immerso in una dimensione espansa, fatta di superfici che dialogano, con le loro ampie campiture cromatiche, con lo spazio circostante.
Un lungo filo rosso si snoda attraverso luci ed ombre a racchiudere, bloccare, sospendere, segnare un percorso dove l’oggetto è il protagonista.
Ad accogliere il visitatore in chiesetta, in posizione eminente, “Albero straniero”, installazione animata, mossa, composta da 16 immagini che assemblate in una struttura appositamente elaborata in verticale ricostruiscono una forma vegetale anomala, che acquista significato e dimensione a partire proprio dai suoi elementi costituenti.
Il filo rosso si espande, dilaga nei trittici di “Peperoni” e “Dicotomie” dove dettagli vegetali, foglie, falde di peperoni rivelano una propria plastica presenza dove, grazie al contrasto di luci ed ombre, si evidenziano tensioni, energie, che scorrono in linee sinuose rivelatrici. La massa isolata, potente, compatta assume una dimensione antropomorfica fisicamente e mentalmente avvolgente.
Qui la passione dell’artista per il particolare dell’oggetto, che viene amplificato e manipolato, arriva a trascendere la realtà per raggiungere spazi generati dalla lotta primordiale tra il rosso e il nero, la luce e le tenebre.
Il percorso pare giungere ad un equilibrio nelle opere centrali del 1998, “Mani giunte” e “Cuore debole”; i contrasti cromatici, pur presenti, sfumano in gradazioni quasi liquide, contenute da strutture compositive sapientemente controllate in modo simmetrico.
A concludere il viaggio, e nel contempo ad accogliere lo spettatore al suo ingresso in questo spazio che odora di sacralità, “Profumo”. La presenza silente ma viva di questi fiori, il cui sentore aleggia lieve, secco, ci porta alle opere che appartengono alla fase più recente della ricerca di Giuliano Francesconi nell’ambito dello still life.
L’indagine sui contrasti, che trova in “Dicotomie” una delle sue più emblematiche rappresentazioni, sviluppa una narrazione che vede nello spazio ellittico della Chiesetta dell’Angelo luogo di espressione e risoluzione.
Le tensioni generate dal sapiente utilizzo della luce, che indaga e dona vita nuova, scavano nell’anima degli oggetti per comprenderne la più profonda essenza, a dimostrare - come sosteneva Diane Arbus, fotografa americana che ha indagato il tema della normalità - che esistono cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate.
Tutt’altro che recente il genere dello still life - meglio conosciuto in Italia come "natura morta" vanta illustri precedenti già negli affreschi di Pompei, con la raffigurazione pittorica di oggetti inanimati (fiori, frutta, ortaggi, oggetti, ma anche conchiglie ed animali) diventando nel Seicento un vero e proprio genere pittorico ampiamente frequentato fino ai giorni nostri. Nel campo della fotografia, però, la natura morta ha trovato una nuova stagione, con esiti sorprendenti. Per Giuliano Francesconi, fotografo vicentino attivo dagli inizi degli anni Settanta, la macchina fotografica è una specie di lente d’ingrandimento, capace di svelare più di quanto l’occhio umano possa vedere, estraendo un particolare che si espande, indagando un elemento che esce dall’ombra ed emerge plasmato dalla luce. Le opere dell’artista nascono dalla lotta tra i contrasti: il buio e la luce, i complementari rosso - verde.
Lo spettatore che coglie l’origine dell’oggetto studiato, si vede poi trasportato in una dimensione che trascende il mero dato realistico per ritrovarsi immerso in una dimensione espansa, fatta di superfici che dialogano, con le loro ampie campiture cromatiche, con lo spazio circostante.
Un lungo filo rosso si snoda attraverso luci ed ombre a racchiudere, bloccare, sospendere, segnare un percorso dove l’oggetto è il protagonista.
Ad accogliere il visitatore in chiesetta, in posizione eminente, “Albero straniero”, installazione animata, mossa, composta da 16 immagini che assemblate in una struttura appositamente elaborata in verticale ricostruiscono una forma vegetale anomala, che acquista significato e dimensione a partire proprio dai suoi elementi costituenti.
Il filo rosso si espande, dilaga nei trittici di “Peperoni” e “Dicotomie” dove dettagli vegetali, foglie, falde di peperoni rivelano una propria plastica presenza dove, grazie al contrasto di luci ed ombre, si evidenziano tensioni, energie, che scorrono in linee sinuose rivelatrici. La massa isolata, potente, compatta assume una dimensione antropomorfica fisicamente e mentalmente avvolgente.
Qui la passione dell’artista per il particolare dell’oggetto, che viene amplificato e manipolato, arriva a trascendere la realtà per raggiungere spazi generati dalla lotta primordiale tra il rosso e il nero, la luce e le tenebre.
Il percorso pare giungere ad un equilibrio nelle opere centrali del 1998, “Mani giunte” e “Cuore debole”; i contrasti cromatici, pur presenti, sfumano in gradazioni quasi liquide, contenute da strutture compositive sapientemente controllate in modo simmetrico.
A concludere il viaggio, e nel contempo ad accogliere lo spettatore al suo ingresso in questo spazio che odora di sacralità, “Profumo”. La presenza silente ma viva di questi fiori, il cui sentore aleggia lieve, secco, ci porta alle opere che appartengono alla fase più recente della ricerca di Giuliano Francesconi nell’ambito dello still life.
L’indagine sui contrasti, che trova in “Dicotomie” una delle sue più emblematiche rappresentazioni, sviluppa una narrazione che vede nello spazio ellittico della Chiesetta dell’Angelo luogo di espressione e risoluzione.
Le tensioni generate dal sapiente utilizzo della luce, che indaga e dona vita nuova, scavano nell’anima degli oggetti per comprenderne la più profonda essenza, a dimostrare - come sosteneva Diane Arbus, fotografa americana che ha indagato il tema della normalità - che esistono cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate.
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