Dall’8 aprile al 25 luglio a Bologna

A Palazzo Fava Nicola Samorì dialogherà con Canova e Annibale Carracci

Nicola Samorì, Sofonisba, 2018 | Courtesy Genus Bononiae. Musei nella città
 

Samantha De Martin

10/03/2021

Bologna - Tra i fregi che corrono al piano nobile di Palazzo Fava prende forma il dialogo tra Nicola Samorì e l’arte barocca.
L’artista noto per la sua poetica volta a turbare, trasgredire, trasfigurare la serenità delle immagini, infliggendo alle opere traumi che presuppongono un potere taumaturgico, porta a Palazzo Fava la sua prima mostra antologica in Italia, studiata appositamente per gli spazi di via Manzoni.

Dall’8 aprile al 25 luglio, pandemia permettendo, Sfregi - questo il titolo del progetto espositivo di Genus Bononiae. Musei nella Città, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, a cura di Alberto Zanchetta e Chiara Stefani - sarà un’occasione per seguire passo passo il percorso intrapreso dall’artista di Forlì negli ultimi vent’anni, guardando alle opere più rappresentative della sua produzione.

Scultura e pittura si fondono negli 80 lavori presto in mostra a Bologna, città che ha visto formarsi Samorì presso l’Accademia di Belle Arti.
Il pubblico individuerà subito quel tentativo dell’artista di mettere in pericolo forme derivate dalla storia della cultura occidentale, dove si ha come l’impressione che la nascita di una nuova opera comporti sempre il sacrificio di un capolavoro antico. Perché, partendo dalla copia minuziosa delle opere di grandi maestri, Samorì le trasforma e le reinterpreta con lo spirito turbato del nostro tempo, letteralmente forando, grattando, spellando la pittura attraverso un gesto repentino o meticoloso, che dà vita a nuove opere, sospese tra la tradizione della storia dell’arte e i tormenti del linguaggio contemporaneo. Così, mentre la pittura tende alla scultura, questa sembra liquefarsi, dissolvendosi per poi rinascere.


Nicola Samorì, Immortale, 2018 | Courtesy Genus Bononiae. Musei nella città

A Palazzo Fava una "camera delle meraviglie"

A Palazzo Fava, il faccia a faccia tra Samorì e la storia dell’arte, in particolare l’epoca barocca, prende forma nel Salone con Il mito di Giasone e Medea, dove un corpus di lavori databili all’ultimo decennio di attività, sembrerà contemplare - quasi in estasi - la pittura dei Carracci. Nella Sala degli allievi di Ludovico Carracci, l’artista sorprenderà i visitatori con uno stravolgimento cromatico grazie ai lavori generati dall’ustione del rame e un focus sul tema del desinare e del corpo scarnificato.
Pronti quindi ad entrare nella stanza dipinta da Francesco Albani che sarà trasformata in una “camera delle meraviglie” di soggetti vegetali e animali, o nella Sala delle Grottesche che accoglierà il monumentale affresco Malafonte, protagonista di un dialogo di perfette geometrie.


Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni di Genus Bononiae. In alto il Fregio di Giasone e Medea di Annibale, Agostino e Ludovico Carracci

Samorì tra la Maddalena Penitente di Canova e i ritratti di Annibale Carracci

Ad arricchire il percorso saranno alcune opere, individuate all’interno delle collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo per stabilire una “affinità elettiva”, oltre che con gli spazi, con lo stesso patrimonio del Museo. Tra queste la Maddalena Penitente di Canova e i suggestivi ritratti di donne cieche di Annibale Carracci.

Lasciate le monumentali opere del piano nobile, nelle sale del secondo piano il pubblico ritroverà, in un contesto più intimo, i lavori di piccolo e medio formato che svilupperanno singoli temi o rappresenteranno dei focus sulle diverse tecniche utilizzate dall’artista, dall’aggregazione di materiali di risulta alla pittura su pietra, dal disegno alla scultura. La complessa produzione di Samorì tradisce una ricerca ossessiva, quasi maniacale che ha condotto l’artista, tra i più originali della sua generazione, a creare una versione eterodossa dell’arte, della storia e del tempo.

"Opere per riflettere ed emozionare, riscoprendo il valore taumaturgico dell’arte"

“Questa mostra antologica, la prima in Italia - spiega Fabio Roversi-Monaco, presidente di Genus Bononiae - vuol essere un riconoscimento alla carriera dell’artista, che si presenta al pubblico con un’esposizione ricca ed esauriente che abbraccia tutto il suo percorso creativo: un tentativo di mettersi a nudo di fronte alla storia dell’arte, che incombe dalle pareti stesse del palazzo. Penso che Samorì abbia tutto il carattere per reggere un dialogo tanto ambizioso e sono felice di accogliere a Palazzo Fava un giovane della nostra terra, che ha saputo imporsi sul piano internazionale. Le sue opere ci fanno riflettere ed emozionare, riscoprendo il valore taumaturgico dell’arte, di cui mai come oggi abbiamo bisogno”.



Nicola Samorì, A corde, 2019 | Courtesy Genus Bononiae. Musei nella città

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