A Firenze dal 7 novembre al 7 gennaio

La rivoluzione delle immagini di Ejzenštejn porta agli Uffizi la settima arte

Sergej M. Ejzenštejn, Leonardo, 1931, matita su carta, Archivio Statale di Letteratura e Arte di Mosca (RGALI)
 

Samantha De Martin

07/11/2017

Firenze - La settima arte debutta agli Uffizi nel nome di Sergej Ėjzenštejn. La rivoluzione compiuta dal multiforme estro del regista, disegnatore e rivoluzionario della cultura del Novecento - raccontata attraverso una mostra a Firenze in occasione del centenario della Rivoluzione russa - ha avuto sulle immagini gli stessi effetti che la sollevazione del 1917 ha generato tra gli assetti sociali, politici ed economici dell’impero russo, con in più la capacità di durare nel tempo ispirando generazioni di artisti.
Perché il nome del cineasta di Riga, tra i più influenti della storia del cinema per via dei suoi lavori rivoluzionari, per l'uso innovativo del montaggio e la composizione formale dell'immagine, non è soltanto sinonimo di capolavori come la Corazzata Potëmkin o Ottobre. C’è un filo rosso che collega il pioniere del montaggio - amante delle storie con al centro le grandi questioni sociali ed i conflitti di classe - all’arte italiana del tardo Medioevo e del Rinascimento. E che sarà ripercorso, dal 7 novembre al 7 gennaio, nelle Sale di Levante presso la Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi attraverso 72 lavori grafici provenienti dall'archivio Statale di Letteratura e Arte di Mosca (Rgali), e realizzati da Eizenstein tra gli anni Trenta e il 1948.
Si tratta di disegni caratterizzati da una linearità stilistica che rimanda al Trecento e al Quattrocento, pur collocandosi a pieno titolo nel clima artistico del periodo, tra echi surrealisti e deformazioni neo espressioniste.

«La tecnica del disegno basato sul puro contorno - scrive Eike D. Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, nel suo testo in catalogo - naturalmente richiama il periodo di massima fioritura di quella formula grafica, ovvero il periodo neoclassico, che coincide con quello della corrente filosofica dell’idealismo tedesco e quindi anche hegeliana, che fu adattato da Ejzenštejn dopo l’arrivo in Messico. Alcuni disegni richiamano i nudi femminili di Cézanne, in particolare le bagnanti sulle rive nei suoi paesaggi. È tuttavia lampante e perfettamente riconoscibile il modello estetico principale per le Parche che ballano e si distendono in maniera espressiva, ovvero La Danse di Henri Matisse (1910), che oggi si trova all’Hermitage di San Pietroburgo, ma che Ejzenštejn certamente ammirò e studiò nel Museo statale dell’arte moderna occidentale a Mosca, dove l’opera era stata trasportata dalla casa privata di Sergei Šchukin dopo la Grande Rivoluzione».

In questo inedito palcoscenico su cui arte e cinema si incontrano, scene e dettagli di Sciopero, de La corazzata Potëmkin e Aleksandr Nevskije incrociano alcuni particolari tratti dall’Adorazione dei Magi e dall’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, svelando significative assonanze.

Il cinema di Ejzenštejn trova un principio regolatore nell’antica arte del disegno. Il suo immaginario arricchiva la produzione di cinema e disegni tramite il costante confronto con alcuni esempi del Rinascimento italiano conservati agli Uffizi, quali la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, o attraverso la meditazione sui lavori di un grande fiorentino come Leonardo da Vinci, in particolare sul celebre Cenacolo. Nel percorso espositivo questo complesso intreccio si avvale del montaggio che funge da amalgama e che descrive un cammino in un crescendo che, dalle singole e veloci inquadrature presenti nella prima sala, conduce ai fotogrammi della seconda, fino alla quarta. La quinta sala è una sorta di approdo della carriera e della vita del cineasta, con le ultime meditazioni in grafica che si abbinano alle immagini ironiche e quotidiane dell’uomo Ejzenštejn, tramandate da video d’archivio.

Per Sergej Ejzenštejn, che si rammaricava spesso di non aver mai potuto mettere piede agli Uffizi, questa mostra sarà l’occasione per accogliere l’illustre regista nel grande tempio dell’arte che lo ha ispirato.

Leggi anche:

• Ejzenštejn. La rivoluzione delle immagini


• Ejzenštejn. L'antropologia del ritmo



COMMENTI