Cenni biografici

Berengo Gardin
 

28/11/2001

I primi approcci di Gianni Berengo Gardin con la macchina fotografica risalgono al periodo della guerra, quando nelle case, come ha raccontato, non si potevano tenere né armi né strumenti fotografici, e lui, dodicenne, ritenendolo assurdo, se ne andava in giro a fare foto. Nato nel 1930 a Santa Margherita Ligure, la passione per la fotografia comincia a livelli amatoriali per poi divenire una vocazione che lo spingerà a viaggiare in Svizzera, a Roma, a Venezia, a Parigi, dove conosce i fotografi francesi, e a Milano, dove poi si stabilirà definitivamente dal 1965, avviato alla carriera professionale. Questo, dopo aver fondato nel 1958 il gruppo "Il Ponte" con Paolo Magnifici, Carlo Mantovani, Carlo Trois, Giuseppe Brun, e aver visto, nel 1954, le sue prime foto di reportage pubblicate dal "Mondo" di Mario Pannunzio, con cui collaborerà fino al 1965 appunto. Berengo Gardin ha raccontato l’Italia e il mondo attraverso i reportage e le poliedriche collaborazioni, dall'Istituto Geografico de Agostani, al Touring Club Italiano, alle numerose industrie. Rigorosamente in bianco e nero, i colori che ha sempre usato, specifici del mezzo fotografico poiché “non distraggono, come il colore, sia il fotografo, sia chi guarda, dalla lettura in profondità dell’immagine” come afferma lo stesso Berengo Gardin. L’equilibrio compositivo delle sue immagini, derivante, secondo il fotografo ligure, dalla capacità di osservazione, può forse aver trovato delle corrispondenze nelle architetture di Renzo Piano, per il quale Berengo Gardin ha fotografato le fasi realizzative di diversi progetti in una collaborazione durata sino al 1979. Sicuramente l’occhio del fotografo ha per lui qualcosa in comune con quello dell’architetto (“quando tengo dei corsi e ci sono degli architetti, noto subito la predisposizione del loro occhio a fotografare”). Il suo sguardo sul mondo, sulle persone, sulla vita si è materializzato in pagine e pagine di libri, circa 200, tra monografie e opere collettive. Un tesoro visivo a cui Berengo Gardin ha dedicato una vita, pur non tralasciando le durevoli collaborazioni con le principali testate della stampa illustrata italiana ed estera. Molti sono stati i riconoscimenti internazionali, i premi ricevuti e le mostre personali italiane e non. Le sue immagini inoltre, fanno parte delle collezioni di diversi musei e fondazioni culturali ed hanno girato il mondo attraverso le sue numerose mostre personali. E’ l’acuta penna di Cesare Zavattini, una delle amicizie del fotografo, ritratto nella mostra, a darne in ogni modo il più vivace ritratto: “Pur non essendo un parlatore, Berengo Gardin ha delle parole improvvise, dei sorrisi ispirati e propone dei dialoghi ironici e formalmente diversi. Sembra si occupi d’altro fuorché di scelte, ma il suo occhio ha già messo incinta quel che c’è (noterete che siamo sempre nel linguaggio del creare) e infatti andrà poi a festeggiare il parto nella camera oscura con i suoi albori aurorali.”