Da ottobre 2024 a luglio 2025 a tu per tu con le Storie di San Francesco nella Cappella Bardi
Giotto come non lo abbiamo mai visto. Presto visite guidate sui ponteggi in Santa Croce per scoprire le sorprese del restauro
Giotto, Cappella Bardi in Santa Croce, Il transito di San Francesco (part.) in evidenza le prove di pennellata
Samantha De Martin
19/09/2024
Firenze - Bisognerà attendere l’estate del 2025 per vedere risplendere le Storie di San Francesco raccontate da Giotto nella Cappella Bardi in santa Croce, a Firenze, anche se il restauro ha già mostrato i suoi preziosi frutti.
A conclusione della prima fase del restauro avviato a giugno del 2022, che ha visto la collaborazione tra l’Opera di Santa Croce e l’Opificio delle Pietre Dure, con il contributo della Fondazione CR Firenze e dell’Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano (ARPAI), sono emerse preziose informazioni che svelano il metodo di lavoro dell’artista.
È venuta alla luce una decorazione precedente, probabilmente geometrica, mentre la termovisione ha permesso di individuare le buche pontaie, ed è stato possibile precisare l’andamento e la struttura dei palchi del cantiere giottesco.
Ulteriori tracce sono riconducibili alle sinopie e al disegno preparatorio, passaggi importanti per studiare la composizione pittorica delle scene sulle pareti. Giotto abbozzava inizialmente ciascuna scena per pianificare le “giornate” dell’intonaco sottile sul quale i pittori avrebbero in seguito steso i colori. Questa modalità consente di ricostruire il succedersi nel tempo del lavoro pittorico.
La Cappella Bardi porta avanti le sperimentazioni circa l’utilizzo misto di pittura a fresco e a secco, gestito da Giotto con straordinaria capacità progettuale e tecnica.
Restauratrice nella Cappella Bardi in Santa Croce
“Trovarsi al cospetto di Giotto, a diretto contatto con le Storie di San Francesco nella Cappella Bardi - commenta Cristina Acidini, presidente Opera di Santa Croce - costituisce un’opportunità culturale e scientifica irripetibile. Un restauro come questo ha davvero tanto da raccontare: riesce a far riemergere i particolari dell’impegnativo lavoro preparatorio dell’artista, la progettazione scenica coraggiosa, la generosità cromatica, l’intensità dei volti e delle immagini d’insieme. Elementi che il tempo aveva offuscato, a tratti cancellato, e che tornano alla luce anche grazie all’utilizzo di strumentazioni avanzatissime. Questo ambizioso progetto di restauro è reso possibile dalla stretta collaborazione dell’Opera di Santa Croce con l’Opificio delle Pietre Dure, che mette a disposizione il suo consolidato metodo e il suo speciale bagaglio di competenze. Mi sembra giusto, oggi, ricordare Marco Ciatti che ha contribuito a mettere le decisive premesse all’avvio di questo restauro. A lui e alla sua profonda capacità di valorizzare e trasferire preziose competenze per la cura del patrimonio artistico dobbiamo immensa gratitudine. L’intervento sulla Cappella Bardi, con la sua storia conservativa così tormentata, aggiunge sicuramente una nuova significativa pagina alla storia del restauro. Adesso si apre una fase di grande rilevanza, caratterizzata dal confronto sulle soluzioni conservative che consentiranno di restituire, in via definitiva, questo capolavoro all’umanità.”
L’intervento condotto sulle Storie di San Francesco descritte da Giotto nella Cappella Bardi in Santa Croce, resosi necessario a causa delle precarie condizioni conservative del ciclo, che arrivavano anche a occultarne una corretta leggibilità, inaugura un capitolo importante nella storia del restauro e permette di conoscere il maestro fiorentino e il suo operare.
Giotto, Cappella Bardi in Santa Croce, Rinuncia ai beni paterni, part. ante pulitura
Questa prima fase, ormai conclusa, ha permesso di ritrovare nella pittura di Giotto una straordinaria freschezza e una ricchezza di dettagli che è parte integrante dell’intensità del racconto. Come conferma la presenza delle giornate, la tecnica era programmaticamente quella dell’affresco, ma il pittore interveniva su questa base con colori stesi attraverso un legante organico, probabilmente l'uovo. In questo modo poteva contare su una gamma di colori più ampia, ottenere effetti di chiaroscuro e di tono più intensi, con esiti di spiccato realismo. Queste aree, in parte perdute, si possono ‘rivedere’ e apprezzare grazie alla nuova campagna fotografica in UV che può valersi oggi di una strumentazione molto raffinata. Il contatto ravvicinato con le pareti rivela dettagli che ci riportano accanto a Giotto e ai suoi aiuti, permettendoci di entrare nel vivo del lavoro, come nel caso delle pennellate di prova destinate a valutare il cambiamento di tono prodotto dall’asciugatura dell’intonaco, che sarebbero poi scomparse alla vista con la stesura cromatica a secco, e che oggi risultano visibili proprio per la perdita di queste campiture, come risulta evidente ne Il transito di San Francesco.
Il progetto - il cui comitato scientifico presieduto da Cristina Acidini raccoglie esperti di restauro e alcuni tra i massimi studiosi dell’opera di Giotto - viene da lontano e nasce dalla determinazione di Marco Ciatti, già Soprintendente dell’Opificio, che mise a punto e firmò il primo accordo tra OPD, Opera di Santa Croce e ARPAI per il sostegno all’intervento. Ma c’è di più.
Il restauro, che durerà fino a luglio 2025, darà al pubblico la possibilità di salire sui ponti insieme a Giotto per ricostruire fasi operative e scelte di cantiere, immaginando l’originaria ricchezza di colori ed effetti del capolavoro di un maestro maturo, realizzato sicuramente dopo il 1317, per il quale Giotto trasse ispirazione dalla vita di Francesco secondo la biografia di Bonaventura da Bagnoregio.
Da ottobre 2024 fino a luglio 2025 è prevista inoltre un’anteprima delle visite guidate nel cantiere di restauro, un regalo della Fondazione CR Firenze ad una parte territorio. L’iniziativa è su prenotazione obbligatoria, mentre tutte le informazioni si trovano sul sito fondazionecrfirenze.it.
Giotto, Transito di San Francesco, particolare dopo intervento di pulitura in attesa del ritocco
L’Opificio delle Pietre Dure ha fatto ricorso alle sue competenze consolidate utilizzando per il restauro le tecnologie più avanzate. Alle indagini strutturali, condotte attraverso un’innovativa apparecchiatura no-touch e raffinate con l’aiuto di una termocamera, ha fatto seguito un’accurata fase di documentazione fotografica ad alta risoluzione in luce diffusa, radente e ultravioletta. Sulla base di un rilievo laser scanner è stato ottenuto il modello HBIM 3D dell’intera cappella sul quale integrare tutte le successive analisi.
La cappella ha attraversato vicende conservative tormentate. Addirittura nel 1730, considerate ormai fuori moda, le pitture murali di Giotto vennero nascoste, coperte da uno “scialbo”, cioè da un’imbiancatura a calce. All’inizio dell’Ottocento l’inserimento di due monumenti funerari all’altezza del registro inferiore delle pareti laterali provocarono perdite irrimediabili. Solo nel 1851, dopo ben centoventi anni, la forza comunicativa di Giotto e del suo Francesco fiorentino fu riscoperta grazie al riemergere di porzioni della pittura trecentesca, quando uno tra i più celebri restauratori del tempo, Gaetano Bianchi, ne riportò alla luce le pitture.
Adesso, in attesa dell’ultima fase del restauro, si apre il confronto sul futuro, un dibattito che, pur senza nascondere i segni delle vicende storiche e conservative subite da un’opera capitale, permetterà di leggere in tutta la loro ricchezza le straordinarie invenzioni, soprattutto spaziali, che caratterizzano il grande intervento di Giotto.
A conclusione della prima fase del restauro avviato a giugno del 2022, che ha visto la collaborazione tra l’Opera di Santa Croce e l’Opificio delle Pietre Dure, con il contributo della Fondazione CR Firenze e dell’Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano (ARPAI), sono emerse preziose informazioni che svelano il metodo di lavoro dell’artista.
È venuta alla luce una decorazione precedente, probabilmente geometrica, mentre la termovisione ha permesso di individuare le buche pontaie, ed è stato possibile precisare l’andamento e la struttura dei palchi del cantiere giottesco.
Ulteriori tracce sono riconducibili alle sinopie e al disegno preparatorio, passaggi importanti per studiare la composizione pittorica delle scene sulle pareti. Giotto abbozzava inizialmente ciascuna scena per pianificare le “giornate” dell’intonaco sottile sul quale i pittori avrebbero in seguito steso i colori. Questa modalità consente di ricostruire il succedersi nel tempo del lavoro pittorico.
La Cappella Bardi porta avanti le sperimentazioni circa l’utilizzo misto di pittura a fresco e a secco, gestito da Giotto con straordinaria capacità progettuale e tecnica.
Restauratrice nella Cappella Bardi in Santa Croce
“Trovarsi al cospetto di Giotto, a diretto contatto con le Storie di San Francesco nella Cappella Bardi - commenta Cristina Acidini, presidente Opera di Santa Croce - costituisce un’opportunità culturale e scientifica irripetibile. Un restauro come questo ha davvero tanto da raccontare: riesce a far riemergere i particolari dell’impegnativo lavoro preparatorio dell’artista, la progettazione scenica coraggiosa, la generosità cromatica, l’intensità dei volti e delle immagini d’insieme. Elementi che il tempo aveva offuscato, a tratti cancellato, e che tornano alla luce anche grazie all’utilizzo di strumentazioni avanzatissime. Questo ambizioso progetto di restauro è reso possibile dalla stretta collaborazione dell’Opera di Santa Croce con l’Opificio delle Pietre Dure, che mette a disposizione il suo consolidato metodo e il suo speciale bagaglio di competenze. Mi sembra giusto, oggi, ricordare Marco Ciatti che ha contribuito a mettere le decisive premesse all’avvio di questo restauro. A lui e alla sua profonda capacità di valorizzare e trasferire preziose competenze per la cura del patrimonio artistico dobbiamo immensa gratitudine. L’intervento sulla Cappella Bardi, con la sua storia conservativa così tormentata, aggiunge sicuramente una nuova significativa pagina alla storia del restauro. Adesso si apre una fase di grande rilevanza, caratterizzata dal confronto sulle soluzioni conservative che consentiranno di restituire, in via definitiva, questo capolavoro all’umanità.”
L’intervento condotto sulle Storie di San Francesco descritte da Giotto nella Cappella Bardi in Santa Croce, resosi necessario a causa delle precarie condizioni conservative del ciclo, che arrivavano anche a occultarne una corretta leggibilità, inaugura un capitolo importante nella storia del restauro e permette di conoscere il maestro fiorentino e il suo operare.
Giotto, Cappella Bardi in Santa Croce, Rinuncia ai beni paterni, part. ante pulitura
Questa prima fase, ormai conclusa, ha permesso di ritrovare nella pittura di Giotto una straordinaria freschezza e una ricchezza di dettagli che è parte integrante dell’intensità del racconto. Come conferma la presenza delle giornate, la tecnica era programmaticamente quella dell’affresco, ma il pittore interveniva su questa base con colori stesi attraverso un legante organico, probabilmente l'uovo. In questo modo poteva contare su una gamma di colori più ampia, ottenere effetti di chiaroscuro e di tono più intensi, con esiti di spiccato realismo. Queste aree, in parte perdute, si possono ‘rivedere’ e apprezzare grazie alla nuova campagna fotografica in UV che può valersi oggi di una strumentazione molto raffinata. Il contatto ravvicinato con le pareti rivela dettagli che ci riportano accanto a Giotto e ai suoi aiuti, permettendoci di entrare nel vivo del lavoro, come nel caso delle pennellate di prova destinate a valutare il cambiamento di tono prodotto dall’asciugatura dell’intonaco, che sarebbero poi scomparse alla vista con la stesura cromatica a secco, e che oggi risultano visibili proprio per la perdita di queste campiture, come risulta evidente ne Il transito di San Francesco.
Il progetto - il cui comitato scientifico presieduto da Cristina Acidini raccoglie esperti di restauro e alcuni tra i massimi studiosi dell’opera di Giotto - viene da lontano e nasce dalla determinazione di Marco Ciatti, già Soprintendente dell’Opificio, che mise a punto e firmò il primo accordo tra OPD, Opera di Santa Croce e ARPAI per il sostegno all’intervento. Ma c’è di più.
Il restauro, che durerà fino a luglio 2025, darà al pubblico la possibilità di salire sui ponti insieme a Giotto per ricostruire fasi operative e scelte di cantiere, immaginando l’originaria ricchezza di colori ed effetti del capolavoro di un maestro maturo, realizzato sicuramente dopo il 1317, per il quale Giotto trasse ispirazione dalla vita di Francesco secondo la biografia di Bonaventura da Bagnoregio.
Da ottobre 2024 fino a luglio 2025 è prevista inoltre un’anteprima delle visite guidate nel cantiere di restauro, un regalo della Fondazione CR Firenze ad una parte territorio. L’iniziativa è su prenotazione obbligatoria, mentre tutte le informazioni si trovano sul sito fondazionecrfirenze.it.
Giotto, Transito di San Francesco, particolare dopo intervento di pulitura in attesa del ritocco
L’Opificio delle Pietre Dure ha fatto ricorso alle sue competenze consolidate utilizzando per il restauro le tecnologie più avanzate. Alle indagini strutturali, condotte attraverso un’innovativa apparecchiatura no-touch e raffinate con l’aiuto di una termocamera, ha fatto seguito un’accurata fase di documentazione fotografica ad alta risoluzione in luce diffusa, radente e ultravioletta. Sulla base di un rilievo laser scanner è stato ottenuto il modello HBIM 3D dell’intera cappella sul quale integrare tutte le successive analisi.
La cappella ha attraversato vicende conservative tormentate. Addirittura nel 1730, considerate ormai fuori moda, le pitture murali di Giotto vennero nascoste, coperte da uno “scialbo”, cioè da un’imbiancatura a calce. All’inizio dell’Ottocento l’inserimento di due monumenti funerari all’altezza del registro inferiore delle pareti laterali provocarono perdite irrimediabili. Solo nel 1851, dopo ben centoventi anni, la forza comunicativa di Giotto e del suo Francesco fiorentino fu riscoperta grazie al riemergere di porzioni della pittura trecentesca, quando uno tra i più celebri restauratori del tempo, Gaetano Bianchi, ne riportò alla luce le pitture.
Adesso, in attesa dell’ultima fase del restauro, si apre il confronto sul futuro, un dibattito che, pur senza nascondere i segni delle vicende storiche e conservative subite da un’opera capitale, permetterà di leggere in tutta la loro ricchezza le straordinarie invenzioni, soprattutto spaziali, che caratterizzano il grande intervento di Giotto.
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