Sei dipinti da leggere come dei rebus

Enigmi al femminile. Le misteriose dame di Leonardo

Leonardo da Vinci, Dama con l’Ermellino, 1487-1490 circa, Olio su tavola, 40.3 x 54.8 cm, Museo Nazionale di Cracovia
 

Francesca Grego

10/06/2020

Il sorriso lieve, le labbra appena dischiuse, lo sguardo sfuggente, oppure piantato negli occhi dello spettatore e tuttavia deciso a mantenere il segreto. Sono le dame di Leonardo, icone che 500 anni fa rivoluzionarono lo statuto del ritratto con il celebre sfumato, l’attitudine a indagare i “moti dell’animo”, le pose insolite, la prospettiva aerea innestata su paesaggi di ascendenza fiamminga. Basta uno sguardo e la mente si riempie di domande. Ma studiare non è sufficiente per dominarle. Nei dipinti del genio di Vinci un enigma tira l’altro: attribuzioni dubbie, identità nebulose, simboli e giochi di parole avvicinano l’arte ad un rompicapo.
Lanciamoci dunque nel regno del mistero con sei dame dipinte da Leonardo.


Leonardo da Vinci, Ritratto di Lisa Gherardini, sposa di Francesco del Giocondo, Detta Monna Lisa o La Gioconda, 1503-1519 circa, Olio su tavola di legno di pioppo, 77 x 53 cm, Parigi, Musée du Louvre

Monna Lisa
Con il suo sorriso ipnotico, la Gioconda ci sfida dalle dolci nebbie dello sfumato leonardesco. In molti hanno risposto al suo invito e fiumi di inchiostro sono stati sparsi nel tentativo di penetrarne gli enigmi. A più di 500 anni dalla nascita del celebre ritratto, il mistero è lungi dal diradarsi, a partire dall’identità della donna rappresentata: Lisa Gherardini, moglie del mercante Francesco del Giocondo, altre illustri signore del Cinquecento o Leonardo stesso sotto mentite spoglie? C’è chi ha rintracciato un codice segreto proprio tra le labbra della nobildonna, chi ha ipotizzato che Monna Lisa e la Gioconda siano in realtà le protagoniste di due quadri differenti, chi ha cercato una risposta confrontando le diverse copie del dipinto presenti nel mondo. Atti vandalici, rituali di idolatria e un furto clamoroso - nel 1911 si sospettò del poeta Guillaume Apollinaire e perfino Picasso fu sottoposto a interrogatorio - ne hanno alimentato la leggenda. Non resta che godersi la suspense: il mistero di Monna Lisa è parte del fascino di un’icona che ha catturato Banksy come Duchamp.


Leonardo da Vinci, Ritratto di dama (La Belle Ferronnière o Presunto ritratto di Lucrezia Crivelli), 1493-1495 circa, Olio su tavola di noce, 45 x 63 cm, Parigi, Musée du Louvre, Département des Peintures, Collezione dell’Imperatore Francesco

• La Belle Ferronnière
Chi è la dama in rosso che osa fare concorrenza alla Gioconda nelle sale del Louvre? Per lungo tempo è stata erroneamente identificata con Madame le Ferron, l’amante del re Francesco I di Francia. Colpa del titolo del dipinto, derivante in realtà dalla catenella con gioiello che cinge la fronte della protagonista. È proprio questo accessorio, insieme all’abito e all’acconciatura, a riportarci al di qua delle Alpi e precisamente a Milano, alla corte degli Sforza, dove Leonardo visse e lavorò. Per ironia della sorte il look introdotto in Lombardia da Beatrice d’Este, sposa del duca Ludovico, serve a far bella una delle amanti del Moro: forse la chiacchieratissima Lucrezia Crivelli, che fu anche damigella di Beatrice. Al di là dei dubbi sull’identità della dama, colpisce la sua espressione fredda e apparentemente distante, da cui traspare la fiamma di un’energica vitalità. Ma gli interrogativi non sono finiti. Il rossore sulla guancia della nobildonna è frutto di un’emozione o un riflesso del vestito? Perché il corpo è girato verso destra e la testa a sinistra? Chi è l’interlocutore invisibile che la spinge a voltarsi? Qual è il significato del parapetto che la separa dagli spettatori?

Potrete trovare alcune risposte nell’articolo che abbiamo dedicato alla Belle Ferronnière:
Una dama in rosso per Leonardo: la Belle Ferronnière



Leonardo da Vinci, La Scapigliata, 1500-1510 circa, olio su pannello, 21 x 24.6 cm, Parma, Galleria Nazionale. Secondo un’ipotesi l’artista potrebbe aver utilizzato quest'opera come studio per la Leda col cigno, oggi perduta

• La Scapigliata
Terra ombra, ambra inverdita, biacca e una grazia che incanta sono gli ingredienti profusi da Leonardo nella sua Scapigliata. A metà strada tra la pittura su tavola e il disegno preparatorio, secondo alcuni è un’opera incompiuta. Certamente è uno dei dipinti più misteriosi del genio rinascimentale: non sappiamo che cosa rappresenti, quando e per chi sia stato creato, né attraverso quante mani sia passato nel tempo. Fonti antiche collocano il suo primo domicilio a Mantova, nella camera di Margherita la Paleologa. Per averne di nuovo notizie dobbiamo aspettare quasi tre secoli: all’inizio dell’Ottocento ritroviamo la tavola a casa del pittore parmense Gaetano Callani, prima che i suoi eredi la vendano all’Accademia di Belle Arti di Parma. Gli occhi dolcemente socchiusi, le labbra delicate, i riccioli scomposti che emergono dal morbido chiaroscuro mostrano la finezza con cui Leonardo seppe trasferire in pittura i suoi studi sui moti dell’animo. Ma chi è la fanciulla rappresentata? C’è chi vi ha riconosciuto la Vergine Maria, chi uno studio per il dipinto perduto di Leda e il Cigno. Lei sorride appena, muta e irresistibile, incurante della curiosità che semina intorno.


Leonardo da Vinci, Bella principessa, 1495 circa, Collezione privata

• La Bella Principessa
Attribuito a Leonardo nel 2008, questo piccolo ed elegante disegno a gesso, inchiostro, matite e biacca su pergamena suscita ancora accese discussioni. Nel 1998 è stato battuto all’asta come un’opera dell’Ottocento tedesco. Dieci anni dopo il colpo di scena. Gli esami rivelano che la pergamena risale all’epoca rinascimentale e che reca un’impronta digitale compatibile con quelle del genio vinciano. Il professor Martin Kemp dell’Università di Oxford rinviene a Varsavia il manoscritto da cui sarebbe stato strappato il foglio: si tratta della Sforziade, compendio delle imprese di Francesco Sforza, e reca un’iscrizione rivelatrice sul frontespizio. Il ritratto sarebbe quello della nobile Bianca Sforza, commissionato in occasione delle nozze con il capitano delle truppe ducali Gian Galeazzo Sanseverino. Caso chiuso? Tutt’altro. Nel 2015 il famigerato falsario Shaun Greenhalgh sostiene di aver realizzato l’opera su un supporto antico con inchiostri vegetali di sua fabbricazione. E la modella? Altro che principessa. Secondo Greenhalgh si tratta di Sally, la cassiera di un supermercato inglese. Gli studiosi si dividono: c’è chi si indigna, chi sorride, chi non ha mai creduto alla paternità di Leonardo. Nuove analisi rivelano che i pigmenti risalgono ad almeno 250 anni fa. Ma la principessa non trova pace.

Leonardo e il mistero della Bella Principessa


Leonardo da Vinci, Ritratto di Ginevra de' Benci, 1474-1478 circa, Olio su pannello, 37 x 42.7 cm, Washington, National Gallery of Art

Ritratto di Ginevra Benci
Contro un rigoglioso arbusto di ginepro, una giovane dal volto pallido guarda davanti a sé con gli occhi bassi. Quale malinconia la affligge? Diciamo intanto che si tratta di Ginevra, figlia di Amerigo Benci, il banchiere fiorentino a cui Leonardo affidò l’incompiuta Adorazione dei Magi quando partì per Milano. A riferirlo è Giorgio Vasari che definisce il ritratto “cosa bellissima”, confermando l’ipotesi che il ginepro sullo sfondo possa alludere al nome della ragazza. La soluzione all’enigma di Ginevra si nasconde dietro il quadro, dove una ghirlanda dipinta reca la frase “virtutem forma decorat”. Recentemente un esame ai raggi infrarossi ha rivelato una seconda inscrizione: “Virtus et honor”, il motto dell’ambasciatore veneziano a Firenze Bernardo Bembo. Fu lui a commissionare il quadro? Una ricerca sembra aver trovato il trait-d’union tra le due scritte: dall’anagramma della prima in una “macchina alfabetica”, sono venute fuori 50 frasi in latino firmate dal genio di Vinci. Insieme raccontano la storia di Ginevra, tra le fanciulle più colte di Firenze, innamorata del Bembo e promessa al più anziano Luigi di Bernardo Niccolini che la condurrà presto all’altare. Ma un'altra domanda si profila all’orizzonte: dove sono finite le mani della ragazza? Non sappiamo quando, ma il dipinto è stato tagliato. Un disegno conservato nella Royal Library del Castello di Windsor ci lascia solo immaginare la parte mancante.

Il destino di una donna in un ritratto: la Ginevra de' Benci di Leonardo


Leonardo da Vinci, Dama con l’Ermellino, 1487-1490 circa, Olio su tavola, 40.3 x 54.8 cm, Museo Nazionale di Cracovia

• La Dama con l’ermellino
Che ci fa un ermellino in grembo a una nobildonna? La domanda è legittima e tuttavia solleva ulteriori interrogativi. Per comprendere i rapporti tra l’animale e la modella facciamo un passo indietro e ci lanciamo sulle tracce della ragazza. Una scritta posticcia presente sulla tavola (La Bele Feroniere Leonard d’Awinci) rischia di mandarci fuori strada. Evitato l’ostacolo esaminiamo nei dettagli il ritratto del Museo Nazionale di Cracovia: l’acconciatura, i gioielli discreti e raffinati, l’elegante abito ornato da nastri di moda nella Milano degli Sforza. Ma l’indizio decisivo è proprio l’ermellino - galé in greco - che evoca il nome di Cecilia Gallerani, giovanissima amante di Ludovico il Moro. Il duca, a sua volta, recava tra i suoi titoli quello di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino, mentre la purezza della bestiola sembra essere un riferimento all’incorruttibilità della fanciulla. Ma come riuscì Leonardo, che notoriamente amava studiare dal vero i suoi modelli, a dipingere un animale selvatico con una tale ricchezza di dettagli? Sono in molti a credere che l’artista si sia servito di un più docile furetto, all’epoca comune nella campagna lombarda.

I segreti della Dama con l’ermellino, il capolavoro polacco di Leonardo

COMMENTI