Dopo 100 anni di dispute, le prove della paternità della Resurrezione di Cristo
Il Mantegna ritrovato: dai depositi dell’Accademia Carrara un capolavoro del maestro veneto
Andrea Mantegna Resurrezione di Cristo, 1492-93 circa tempera e oro su tavola 48,5 x 37,5 cm Bergamo, Accademia Carrara
Francesca Grego
22/05/2018
Bergamo - L’Accademia Carrara di Bergamo annovera nelle sue raccolte un nuovo dipinto di Andrea Mantegna. Non si tratta di un’acquisizione, ma di una sorprendente scoperta derivante da analisi condotte sulla Resurrezione di Cristo, una tavola da tempo conservata nei depositi del museo orobico.
Pur presentando sul retro la scritta “Andrea Mantegna” vergata in bella grafia, nel tempo l’opera era stata attribuita a Francesco Mantegna, figlio secondogenito del pittore rinascimentale, poi alla bottega del maestro, infine considerata “copia di un lavoro perduto” ed esclusa dal percorso espositivo dell’Accademia dopo la Seconda Guerra Mondiale.
A rimettere sulla pista i ricercatori è stata una piccola croce osservabile sul limite inferiore del dipinto, che appariva incompleta: l’indizio dell’esistenza di un prosieguo dell’opera, rintracciato tempestivamente nella Discesa di Cristo nel limbo custodita a Princeton dalla collezionista Barbara Piasecka Johnson. A suffragare l’ipotesi, la perfetta continuità tra la croce e l’asta che la sorregge, nonché dell’arco di rocce diviso tra le due tavole.
Originariamente la Resurrezione fu dunque concepita come parte di un’opera molto più grande divisa in due scene: in alto l’uscita di Gesù dal sepolcro tra la meraviglia dei soldati di guardia, in basso il Cristo di spalle che trae in salvo i savi del limbo per trasportarli con sé in Paradiso, tra sguardi di sorpresa e gratitudine. Un’iconografia piuttosto insolita, che trova corrispondenza in rari esempi di area tedesca, confermando lo stretto rapporto che Mantegna intrattenne con gli artisti germanici soprattutto nel campo dell’incisione. Particolarmente significativa è l’analogia con una tavola di un maestro della scuola di Lucas Cranach conservata a Francoforte, che presenta un’identica struttura compositiva.
L’opera è stata collocata tra il 1492 e il 1493 grazie alla datazione della sua metà inferiore e al confronto con una copia conservata a Milano. Donata all’Accademia Carrara nel 1866 dal conte Guglielmo Lochis, podestà di Bergamo e grande collezionista, è dipinta a tempera e oro su tavola e si presenta in buono stato di conservazione, nonostante una verniciatura superficiale ingiallita e indurita che fa virare tutta la gamma cromatica verso il bruno.
Un futuro restauro, oltre a restituire alla Resurrezione i suoi colori originari, potrà svelare particolari nuovi sulla genesi della tavola. Le vicende del dipinto e la sua avvincente storia attributiva sono invece raccontate nel dettaglio nel nuovo catalogo dei Dipinti Italiani del Trecento e del Quattrocento di Accademia Carrara, curato dallo storico dell’arte e conservatore Giovanni Malagussa ed edito da Officina Libraria.
“L’attribuzione ad Andrea Mantegna di un’opera della collezione dell’Accademia Carrara, custodita a Bergamo da metà dell’Ottocento e ritenuta per quasi 200 anni una copia, è una scoperta sorprendente ed entusiasmante” ha commentato Giorgio Gori, presidente di Fondazione Accademia Carrara e sindaco del capoluogo orobico: “Ne siamo felici, orgogliosi di poter restituire al mondo una straordinaria opera d'arte. Per Accademia Carrara questo evento è la conferma della propria missione culturale e civile, alimentata dalla conservazione e dalla condivisione”.
Pur presentando sul retro la scritta “Andrea Mantegna” vergata in bella grafia, nel tempo l’opera era stata attribuita a Francesco Mantegna, figlio secondogenito del pittore rinascimentale, poi alla bottega del maestro, infine considerata “copia di un lavoro perduto” ed esclusa dal percorso espositivo dell’Accademia dopo la Seconda Guerra Mondiale.
A rimettere sulla pista i ricercatori è stata una piccola croce osservabile sul limite inferiore del dipinto, che appariva incompleta: l’indizio dell’esistenza di un prosieguo dell’opera, rintracciato tempestivamente nella Discesa di Cristo nel limbo custodita a Princeton dalla collezionista Barbara Piasecka Johnson. A suffragare l’ipotesi, la perfetta continuità tra la croce e l’asta che la sorregge, nonché dell’arco di rocce diviso tra le due tavole.
Originariamente la Resurrezione fu dunque concepita come parte di un’opera molto più grande divisa in due scene: in alto l’uscita di Gesù dal sepolcro tra la meraviglia dei soldati di guardia, in basso il Cristo di spalle che trae in salvo i savi del limbo per trasportarli con sé in Paradiso, tra sguardi di sorpresa e gratitudine. Un’iconografia piuttosto insolita, che trova corrispondenza in rari esempi di area tedesca, confermando lo stretto rapporto che Mantegna intrattenne con gli artisti germanici soprattutto nel campo dell’incisione. Particolarmente significativa è l’analogia con una tavola di un maestro della scuola di Lucas Cranach conservata a Francoforte, che presenta un’identica struttura compositiva.
L’opera è stata collocata tra il 1492 e il 1493 grazie alla datazione della sua metà inferiore e al confronto con una copia conservata a Milano. Donata all’Accademia Carrara nel 1866 dal conte Guglielmo Lochis, podestà di Bergamo e grande collezionista, è dipinta a tempera e oro su tavola e si presenta in buono stato di conservazione, nonostante una verniciatura superficiale ingiallita e indurita che fa virare tutta la gamma cromatica verso il bruno.
Un futuro restauro, oltre a restituire alla Resurrezione i suoi colori originari, potrà svelare particolari nuovi sulla genesi della tavola. Le vicende del dipinto e la sua avvincente storia attributiva sono invece raccontate nel dettaglio nel nuovo catalogo dei Dipinti Italiani del Trecento e del Quattrocento di Accademia Carrara, curato dallo storico dell’arte e conservatore Giovanni Malagussa ed edito da Officina Libraria.
“L’attribuzione ad Andrea Mantegna di un’opera della collezione dell’Accademia Carrara, custodita a Bergamo da metà dell’Ottocento e ritenuta per quasi 200 anni una copia, è una scoperta sorprendente ed entusiasmante” ha commentato Giorgio Gori, presidente di Fondazione Accademia Carrara e sindaco del capoluogo orobico: “Ne siamo felici, orgogliosi di poter restituire al mondo una straordinaria opera d'arte. Per Accademia Carrara questo evento è la conferma della propria missione culturale e civile, alimentata dalla conservazione e dalla condivisione”.
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