Presentata in Santa Croce la pala di “Cristo che ascende al Calvario”
L’omaggio di Vasari a Michelangelo: le sorprese di un restauro

Giorgio Vasari, Cristo che ascende al Calvario e incontra la Veronica, 1572. Courtesy Opera di Santa Croce, Firenze
Francesca Grego
26/11/2018
Firenze - Uno dei momenti più drammatici dei Vangeli prende forma in una scena dinamica e concitata, mentre i volti dei grandi dell’arte affiorano tra i colori del Manierismo fiorentino: è la pala di Cristo che ascende al Calvario e incontra la Veronica, che Giorgio Vasari realizzò per la tomba di Michelangelo in Santa Croce, ora finalmente visibile dopo un importante restauro.
Sotto gli occhi dei visitatori della Basilica di Santa Croce, i restauratori hanno cancellato i segni del tempo e dell’alluvione che 1966 danneggiò gravemente il dipinto, portando alla luce particolari inattesi. Si chiude così il progetto In the Name of Michelangelo, che attraverso a una riuscita operazione di fundraising ha restituito all’antico splendore anche il monumento funebre progettato da Vasari per “l’amico caro, il divino e meraviglioso artista”. Un successo che ha superato le aspettative, mobilitando in poco tempo 127 donors in 13 paesi del mondo: se la parte del leone l’hanno fatta i mecenati statunitensi, il nome di Michelangelo ha attratto contributi anche da Italia, Gran Bretagna, Canada, Filippine, Austria, Germania, Finlandia, Spagna, Norvegia, Repubblica Ceca, Australia e Perù.
Grazie all’intervento diretto da Maria Teresa Castellano per l’Opera di Santa Croce, la pala vasariana torna leggibile in ogni dettaglio. Tra le scoperte più interessanti, il volto di Michelangelo “celato” sotto le sembianze di Nicodemo: rivolto in direzione della sua tomba, il genio fiorentino è riconoscibile dal caratteristico profilo del naso e dalla capigliatura ricciuta. A pochi passi, la conferma è nel busto derivato dall’opera che Daniele da Volterra eseguì sulla base della maschera mortuaria dell’artista.
Ma l’omaggio di Vasari a Michelangelo si concretizza anche attraverso ricercate citazioni: una delle pie donne, per esempio, riprende le fattezze della Sibilla Libica della Cappella Sistina. La storica dell’arte Sally Cornelison, docente alla Syracuse University, ha infine rintracciato nel dipinto anche un ritratto di Rosso Fiorentino, nei panni di Giuseppe d’Arimatea con un copricapo vermiglio. Vasari aveva imparato a stimarlo frequentandone la bottega: “Per molte cagioni – scrisse nelle Vite – ha meritato e merita di essere ammirato come veramente eccellentissimo”.
Riprende dunque vita nel suo insieme inscindibile il complesso commissionato da Cosimo de’ Medici e voluto da Lionardo Buonarroti, nipote ed erede dell’artista che riuscì a riportarne le spoglie da Roma a Firenze in una rocambolesca avventura.
Leggi anche:
• In the Name of Michelangelo: restaurata la tomba dell’artista
• Restaurata la culla della Maniera cinquecentesca: tornano a brillare Pontormo e Rosso Fiorentino
• Tour nei luoghi dove visse e lavorò Michelangelo
Sotto gli occhi dei visitatori della Basilica di Santa Croce, i restauratori hanno cancellato i segni del tempo e dell’alluvione che 1966 danneggiò gravemente il dipinto, portando alla luce particolari inattesi. Si chiude così il progetto In the Name of Michelangelo, che attraverso a una riuscita operazione di fundraising ha restituito all’antico splendore anche il monumento funebre progettato da Vasari per “l’amico caro, il divino e meraviglioso artista”. Un successo che ha superato le aspettative, mobilitando in poco tempo 127 donors in 13 paesi del mondo: se la parte del leone l’hanno fatta i mecenati statunitensi, il nome di Michelangelo ha attratto contributi anche da Italia, Gran Bretagna, Canada, Filippine, Austria, Germania, Finlandia, Spagna, Norvegia, Repubblica Ceca, Australia e Perù.
Grazie all’intervento diretto da Maria Teresa Castellano per l’Opera di Santa Croce, la pala vasariana torna leggibile in ogni dettaglio. Tra le scoperte più interessanti, il volto di Michelangelo “celato” sotto le sembianze di Nicodemo: rivolto in direzione della sua tomba, il genio fiorentino è riconoscibile dal caratteristico profilo del naso e dalla capigliatura ricciuta. A pochi passi, la conferma è nel busto derivato dall’opera che Daniele da Volterra eseguì sulla base della maschera mortuaria dell’artista.
Ma l’omaggio di Vasari a Michelangelo si concretizza anche attraverso ricercate citazioni: una delle pie donne, per esempio, riprende le fattezze della Sibilla Libica della Cappella Sistina. La storica dell’arte Sally Cornelison, docente alla Syracuse University, ha infine rintracciato nel dipinto anche un ritratto di Rosso Fiorentino, nei panni di Giuseppe d’Arimatea con un copricapo vermiglio. Vasari aveva imparato a stimarlo frequentandone la bottega: “Per molte cagioni – scrisse nelle Vite – ha meritato e merita di essere ammirato come veramente eccellentissimo”.
Riprende dunque vita nel suo insieme inscindibile il complesso commissionato da Cosimo de’ Medici e voluto da Lionardo Buonarroti, nipote ed erede dell’artista che riuscì a riportarne le spoglie da Roma a Firenze in una rocambolesca avventura.
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