Black Diamond

Black Diamond
 

25/02/2004

In Danimarca il concetto di spazio, come insegna la scuola nordica è valore primario, assoluto, in costante relazione con la natura. Raramente nelle architetture scandinave si ha la sensazione di essere limitati da una parete o da un materiale, di essere chiusi, contenuti in un edificio. Quasi sempre infatti l’architettura funziona da cornice della vita e dello sviluppo e si sviluppa non come forma a sé, ma come spazio organizzatore, creato dal rapporto luce-materiali. Legno, vetro, superfici riflettenti ricorrono nell’architettura scandinava, creando continuità tra spazio abitato e natura. “Creare lo spazio è creare identità, che è la base della realtà e dell’esistenza” dichiarano gli architetti del Black Diamond. Vincitori del concorso europeo indetto dal governo danese, Schmidt, Hammer & Lassen hanno progettato il Black Diamond. La nuova ala della Royal Library di Copenhagen ne estende la struttura con un ponte che attraversa la strada fino ad arrivare al mare, nel porto, luogo storico risalente alle prime costruzioni di case di mille anni fa. Concettualmente il binomio antico-moderno è visualizzato dal forte contrasto tra i due edifici; una modernità non distruttiva, al contrario rispettosa del valore storico della Royal Library di Copenhagen . Attraversando il ponte trasparente, si ha la sensazione di varcare una porta temporale: dal design tecnologico del Black Diamond si entra in un mondo dove l’odore dei libri antichi e il suono del legno che scricchiola sono attributi delle memorie culturali che i vecchi e labirintici ballatoi custodiscono segretamente. Inaugurato nel settembre del 1999 il Black Diamond è costruito in vari materiali provenienti da tutto il mondo (i 2500 metri quadri di granito Absolute Black provegono dalle miniere dello Zimbabwe e sono stati lavorati nel nord Italia). Le facciate sono di vetro in modo che chi passa al di fuori (o chi guida sotto il ponte) abbia la sensazione di essere dentro l’edificio, ottenendo inoltre un’incredibile luminosità interna, aumentata dal legno chiaro del pavimento. L’architettura vista dal di fuori è solida, compatta, centrata, così da esprimere tutta la dignità del luogo. Le direzioni del movimento sono chiaramente visibili. All’interno, contrastante è l’espandersi verso l’esterno dello spazio dell’atrio, ottenuta anche dall’alta parete e dal soffitto di vetro, mentre colpisce subito la libertà di forma e di movimento con cui sono strutturati i diversi livelli. Dal livello principale si ha la sensazione visiva di poter facilmente arrivare a tutti i luoghi e alle funzioni della libreria. Il ponte che porta alla Royal Library, luogo simbolico, è particolarmente curato, con una pittura dell’artista Per Kirkeby a decorarnee il soffitto. Le forme di questo luogo, l’annullamento delle barriere con l’esterno, l’effetto di sospensione, il traffico che scorre perennemente al di sotto, tutto ciò contribuisce ad arricchire l’esperienza del visitatore aggiungendo una sorta di alone magico. Il Black Diamond chiama a sè i suoi visitatori (non solo i fruitori) da tutta la città, come un tempio, un monolite nero che si collega al sapere del passato con un ponte sospeso nel vuoto, al di sopra dello scorrere incessante del tempo e racchiude nella sue preziose strutture tutta la forza trasparente delle visioni del futuro.

 
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