I luoghi del tardogotico

Salimbeni
 

25/02/2004

È nel cuore delle Marche che vorremmo condurre chiunque abbia il piacere di seguirci, un cuore che conserva intatto il fascino da almeno sei secoli, quando all’alba del 1400 si realizzarono i più grandi capolavori pittorici del gotico internazionale. È proprio questa regione a custodire alcuni fra i più eccelsi esempi della pittura tardogotica dell’Italia centrale: risuona ancora altisonante il nome di Gentile da Fabriano, il quale, lungo la prima metà del XV secolo, peregrinò attraverso la penisola italiana diffondendo gli stilemi di una pittura fatta di preziosismi e di analitiche descrizioni. In questa sede avremo il piacere di proporre un iter lontano dall’eco del grande pittore e riportare alla ribalta il nome di altri due grandi artisti che, parallelamente alla stessa attività gentiliana, furono il perno della pittura marchigiana fra il 1300 e il 1400: Lorenzo e Jacopo Salimbeni. I due fratelli di San Severino furono grandi protagonisti della stagione del tardo gotico in Italia: favoriti dagli stretti rapporti culturali che le Marche ebbero con le signorie locali del Veneto, dell’Emilia, della Lombardia, finanche con gli stati oltremontani, Lorenzo e Jacopo apportarono nelle loro opere tutti quegli spunti e quei dettami stilistici che la pittura europea in quel momento andava proponendo. Sebbene si possano notare alcune differenze di stile nelle opere dei due artisti, il loro tratto fu comunque accomunato dal gusto per la narrazione vivace, l’eleganza, il gioco vorticoso dei panneggi e, non ultimo, uno spirito di osservazione dal vero che caratterizzò le diverse tipologie dei personaggi ritratti. Qui si segnalano quei luoghi che nelle Marche all’inizio del XV secolo li hanno visti operare talvolta separatamente e talvolta assieme. Tre sono le località che ancora conservano i loro splendidi dipinti ed affreschi: San Severino, San Ginesio e Urbino. La prima diede i natali ai due illustri fratelli e conserva la parte più cospicua dei loro capolavori. Dopo una breve escursione nel centro della cittadina, fra i portici della centrale Piazza del Popolo e le meraviglie della Cattedrale, l’itinerario “salimbeniano” può cominciare con una visita al quattrocentesco Palazzo Tacchi-Venturi, sede del Museo Archeologico e della Pinacoteca Comunale, dove sono conservate tavole dipinte dei due artisti, fra cui spicca il "Trittico dello Sposalizio di Santa Caterina", opera firmata e datata da Lorenzo, il maggiore dei due fratelli. Qui il tema mistico viene rappresentato con un forte accento mondano dove le vesti dei personaggi abbagliano grazie ai loro vorticosi arabeschi tinti di colori accesi che risaltano sul prezioso sfondo dorato. Proprio nella centrale Piazza del Popolo si trova la Chiesa della Misericordia, che nella sua sagrestia custodisce i frammenti di un ciclo di affreschi di Lorenzo, risalenti al 1404. Sempre lo stesso Lorenzo realizzò nel 1407, grazie al vasto apporto della sua bottega, gli affreschi della Sagrestia di San Lorenzo in Doliolo. Salendo poi al nucleo del Castello, che domina il panorama di San Severino, si arriva al Duomo Vecchio dove si possono ammirare gli affreschi con la Storia di San Giovanni Evangelista, opera che venne realizzata a quattro mani dai pittori sanseverinati. Non solo il borgo natio può vantare il possesso degli splendidi lavori dei Salimbeni: a San Ginesio, pittoresco paesino non lontano da San Severino, si possono visitare gli affreschi della Cripta della Collegiata, realizzati nel 1406. Qui, specie nella "Madonna in trono fra S. Ginesio e S. Biagio", si colgono i risultati della complessa rete di riferimenti lombardi, bolognesi, padani a cui i Salimbeni attinsero per arricchire un linguaggio già vistosamente esuberante. Ma è percorrendo le strade delle Marche verso Nord e arrivando ad Urbino, che si giunge ad ammirare il massimo capolavoro della pittura salimbeniana. Proprio nel luogo magico del Rinascimento italiano, sede dello splendido Palazzo Ducale voluto da Federico da Montefeltro nel quale operarono artisti come Paolo Uccello o Piero della Francesca, si trovano gli affreschi con le storie di S. Giovanni Battista, conservati nell’omonimo oratorio. Questo campione assoluto della pittura tardogotica fu eseguito dai Salimbeni nel 1416. Qui entrambi gli artisti furono vicini nel gusto per la vivacità del racconto, sempre però enucleato in modo raffinato e cortese, dove abiti e attributi assurgono a vero e proprio testo documentario di un’epoca in bilico ancora fra la cavalleria medievale e l’Umanesimo Rinascimentale. Ed proprio questo magico senso di sospensione che accompagnerà chiunque voglia accingersi a visitare gli incanti di luoghi ancora lontani, nel tempo e nello spazio, dagli affollatissimi percorsi battuti da chi ancora non conosce i tesori delle province italiane.

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