Dal 13 novembre al 30 aprile a Palazzo Reale
Un Michelangelo a Palazzo dei Normanni
Il Cristo Portacroce Giustiniani
Samantha De Martin
11/11/2025
Palermo - Un Cristo radioso in marmo di Carrara si innalza negli Appartamenti di Palazzo Reale portando a Palermo l’estetica sublime del grande Michelangelo.
L’imponente scultura fu attribuita al maestro soltanto a partire dal 2001 grazie alla studiosa Silvia Danesi Squarzina e della sua allora allieva Irene Baldriga, che riconobbero nella statua la prima versione di un altro Cristo, quello commissionato a Michelangelo Buonarroti da Metello Vari per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma.
Dal 13 novembre al 30 aprile, grazie alla Fondazione Federico II, il Cristo Risorto Portacroce Giustiniani continuerà a sedurre anche il pubblico siciliano con la sua storia e l’attribuzione che hanno da sempre generato un fervido interesse tra gli studiosi. Perché forse quella imperfezione che tanto fece dannare il Buonarroti rende il Cristo incredibilmente umano. Quella “vena” nera sul volto, un difetto naturale del marmo, era apparsa agli occhi dell’artista come una grave imperfezione al tal punto da indurlo a lasciare l'opera incompleta. Michelangelo avrebbe donato la scultura a Metello Vari, che l’avrebbe collocata nel giardino della propria residenza a Roma. Negli anni si perse ogni traccia documentaria della statua fino a quando, nel 1607, alcune lettere ne attestarono la presenza sul mercato dell’arte. Nel 1638 il marchese Vincenzo Giustiniani acquistò il marmo non finito che, secondo una tesi assai accreditata, fu fatto completare da uno scultore di sua fiducia, riconducibile al giovane Gian Lorenzo Bernini. Oggi l’opera, arrivata a Palermo da Osaka, è custodita nella Cappella del Cristo Portacroce del Santuario al Volto Santo a Bassano Romano, in provincia di Viterbo.
Il Cristo Portacroce Giustiniani
“Attraverso una donazione - spiega Duverly Berckus Goma, priore conventuale del Monastero San Vincenzo Bassano - avvenuta negli anni immediatamente seguenti al secondo dopoguerra, infatti, la Congregazione Benedettina Silvestrina ricevette un terreno di cinque ettari nel paese di Bassano Romano, sulla cima di una collinetta dove sorgeva una chiesa abbandonata. Quando i Monaci cominciarono i lavori di riparazione della chiesa emerse dalla foresta di rovi una statua di marmo di un Cristo nudo posta su un’edicola sopra l’altare maggiore. I rovi l’avevano nascosta alla vista per secoli. In seguito dagli archivi di Palazzo Giustiniani a Roma emersero documenti, tra cui l’inventario della collezione d’arte di Vincenzo Giustiniani, che fecero ipotizzare l’attribuzione a Michelangelo, che divenne certezza all’inizio degli anni 2000, quando un intervento di pulitura rivelò la venatura nera sul volto della statua, corrispondente a quella descritta da Ulisse Aldrovandi nel 1556”.

Il Cristo Portacroce Giustiniani
A Palermo la fruizione della visita da parte dei visitatori è valorizzata da un allestimento ad hoc oltre che dal progetto di light design di ERCO.
Ideata, organizzata e curata dalla Fondazione Federico II, in collaborazione con l’Assemblea Regionale Siciliana, il Monastero San Vincenzo Martire – Monaci Benedettini Silvestrini, il Ministero per la tutela del Patrimonio culturale, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, la mostra è visitabile dal giovedì al lunedì.
“La Sicilia - dichiara Gaetano Galvagno, presidente della Fondazione Federico II - accoglie questo capolavoro di Michelangelo e lo fa con un’opera rappresentativa della scultura rinascimentale. Allo stesso tempo il Cristo Risorto descrive appieno il legame profondo tra la storia culturale italiana e la spiritualità universale”.
L’imponente scultura fu attribuita al maestro soltanto a partire dal 2001 grazie alla studiosa Silvia Danesi Squarzina e della sua allora allieva Irene Baldriga, che riconobbero nella statua la prima versione di un altro Cristo, quello commissionato a Michelangelo Buonarroti da Metello Vari per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma.
Dal 13 novembre al 30 aprile, grazie alla Fondazione Federico II, il Cristo Risorto Portacroce Giustiniani continuerà a sedurre anche il pubblico siciliano con la sua storia e l’attribuzione che hanno da sempre generato un fervido interesse tra gli studiosi. Perché forse quella imperfezione che tanto fece dannare il Buonarroti rende il Cristo incredibilmente umano. Quella “vena” nera sul volto, un difetto naturale del marmo, era apparsa agli occhi dell’artista come una grave imperfezione al tal punto da indurlo a lasciare l'opera incompleta. Michelangelo avrebbe donato la scultura a Metello Vari, che l’avrebbe collocata nel giardino della propria residenza a Roma. Negli anni si perse ogni traccia documentaria della statua fino a quando, nel 1607, alcune lettere ne attestarono la presenza sul mercato dell’arte. Nel 1638 il marchese Vincenzo Giustiniani acquistò il marmo non finito che, secondo una tesi assai accreditata, fu fatto completare da uno scultore di sua fiducia, riconducibile al giovane Gian Lorenzo Bernini. Oggi l’opera, arrivata a Palermo da Osaka, è custodita nella Cappella del Cristo Portacroce del Santuario al Volto Santo a Bassano Romano, in provincia di Viterbo.
Il Cristo Portacroce Giustiniani
“Attraverso una donazione - spiega Duverly Berckus Goma, priore conventuale del Monastero San Vincenzo Bassano - avvenuta negli anni immediatamente seguenti al secondo dopoguerra, infatti, la Congregazione Benedettina Silvestrina ricevette un terreno di cinque ettari nel paese di Bassano Romano, sulla cima di una collinetta dove sorgeva una chiesa abbandonata. Quando i Monaci cominciarono i lavori di riparazione della chiesa emerse dalla foresta di rovi una statua di marmo di un Cristo nudo posta su un’edicola sopra l’altare maggiore. I rovi l’avevano nascosta alla vista per secoli. In seguito dagli archivi di Palazzo Giustiniani a Roma emersero documenti, tra cui l’inventario della collezione d’arte di Vincenzo Giustiniani, che fecero ipotizzare l’attribuzione a Michelangelo, che divenne certezza all’inizio degli anni 2000, quando un intervento di pulitura rivelò la venatura nera sul volto della statua, corrispondente a quella descritta da Ulisse Aldrovandi nel 1556”.

Il Cristo Portacroce Giustiniani
A Palermo la fruizione della visita da parte dei visitatori è valorizzata da un allestimento ad hoc oltre che dal progetto di light design di ERCO.
Ideata, organizzata e curata dalla Fondazione Federico II, in collaborazione con l’Assemblea Regionale Siciliana, il Monastero San Vincenzo Martire – Monaci Benedettini Silvestrini, il Ministero per la tutela del Patrimonio culturale, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, la mostra è visitabile dal giovedì al lunedì.
“La Sicilia - dichiara Gaetano Galvagno, presidente della Fondazione Federico II - accoglie questo capolavoro di Michelangelo e lo fa con un’opera rappresentativa della scultura rinascimentale. Allo stesso tempo il Cristo Risorto descrive appieno il legame profondo tra la storia culturale italiana e la spiritualità universale”.
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