Armonia con il disegno originale, illuminazione e risparmio energetico
Il progetto di Renzo Piano per il Kimbell Art Museum
Renzo Piano Pavilion, Kimbell Art Museum, Fort Worth, Texas. Photo by Robert LaPrelle
L. Sanfelice
28/11/2013
E’ stata inaugurata ieri in Texas, la nuova ala del Kimbell Art Museum di Fort Worth. La firma sul progetto di espansione costato 135 milioni di dollari è quella di Renzo Piano che ha raccolto l’ambiziosa sfida di intervenire sullo spazio ideato da Louis Isadore Kahn, considerato una pietra miliare dell’architettura modernista del Novecento, mirando a costruire con esso una relazione armoniosa.
Il complesso sorge ad una cinquantina di metri dalla struttura originale e si articola su tre piani - due interrati e uno in superficie – e i materiali scelti per la sua realizzazione sono vetro, calcestruzzo e legno di quercia locale.
La necessità di stabilire un dialogo tra i due edifici ha trovato la sua base sull’illuminazione. L’area progettata da Kahn è famosa per la luce naturale delle gallerie coperte da volte cicloidi, ma si tratta di un sistema pensato alla fine degli anni Sessanta. Qui Piano ha scatenato tutto il suo genio sfruttando la tecnologia al servizio della sostenibilità e realizzando un tetto in vetro e alluminio con pannelli coperti da celle fotovoltaiche che si aprono e si chiudono controllando e diffondendo luce all’interno del museo e permettendo di produrre energia sufficiente ad illuminare l’edificio di notte.
Anche il raffreddamento e il riscaldamento del Pavilion sono stati progettati in nome del risparmio energetico - “unica via corretta per progettare” sostiene Piano - grazie a 36 pozzi geotermici profondi 140 metri.
Il nuovo polo è destinato ad accogliere la collezione di arte asiatica del museo e mostre temporanee di varia natura.
Il complesso sorge ad una cinquantina di metri dalla struttura originale e si articola su tre piani - due interrati e uno in superficie – e i materiali scelti per la sua realizzazione sono vetro, calcestruzzo e legno di quercia locale.
La necessità di stabilire un dialogo tra i due edifici ha trovato la sua base sull’illuminazione. L’area progettata da Kahn è famosa per la luce naturale delle gallerie coperte da volte cicloidi, ma si tratta di un sistema pensato alla fine degli anni Sessanta. Qui Piano ha scatenato tutto il suo genio sfruttando la tecnologia al servizio della sostenibilità e realizzando un tetto in vetro e alluminio con pannelli coperti da celle fotovoltaiche che si aprono e si chiudono controllando e diffondendo luce all’interno del museo e permettendo di produrre energia sufficiente ad illuminare l’edificio di notte.
Anche il raffreddamento e il riscaldamento del Pavilion sono stati progettati in nome del risparmio energetico - “unica via corretta per progettare” sostiene Piano - grazie a 36 pozzi geotermici profondi 140 metri.
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