Aquileia romana: l'edilizia privata

 
Aquileia romana: l'edilizia privata
Resti romani del Fondo Cossar ad Aquileia. Foto di © Gianluca Baronchelli
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L’antica dimora di Tito Macro, tra sontuose sale di rappresentanza e magnifici mosaici.

C’è un’Aquileia più intima, popolata di storie di ambienti e di famiglie, nascosta tra i giardini, i mosaici, i cortili porticati, i preziosi edifici destinati alla vita privata.

Lo sviluppo degli spazi abitativi della città di Aquileia in epoca romana segue un periodo abbastanza lungo. Seguirne le tracce, percorrendo un itinerario alla scoperta della sua edilizia privata, è un’esperienza decisamente coinvolgente per il visitatore che desideri conoscere l’antica colonia.

Le prime case documentate risalgono al I secolo a.C., all’epoca tardo-repubblicana.
Ma sarà l’età imperiale, dalla fine del I secolo a.C. in poi, a segnare un autentico fiorire dell’edilizia abitativa, che vedrà le case estendersi anche al di fuori dell’originario perimetro repubblicano, nell’ambito di un’espansione urbanistica che ha coinvolto Aquileia a partire dall’età augustea.
Le abitazioni vengono riutilizzate nelle epoche successive con vari rinnovamenti, con l’innalzamento dei piani pavimentali e con la stesura di nuovi pavimenti impreziositi da mosaici fino all’epoca tardo-antica.
Al IV secolo risalgono importanti interventi di risistemazione dell’edilizia delle domus. Alcuni di questi edifici saranno utilizzati ancora nel V secolo, per poi essere lentamente abbandonati a partire dal VI.

Come anche il visitatore potrà accorgersi, ad accomunare le case romane di Aquileia, soprattutto quelle realizzate durante il primo periodo imperiale, nel I secolo d.C., è una caratteristica articolazione spaziale interna che prevede un cortile centrale, lastricato o lasciato a giardino, con un porticato con colonne, intorno al quale si distribuiscono gli ambienti di soggiorno e di accoglienza, e gli spazi residenziali della casa.
Per ammirare questo tipo di domus basta visitare i resti conservati presso gli ex Fondi Cal (Cooperativa Aquileiese Lavoratori).

Una tappa imperdibile in questo itinerario tra gli edifici privati dell’Aquileia romana è la Casa di Tito Macro, che recenti ricerche e opere di valorizzazione hanno permesso di portare alla luce e di rendere visitabile.

Questa casa, - oggi il nucleo dell’edilizia residenziale principale a cui i visitatori possono accedere - nel tempo ha conosciuto diversi nomi. Nota inizialmente come la “casa centrale del Fondo Cossar”, è oggi conosciuta con il nome di domus di Tito Macro. Durante gli ultimi scavi è stato infatti rinvenuto un peso con una scritta, traducibile come “di Tito Macro”, un personaggio, forse lo stesso proprietario dell’edificio, che abitava molto probabilmente in questa casa. È stato possibile identificare un primo nucleo della domus, una prima casa molto più piccola rispetto a quella dell’epoca imperiale, realizzata nel 100 a.C. Si tratta di una dimora dalla sistemazione spaziale e dall’architettura assolutamente particolare, che richiamano modelli dell’Italia centrale e meridionale.

Nella fase di fine I secolo a.C. fino ai primi decenni del I secolo d.C., la domus di Tito Macro raggiunse una superficie pari a 1700 metri quadrati, che ne fanno una delle dimore urbane di età romana più estese dell’Italia settentrionale. 

Si estende tra due strade lastricate della città, all'interno di uno degli isolati meridionali della colonia, dal quale provengono il celeberrimo mosaico del Ratto d’Europa, il pavimento con tralcio di vite con fiocco, il ‘pavimento non spazzato’ - ora esposti al Museo Archeologico Nazionale - e il mosaico del Buon Pastore.

Un bellissimo anello d’oro e pasta vitrea, datato II-III sec. d.C., prova il tenore di vita dei proprietari. Inoltre tra le 1.200 monete restituite dagli scavi spicca il sesterzio di Massimino il Trace, l’imperatore che trovò la morte proprio ad Aquileia, per mano dei suoi stessi soldati che, sebbene senza successo, avevano stretto d’assedio la città rimasta leale a Roma.

Alla casa si accedeva da Ovest, attraverso un atrio sorretto da quattro colonne, abbellito da una vasca centrale per la raccolta dell’acqua e di un pozzo, parzialmente conservatosi. In asse con l’accesso avremmo scorto il tablino, la sala nella quale il padrone di casa riceveva i suoi ospiti, impreziosita da un ricco pavimento in mosaico. La parte retrostante della domus gravitava attorno al giardino con fontana, circondato da un corridoio, anche questo decorato da mosaici. Sul giardino si apriva la grande sala di rappresentanza e, a sud, il triclinio, affiancato da ambienti di soggiorno e da una stanza da letto. La cucina con il bancone in muratura era invece a Nord, mentre, nella parte orientale sono state riconosciute quattro botteghe. Tra queste vi era anche il negozio di un panettiere con il forno per la panificazione, i cui resti sono ancora visibili.

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