Intervista a Stefano Karadjov e Francesca Bazoli
Capitale della Cultura. E poi? L’esperienza di Brescia nel racconto dei protagonisti
Teatro romano - Parco archeologico di Brescia Romana | © Archivio Fotografico Musei Civici di Brescia
Francesca Grego
08/02/2024
Brescia - Undici milioni e mezzo di visitatori, 2500 eventi, 238 rassegne, un incremento dell’offerta culturale e artistica del 92% rispetto al 2019 e un riscontro di pubblico superiore di circa il 40% a confronto con il 2022: sono i numeri di Bergamo-Brescia Capitale italiana della Cultura, dove l’avventura del 2023 sembra essersi chiusa con un bilancio decisamente positivo. Tra i più floridi distretti industriali d’Europa, e tuttavia tra i territori più martoriati dalla recente pandemia, Bergamo e Brescia hanno voltato pagina, per una rinascita nel segno della cultura. Ma come è cambiata concretamente la vita di queste città? Quale futuro si prospetta sul loro orizzonte? L’esempio dei due centri lombardi - i primi a sollevare in coppia la bandiera di Capitale della Cultura - potrà essere utile a chi li seguirà? Ne parliamo con Francesca Bazoli e Stefano Karadjov, rispettivamente presidente e direttore di Fondazione Brescia Musei, che hanno vissuto in prima linea questa entusiasmante scommessa. Obiettivo: esplorare dall’interno la macchina della Capitale della Cultura, immaginarne l’eredità, analizzare valori e insidie di un’occasione molto ambita, ma che richiede sensibilità, competenze, lungimiranza per dispiegare i propri benefici oltre i canonici dodici mesi.
“È un'esperienza in cui vedo molte più luci che ombre, luci talmente forti che quasi diventa difficile distinguere le ombre”, racconta Francesca Bazoli: “Lo dico pensando sia alla nostra città, sia al contenuto della scommessa di Brescia-Bergamo Capitale della Cultura, ovvero l'integrazione di due territori molto simili, ma storicamente in competizione. Per quanto riguarda Brescia, abbiamo avuto un'occasione formidabile per riassumere e rilanciare 40 o 50 anni di investimento che la città ha fatto sul suo patrimonio. Da quando si è immaginato di recuperare Santa Giulia fino ai giorni nostri, Brescia ha sistematicamente investito sulla restituzione alla fruibilità del suo straordinario patrimonio. Nel 2023 ci siamo trovati nella condizione di chi aveva già fatto un percorso estremamente importante che ancora non può dirsi concluso, ma che aveva raggiunto già grandi traguardi. Come Capitale della Cultura abbiamo avuto la possibilità di far capire alla città in primis e poi al resto d'Italia - e quindi del mondo - che patrimonio straordinario ha Brescia e soprattutto quanto questo patrimonio possa contare nello sviluppo civile della nostra città”.
Francesca Bazoli, Presidente Fondazione Brescia Musei | Courtesy Archivio Fotografico Civici Musei di Brescia | Foto: Petrò Gilberti
Com’è cambiata Brescia con la nomina a Capitale italiana della Cultura?
“A Brescia ci siamo sempre immaginati come una città molto forte nel campo della manifattura, dell'industria, alla fine del secolo scorso anche della finanza e della politica, ma nel frattempo si stava sviluppando questo grandissimo investimento sulla dimensione culturale”, prosegue Bazoli. “Fin da quando ci siamo insediati, io e il direttore Karadjov siamo stati d’accordo sull'idea che occorresse una presa di consapevolezza in funzione di rilancio, ma anche una nuova definizione dell'identità della città. Quest'anno da Capitale della Cultura ci ha dato una visibilità straordinaria e la percezione della città è cambiata in primis da parte dei bresciani stessi. In questo orgoglio, se possiamo chiamarlo così, di sentirsi anche una città culturale, c’è la consapevolezza che dallo sviluppo della cultura deriva una crescita sia civile che economica. I due sguardi - quello interno e quello esterno - si sono incrociati in modo straordinario: l'immagine di Brescia è cambiata fuori e dentro la città. Una scommessa vinta che ci dà grande forza nel proseguire il cammino: da un lato completare la restituzione del patrimonio bresciano, dall’altro porre sempre più consapevolmente al centro della vita cittadina la partecipazione culturale”.
Per la prima volta, nel 2023, due città hanno vissuto insieme l’esperienza della Capitale della Cultura. Com’è andato il sodalizio con Bergamo?
“Per certi versi era una scommessa difficilissima, perché più le città sono vicine e si assomigliano, più c’è l'effetto cani e gatti”, osserva la presidente: “Tra Bergamo e Brescia c'è tradizionalmente una competizione impressionante, dal calcio alle banche. Vivere insieme questa esperienza ha ribaltato un punto di vista storico, ci ha posto nella condizione di pensarci come mai avevamo fatto prima, cioè come alleati. È stato uno stimolo importante alla collaborazione. Penso alla famosa assemblea degli industriali di fine anno, fatta insieme a Palazzolo sull'Oglio, al confine fra i territori delle due province. Una cosa prima impensabile, che tuttavia ha un potenziale immenso: se presi singolarmente siamo tra le aree manifatturiere più forti in Europa, insieme rappresentiamo il primo bacino del continente. Oserei dire che la scommessa ha funzionato per il mondo delle imprese ancor più che per le istituzioni culturali, tra le quali, tutto sommato, il dialogo era già aperto. Un risultato in linea con quanto noi di Fondazione Brescia Musei stiamo facendo da cinque anni per incrementare la sinergia tra aziende private e cultura. Quelli di Bergamo e Brescia sono due territori produttivi che insieme hanno scoperto l'importanza di essere connessi alla cultura. La sfida è di mantenere viva nel futuro questa alleanza, che non è solo un’alleanza culturale. La cultura è stata il linguaggio grazie al quale abbiamo potuto tradurre sul piano simbolico quello che queste due città sono”.
Stefano Karadjov, Direttore Fondazione Brescia Musei | Courtesy Archivio Fotografico Civici Musei di Brescia | Foto: Petrò Gilberti
Con l’arrivo del nuovo anno Brescia e Bergamo hanno passato il testimone a Pesaro, Capitale italiana della Cultura 2024. Che cosa succede in una città quando i riflettori si spengono per riaccendersi altrove?
“Uno dei potenziali rischi è dimenticare cosa è stato e tornare al registro precedente”, osserva il direttore Stefano Karadjov: “A Brescia stiamo combattendo perché ciò non avvenga. Come Brescia Musei abbiamo già un grande programma per il 2024. Per esempio, abbiamo annunciato un traguardo a cui stavamo lavorando da tempo, ovvero la valorizzazione del Teatro Romano su progetto del grande architetto David Chipperfield. Considerato quanto ultimamente essere Capitale della Cultura si sia dimostrato importante per lo sviluppo di un territorio, sarebbe utile che a livello ministeriale si istituisse una sorta di tavolo permanente tra le città che si sono avvicendate in questo ruolo. L'idea che deve avanzare, a mio parere, è che in questa occasione le città si sono dotate di un'infrastruttura, hanno irrobustito il loro capitale conoscitivo e operativo in campo culturale e che quindi in qualche modo rimangano sempre capitali, anche quando c’è un nuovo soggetto a portare avanti la bandiera. Sarebbe veramente interessante pensare a uno strumento di questo tipo, un tavolo permanente che si riunisse una volta all'anno, per confrontarsi e condividere progetti”.
Alla luce dell’esperienza maturata, quali consigli dareste a una città che aspira a diventare Capitale della Cultura?
“Innanzitutto autoanalisi”, afferma Bazoli con convinzione: “Prima di proporsi all'esterno, bisogna essere consapevoli di chi si è, quali sono i propri punti di forza e di debolezza. In Italia abbiamo un’eccezionale ricchezza culturale, ogni pezzo di territorio ha una sua identità. Quindi è necessario riflettere su quale sia il migliore contributo che una città può dare a questo contesto così straordinario”.
“Secondo: l'irrobustimento preventivo delle istituzioni culturali in termini di professionalità”, aggiunge Karadjov: “Dalla nostra esperienza è emerso chiaramente che un grande evento come la Capitale della Cultura non lo fanno gli attori esterni, se non eventualmente per singole iniziative di notevole rilievo. Quello che fa la differenza è l’offerta che parte dalle città e perchè questo avvenga bisogna rafforzare le istituzioni che hanno già le competenze e una forte vocazione”.
“Terzo: coinvolgimento capillare di tutte le forze presenti in città”, continua Bazoli: “È la città che deve crederci, animarsi. Ci vuole una regia forte che sia capace di motivare e trainare gli altri, e non possono che essere le istituzioni culturali ad assumere la leadership. Ma serve anche la partecipazione di tutti, dagli attori economici alle associazioni e fondazioni più piccole, fino ai singoli cittadini”.
Basilica di San Salvatore, Museo di Santa Giulia: Fabrizio Plessi, Plessi sposa Brixia, 2023 | Courtesy © Fondazione Brescia Musei | Foto: Petrò Gilberti
È il direttore di Brescia Musei a indicare il quarto punto: “Benché la Capitale della Cultura non premi necessariamente le bellezze artistiche e monumentali di una città, nella progettazione degli eventi è sempre necessario partire dai valori distintivi del patrimonio materiale e immateriale di quel luogo. A Bergamo e a Brescia, per esempio, le due principali mostre d'arte - rispettivamente su Cecco del Caravaggio e su Giacomo Ceruti - sono state progetti fortemente identitari, legati alla storia e alla cultura del territorio”.
La quinta regola d’oro arriva infine dalla presidente: “Immaginare fin da subito la legacy, la possibile eredità dell’esperienza di Capitale della Cultura. Sapere dove si vuole arrivare già prima di partire”.
Brescia ha avuto la fortuna di poter contare su una realtà imprenditoriale e industriale molto solida, che da anni sostiene la cultura secondo un efficiente modello organizzativo. Che cosa suggerireste a chi non dispone di queste risorse?
“Se non dispongono di uno strumento di governo del patrimonio e delle attività culturali come quello rappresentato dalla Fondazione Brescia Musei, potrebbe essere l'occasione propizia per dotarsene”, afferma Karadjov. “Difficile arrivarci in breve tempo, ma sarebbe necessario costituire almeno un tavolo temporaneo, un po' come fece Parma in vista del 2020. Un primo passo può essere quello di un accordo di programma tra i principali attori pubblici e privati. Come avvenne negli anni Novanta a Brescia, un caso emblematico nella gestione dei beni culturali, con la collaborazione tra la fondazione CAB e il Comune per il recupero e poi l'apertura del Museo di Santa Giulia: l’inizio del processo che ha portato all'istituzione di Brescia Musei”.
Che fare invece se non si ha alle spalle un contesto economicamente florido?
“La cultura non è mai ombelicale, non bisogna limitarsi a guardare al proprio territorio”, osserva il direttore: “Essendo protagonista del più importante evento culturale dell'anno in Italia, la Capitale della Cultura può guardare a una realtà nazionale per trovare le risorse necessarie a sviluppare progetti che, almeno per quei dodici mesi, saranno di alto livello”.
Capitolium, Parco archeologico di Brescia Romana | Courtesy Fondazione Brescia Musei | Foto: Cristian Penocchio
Dopo l’avventura del 2023, Brescia guarda al futuro. Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
“Come anticipato dal direttore, abbiamo un grande programma di valorizzazione del patrimonio”, annuncia Bazoli: “In primis, il progetto di ristrutturazione e rifunzionalizzazione del Teatro Romano affidato a David Chipperfield, vincitore del Premio Pritzker 2023, una sorta di Nobel dell'architettura. L’avevamo chiamato prima che vincesse il premio e avevamo visto giusto: ha fatto il Neues Museum di Berlino, sta lavorando al Museo Archeologico di Atene, insomma un numero uno indiscusso per portare a termine la complessa opera di ricucitura fra Santa Giulia, il Tempio Capitolino, il Teatro Romano, Palazzo Maggi Gambara… La sfida è quella di riportare l’antico al centro della città contemporanea, renderlo parte sempre più viva delle nostre esistenze quotidiane. Da questo punto di vista, un teatro funzionante sarebbe straordinario in un’area storica così significativa. Il completamento della Pinacoteca è un altro dei progetti in cantiere.
Nel contempo continueremo a impegnarci per la valorizzazione identitaria della nostra città, anche nel senso di rendere i musei e i luoghi della cultura sempre più aperti alla partecipazione, snodi cruciali del welfare cittadino. È un’idea che abbiamo da tempo, maturata anche grazie a esperienze di riflessione come il ciclo di incontri Open Doors - I musei accessibili: lavorare sul ruolo del museo nella crescita della comunità in senso civile, come luogo di educazione e di integrazione, in una città dove convivono circa 150 etnie diverse”.
Da Capitale della Cultura avete puntato soprattutto su progetti originali. Un’esperienza destinata a proseguire con nuove produzioni made in Brescia?
“Presentare mostre ed eventi ‘nostri’ è stata una linea guida essenziale nell’anno di Bergamo-Brescia Capitale della Cultura. In questo senso, come Fondazione Brescia Musei abbiamo raggiunto una notevole maturità, supportata da un’altrettanto rilevante capacità di autoproduzione”, afferma la presidente Bazoli.
Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Profeti,1525 circa, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo | Courtesy Fondazione Brescia Musei
“Tra le eredità della Capitale della Cultura non poteva mancare un'offerta di qualità elevata anche per il 2024”, aggiunge il direttore Karadjov: “Quest'anno naturalmente gli eventi saranno meno numerosi, ma abbiamo in cantiere almeno due grandi progetti. A ottobre la mostra sul ‘Rinascimento inquieto’, con Savoldo, Romanino, Moretto, sarà la più grande dedicata dagli anni Ottanta ai maestri della pittura di realtà del territorio bresciano. La novità è che saranno reinterpretati completamente all’interno di un racconto della città nel primo cinquantennio del Cinquecento. Sarà un’esposizione di altissimo livello, con prestiti da tutta Europa e soprattutto dall’America, molti capolavori assoluti e uno sguardo nuovo, moderno e originale sulla città.
Il prossimo 8 marzo inaugurerà invece la settima edizione del Brescia Photo Festival, un appuntamento ormai molto conosciuto che attrae decine di migliaia di visitatori. Quest'anno presenteremo dei progetti davvero importanti. Festeggeremo il 90° compleanno di Franco Fontana con una straordinaria monografica realizzata in collaborazione con lui e con il suo studio: oltre 120 opere da ammirare in grande formato, rappresentative dei progetti più significativi di questo celebre fotografo.
A proposito di valori identitari del territorio, invece, il 28 maggio 2024 ricorreranno i 50 anni della strage di Piazza della Loggia. Il Photo Festival la ricorderà con un progetto inedito: una rilettura di quel tragico episodio della storia italiana, che in città naturalmente è ancora molto sentito, attraverso la poetica della frammentazione delle Polaroid di Maurizio Galimberti. Infine vedremo per la prima volta in un contesto museale gli scatti di uno dei più interessanti reporter di questi anni, Gabriele Micalizzi, inviato di guerra di rilievo internazionale che avrà al Museo di Santa Giulia la sua prima mostra di taglio
curatoriale”.
Franco Fontana, Texas, 1979, PQW Print, 100 × 144.5 cm | © Franco Fontana
“È un'esperienza in cui vedo molte più luci che ombre, luci talmente forti che quasi diventa difficile distinguere le ombre”, racconta Francesca Bazoli: “Lo dico pensando sia alla nostra città, sia al contenuto della scommessa di Brescia-Bergamo Capitale della Cultura, ovvero l'integrazione di due territori molto simili, ma storicamente in competizione. Per quanto riguarda Brescia, abbiamo avuto un'occasione formidabile per riassumere e rilanciare 40 o 50 anni di investimento che la città ha fatto sul suo patrimonio. Da quando si è immaginato di recuperare Santa Giulia fino ai giorni nostri, Brescia ha sistematicamente investito sulla restituzione alla fruibilità del suo straordinario patrimonio. Nel 2023 ci siamo trovati nella condizione di chi aveva già fatto un percorso estremamente importante che ancora non può dirsi concluso, ma che aveva raggiunto già grandi traguardi. Come Capitale della Cultura abbiamo avuto la possibilità di far capire alla città in primis e poi al resto d'Italia - e quindi del mondo - che patrimonio straordinario ha Brescia e soprattutto quanto questo patrimonio possa contare nello sviluppo civile della nostra città”.
Francesca Bazoli, Presidente Fondazione Brescia Musei | Courtesy Archivio Fotografico Civici Musei di Brescia | Foto: Petrò Gilberti
Com’è cambiata Brescia con la nomina a Capitale italiana della Cultura?
“A Brescia ci siamo sempre immaginati come una città molto forte nel campo della manifattura, dell'industria, alla fine del secolo scorso anche della finanza e della politica, ma nel frattempo si stava sviluppando questo grandissimo investimento sulla dimensione culturale”, prosegue Bazoli. “Fin da quando ci siamo insediati, io e il direttore Karadjov siamo stati d’accordo sull'idea che occorresse una presa di consapevolezza in funzione di rilancio, ma anche una nuova definizione dell'identità della città. Quest'anno da Capitale della Cultura ci ha dato una visibilità straordinaria e la percezione della città è cambiata in primis da parte dei bresciani stessi. In questo orgoglio, se possiamo chiamarlo così, di sentirsi anche una città culturale, c’è la consapevolezza che dallo sviluppo della cultura deriva una crescita sia civile che economica. I due sguardi - quello interno e quello esterno - si sono incrociati in modo straordinario: l'immagine di Brescia è cambiata fuori e dentro la città. Una scommessa vinta che ci dà grande forza nel proseguire il cammino: da un lato completare la restituzione del patrimonio bresciano, dall’altro porre sempre più consapevolmente al centro della vita cittadina la partecipazione culturale”.
Per la prima volta, nel 2023, due città hanno vissuto insieme l’esperienza della Capitale della Cultura. Com’è andato il sodalizio con Bergamo?
“Per certi versi era una scommessa difficilissima, perché più le città sono vicine e si assomigliano, più c’è l'effetto cani e gatti”, osserva la presidente: “Tra Bergamo e Brescia c'è tradizionalmente una competizione impressionante, dal calcio alle banche. Vivere insieme questa esperienza ha ribaltato un punto di vista storico, ci ha posto nella condizione di pensarci come mai avevamo fatto prima, cioè come alleati. È stato uno stimolo importante alla collaborazione. Penso alla famosa assemblea degli industriali di fine anno, fatta insieme a Palazzolo sull'Oglio, al confine fra i territori delle due province. Una cosa prima impensabile, che tuttavia ha un potenziale immenso: se presi singolarmente siamo tra le aree manifatturiere più forti in Europa, insieme rappresentiamo il primo bacino del continente. Oserei dire che la scommessa ha funzionato per il mondo delle imprese ancor più che per le istituzioni culturali, tra le quali, tutto sommato, il dialogo era già aperto. Un risultato in linea con quanto noi di Fondazione Brescia Musei stiamo facendo da cinque anni per incrementare la sinergia tra aziende private e cultura. Quelli di Bergamo e Brescia sono due territori produttivi che insieme hanno scoperto l'importanza di essere connessi alla cultura. La sfida è di mantenere viva nel futuro questa alleanza, che non è solo un’alleanza culturale. La cultura è stata il linguaggio grazie al quale abbiamo potuto tradurre sul piano simbolico quello che queste due città sono”.
Stefano Karadjov, Direttore Fondazione Brescia Musei | Courtesy Archivio Fotografico Civici Musei di Brescia | Foto: Petrò Gilberti
Con l’arrivo del nuovo anno Brescia e Bergamo hanno passato il testimone a Pesaro, Capitale italiana della Cultura 2024. Che cosa succede in una città quando i riflettori si spengono per riaccendersi altrove?
“Uno dei potenziali rischi è dimenticare cosa è stato e tornare al registro precedente”, osserva il direttore Stefano Karadjov: “A Brescia stiamo combattendo perché ciò non avvenga. Come Brescia Musei abbiamo già un grande programma per il 2024. Per esempio, abbiamo annunciato un traguardo a cui stavamo lavorando da tempo, ovvero la valorizzazione del Teatro Romano su progetto del grande architetto David Chipperfield. Considerato quanto ultimamente essere Capitale della Cultura si sia dimostrato importante per lo sviluppo di un territorio, sarebbe utile che a livello ministeriale si istituisse una sorta di tavolo permanente tra le città che si sono avvicendate in questo ruolo. L'idea che deve avanzare, a mio parere, è che in questa occasione le città si sono dotate di un'infrastruttura, hanno irrobustito il loro capitale conoscitivo e operativo in campo culturale e che quindi in qualche modo rimangano sempre capitali, anche quando c’è un nuovo soggetto a portare avanti la bandiera. Sarebbe veramente interessante pensare a uno strumento di questo tipo, un tavolo permanente che si riunisse una volta all'anno, per confrontarsi e condividere progetti”.
Alla luce dell’esperienza maturata, quali consigli dareste a una città che aspira a diventare Capitale della Cultura?
“Innanzitutto autoanalisi”, afferma Bazoli con convinzione: “Prima di proporsi all'esterno, bisogna essere consapevoli di chi si è, quali sono i propri punti di forza e di debolezza. In Italia abbiamo un’eccezionale ricchezza culturale, ogni pezzo di territorio ha una sua identità. Quindi è necessario riflettere su quale sia il migliore contributo che una città può dare a questo contesto così straordinario”.
“Secondo: l'irrobustimento preventivo delle istituzioni culturali in termini di professionalità”, aggiunge Karadjov: “Dalla nostra esperienza è emerso chiaramente che un grande evento come la Capitale della Cultura non lo fanno gli attori esterni, se non eventualmente per singole iniziative di notevole rilievo. Quello che fa la differenza è l’offerta che parte dalle città e perchè questo avvenga bisogna rafforzare le istituzioni che hanno già le competenze e una forte vocazione”.
“Terzo: coinvolgimento capillare di tutte le forze presenti in città”, continua Bazoli: “È la città che deve crederci, animarsi. Ci vuole una regia forte che sia capace di motivare e trainare gli altri, e non possono che essere le istituzioni culturali ad assumere la leadership. Ma serve anche la partecipazione di tutti, dagli attori economici alle associazioni e fondazioni più piccole, fino ai singoli cittadini”.
Basilica di San Salvatore, Museo di Santa Giulia: Fabrizio Plessi, Plessi sposa Brixia, 2023 | Courtesy © Fondazione Brescia Musei | Foto: Petrò Gilberti
È il direttore di Brescia Musei a indicare il quarto punto: “Benché la Capitale della Cultura non premi necessariamente le bellezze artistiche e monumentali di una città, nella progettazione degli eventi è sempre necessario partire dai valori distintivi del patrimonio materiale e immateriale di quel luogo. A Bergamo e a Brescia, per esempio, le due principali mostre d'arte - rispettivamente su Cecco del Caravaggio e su Giacomo Ceruti - sono state progetti fortemente identitari, legati alla storia e alla cultura del territorio”.
La quinta regola d’oro arriva infine dalla presidente: “Immaginare fin da subito la legacy, la possibile eredità dell’esperienza di Capitale della Cultura. Sapere dove si vuole arrivare già prima di partire”.
Brescia ha avuto la fortuna di poter contare su una realtà imprenditoriale e industriale molto solida, che da anni sostiene la cultura secondo un efficiente modello organizzativo. Che cosa suggerireste a chi non dispone di queste risorse?
“Se non dispongono di uno strumento di governo del patrimonio e delle attività culturali come quello rappresentato dalla Fondazione Brescia Musei, potrebbe essere l'occasione propizia per dotarsene”, afferma Karadjov. “Difficile arrivarci in breve tempo, ma sarebbe necessario costituire almeno un tavolo temporaneo, un po' come fece Parma in vista del 2020. Un primo passo può essere quello di un accordo di programma tra i principali attori pubblici e privati. Come avvenne negli anni Novanta a Brescia, un caso emblematico nella gestione dei beni culturali, con la collaborazione tra la fondazione CAB e il Comune per il recupero e poi l'apertura del Museo di Santa Giulia: l’inizio del processo che ha portato all'istituzione di Brescia Musei”.
Che fare invece se non si ha alle spalle un contesto economicamente florido?
“La cultura non è mai ombelicale, non bisogna limitarsi a guardare al proprio territorio”, osserva il direttore: “Essendo protagonista del più importante evento culturale dell'anno in Italia, la Capitale della Cultura può guardare a una realtà nazionale per trovare le risorse necessarie a sviluppare progetti che, almeno per quei dodici mesi, saranno di alto livello”.
Capitolium, Parco archeologico di Brescia Romana | Courtesy Fondazione Brescia Musei | Foto: Cristian Penocchio
Dopo l’avventura del 2023, Brescia guarda al futuro. Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
“Come anticipato dal direttore, abbiamo un grande programma di valorizzazione del patrimonio”, annuncia Bazoli: “In primis, il progetto di ristrutturazione e rifunzionalizzazione del Teatro Romano affidato a David Chipperfield, vincitore del Premio Pritzker 2023, una sorta di Nobel dell'architettura. L’avevamo chiamato prima che vincesse il premio e avevamo visto giusto: ha fatto il Neues Museum di Berlino, sta lavorando al Museo Archeologico di Atene, insomma un numero uno indiscusso per portare a termine la complessa opera di ricucitura fra Santa Giulia, il Tempio Capitolino, il Teatro Romano, Palazzo Maggi Gambara… La sfida è quella di riportare l’antico al centro della città contemporanea, renderlo parte sempre più viva delle nostre esistenze quotidiane. Da questo punto di vista, un teatro funzionante sarebbe straordinario in un’area storica così significativa. Il completamento della Pinacoteca è un altro dei progetti in cantiere.
Nel contempo continueremo a impegnarci per la valorizzazione identitaria della nostra città, anche nel senso di rendere i musei e i luoghi della cultura sempre più aperti alla partecipazione, snodi cruciali del welfare cittadino. È un’idea che abbiamo da tempo, maturata anche grazie a esperienze di riflessione come il ciclo di incontri Open Doors - I musei accessibili: lavorare sul ruolo del museo nella crescita della comunità in senso civile, come luogo di educazione e di integrazione, in una città dove convivono circa 150 etnie diverse”.
Da Capitale della Cultura avete puntato soprattutto su progetti originali. Un’esperienza destinata a proseguire con nuove produzioni made in Brescia?
“Presentare mostre ed eventi ‘nostri’ è stata una linea guida essenziale nell’anno di Bergamo-Brescia Capitale della Cultura. In questo senso, come Fondazione Brescia Musei abbiamo raggiunto una notevole maturità, supportata da un’altrettanto rilevante capacità di autoproduzione”, afferma la presidente Bazoli.
Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Profeti,1525 circa, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo | Courtesy Fondazione Brescia Musei
“Tra le eredità della Capitale della Cultura non poteva mancare un'offerta di qualità elevata anche per il 2024”, aggiunge il direttore Karadjov: “Quest'anno naturalmente gli eventi saranno meno numerosi, ma abbiamo in cantiere almeno due grandi progetti. A ottobre la mostra sul ‘Rinascimento inquieto’, con Savoldo, Romanino, Moretto, sarà la più grande dedicata dagli anni Ottanta ai maestri della pittura di realtà del territorio bresciano. La novità è che saranno reinterpretati completamente all’interno di un racconto della città nel primo cinquantennio del Cinquecento. Sarà un’esposizione di altissimo livello, con prestiti da tutta Europa e soprattutto dall’America, molti capolavori assoluti e uno sguardo nuovo, moderno e originale sulla città.
Il prossimo 8 marzo inaugurerà invece la settima edizione del Brescia Photo Festival, un appuntamento ormai molto conosciuto che attrae decine di migliaia di visitatori. Quest'anno presenteremo dei progetti davvero importanti. Festeggeremo il 90° compleanno di Franco Fontana con una straordinaria monografica realizzata in collaborazione con lui e con il suo studio: oltre 120 opere da ammirare in grande formato, rappresentative dei progetti più significativi di questo celebre fotografo.
A proposito di valori identitari del territorio, invece, il 28 maggio 2024 ricorreranno i 50 anni della strage di Piazza della Loggia. Il Photo Festival la ricorderà con un progetto inedito: una rilettura di quel tragico episodio della storia italiana, che in città naturalmente è ancora molto sentito, attraverso la poetica della frammentazione delle Polaroid di Maurizio Galimberti. Infine vedremo per la prima volta in un contesto museale gli scatti di uno dei più interessanti reporter di questi anni, Gabriele Micalizzi, inviato di guerra di rilievo internazionale che avrà al Museo di Santa Giulia la sua prima mostra di taglio
curatoriale”.
Franco Fontana, Texas, 1979, PQW Print, 100 × 144.5 cm | © Franco Fontana
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