In mostra dal 14 novembre al 15 febbraio

Michelangelo e Bologna, una storia da rivivere a Palazzo Fava

Michelangelo e Bologna, il genio e la città: Michelangelo Buonarroti, Angelo reggicandelabro, Arca di San Domenico, Bologna I Courtesy Carisbo
 

Francesca Grego

14/11/2025

Bologna - Non solo Firenze e Roma: anche a Bologna Michelangelo trascorse anni importanti della sua vita, lasciando opere indimenticabili. A 550 anni dalla nascita del genio rinascimentale, la città felsinea lo celebra in una grande mostra a Palazzo Fava: un’occasione per scoprire il maestro fuori dai circuiti più battuti, a partire dai suoi legami con il capoluogo emiliano. 

Curata da Cristina Acidini e Alessandro Cecchi, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Casa Buonarroti di Firenze, promossa da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e prodotta da Opera Laboratori, dal 14 novembre 2025 al 15 febbraio 2026 Michelangelo e Bologna, il genio e la città riunisce in uno dei luoghi chiave del Rinascimento bolognese oltre 50 opere, tra sculture, disegni, calchi storici, libri antichi e rari documenti d’archivio scelti per ricostruire i trascorsi dell’artista nella città turrita. Ma non finisce qui: altre sorprese attendono i visitatori fuori dalle mura di Palazzo Fava. 
“Michelangelo e Bologna non è solo una mostra, ma un invito a rileggere alcuni luoghi della nostra città”, spiegano Patrizia Pasini, presidente della Fondazione Carisbo, e Renzo Servadei, amministratore unico di Genus Bononiae: “Il progetto si dipana per le vie e le piazze urbane, invitando i visitatori a riscoprire i luoghi in cui l’eredità di Michelangelo e del Rinascimento bolognese è ancora visibile: dalla basilica di San Domenico a quella di San Petronio all’oratorio di Santa Cecilia, fino alla Pinacoteca Nazionale. La mostra, così intesa, non si esaurisce nello spazio espositivo, ma si estende nel contesto urbano, contribuendo a rafforzare il senso di appartenenza e di identità collettiva”.

Il Buonarroti fu a Bologna in due fasi fondamentali della sua vita, da giovane in fuga e da artista affermato. La prima visita risale al 1494, poco prima della cacciata dei Medici da Firenze, quando Michelangelo trova rifugio nella città felsinea e riceve prestigiose commissioni per la Basilica di San Domenico: in mostra le sculture di San Procolo, dell’Angelo reggicandelabro e di San Petronio sono le testimonianze del suo primo confronto con la scultura emiliana. Il talento precoce dell’artista è invece già evidente nel rilievo della Madonna della Scala, di poco precedente la partenza da Firenze ed eccezionalmente concesso in prestito da Casa Buonarroti. 

In questo periodo a Bologna dominano i Bentivoglio, potente famiglia che, tra Quattrocento e Cinquecento, promuove in città un vivace clima culturale. Ospite di Giovan Francesco Aldrovandi, l’artista è introdotto in un ambiente cosmopolita e stimolante. In città desta la sua ammirazione la Porta Magna della Basilica di San Petronio del maestro toscano Jacopo della Quercia, che gli sarà di ispirazione per alcune figure della Cappella Sistina.

“L’anno o poco più trascorso nel palazzo Aldrovandi di Borgo Galliera”, raccontano i curatori Cristina Acidini e Alessandro Cecchi, “sarà determinante per la sua formazione e gli consentirà di coltivare gli studi artistici e letterari e di entrare in contatto con la vivace realtà culturale bolognese. L’incontro con la tradizione plastica centroitaliana e padana fornisce al giovane scultore un repertorio formale e iconografico destinato a riemergere, profondamente rielaborato, nelle imprese maggiori della maturità, prima fra tutte la volta della Cappella Sistina”. 
Lungo il percorso della mostra, ritratti, opere d’arte, documenti e oggetti d’epoca illustrano l’impatto che Bologna ebbe sulla crescita di Michelangelo e sui suoi primi rapporti con il potere.

Il secondo soggiorno, tra il 1506 e il 1508, vede il genio ormai maturo e sempre inquieto rispondere a un invito di papa Giulio II, preludio alla colossale impresa della Cappella Sistina. Dopo aver assoggettato Bologna allo Stato della Chiesa, il pontefice richiama in città alcuni grandi artisti dell’epoca, avviando una nuova stagione del Rinascimento felsineo. A Michelangelo chiede una monumentale statua bronzea che lo rappresenti, destinata alla facciata di San Petronio. La sfida è notevole e la storia della scultura, oggi perduta, riflette il rapporto complesso e appassionato tra l’artista e il pontefice, il difficile equilibrio tra arte e potere, tensione e grandezza che accompagnerà Michelangelo per tutta la vita. In mostra oltre 30 lettere autografe dell’artista raccontano le difficoltà della vita quotidiana nella Bologna cinquecentesca, aggravate da una recrudescenza della peste, accanto alla complessa genesi della statua. Da non perdere, infine, è un disegno originale del maestro, studio per la tomba di Giulio II.

“Michelangelo non è un monumento immobile ma un artista vivo, in continuo dialogo con il proprio tempo e con la tradizione”, concludono i curatori: “In questa prospettiva, a cinquecentocinquant’anni dalla nascita, l’omaggio a Michelangelo assume il valore di un’indagine storica e critica sul suo percorso e sulla sua eredità, restituendo il senso profondo di un dialogo, quello fra l’artista e Bologna, che seppe incidere con forza nella storia dell’arte moderna”.