Viaggio nella fantasia dell’inventore del Nuovo Realismo

Incantesimi meccanici al Museum Tinguely

Museum Tinguely, Basilea | Jean Tinguely, Méta-mecanique
 

Francesca Grego

20/10/2017

Macchine che si autodistruggono, sculture sonore, ingranaggi che disegnano e colorano, ruote idrauliche dagli effetti musicali. Ad azionarle è la fantasia di Jean Tinguely, l’artista svizzero più vulcanico e irriverente della storia.
Da Parigi a New York, le sue opere meta-meccaniche, giocose e inquietanti insieme, hanno animato parchi, piazze e luoghi pubblici di mezzo mondo.
 
Ma per immergersi appieno nella mente dell’artista il luogo giusto è il Museum Tinguely di Basilea, che dal 1996 schiude agli occhi stupiti dei visitatori la più grande collezione che gli sia mai stata dedicata.
Sulle rive del Reno, a due passi dagli alberi secolari del Parco della Solitudine, le architetture geometriche del ticinese Mario Botta sono il sobrio involucro di creazioni fragorose e visionarie.
 
JEAN TINGUELY: UN'INVENTIVA RIVOLUZIONARIA
Ma chi era Jean Tinguely? Senza dubbio un artista autentico, di quelli a cui qualsiasi etichetta sta stretta. Un patito di congegni meccanici fin dall’infanzia, quando si divertiva a costruire piccole macchine di legno azionate dall’acqua dei ruscelli, immaginando la sorpresa dei frequentatori dei boschi intorno a Basilea.
 
Ma anche uno sperimentatore indefesso, che ebbe come compagni di viaggio Yves Klein, Robert Rauschenberg e Alexander Calder; che ammirò, ricambiato, Mirò, Duchamp e Dalì, e condivise anni d’arte e d’amore con Niki de Saint Phalle, nota in Italia per il coloratissimo Giardino dei Tarocchi di Capalbio e nel mondo per la Fontana Stravinsky del Centre Pompidou, tra i più brillanti successi condivisi della coppia.
 
Ludico e riflessivo, poetico e ironico, Tinguely fu anche un grande provocatore: progettò un piano per lanciare una bomba sulla Gioconda, costruì le Méta-matics, congegni in grado di produrre “chilometri d’arte” in automatico, e si fece beffe dell’America azionando nel giardino del MoMa la prima delle sue macchine autodistruttrici, irriverente Omaggio a New York e alla società della tecnologia e dei consumi.
 
A Stoccolma i visitatori di un’esposizione minacciarono di chiamare la polizia di fronte al frastuono liberatorio delle sue sculture, mentre una mattina del 1970 i cittadini di Milano scoprirono nel bel mezzo di Piazza Duomo un grande fallo dorato, issato in gran segreto e inaugurato tra marcette militari, melodie partenopee e parole senza senso in puro stile dada.
 
TRA MACCHINE E POESIA: IL PERCORSO MUSEALE
Dalla grande sala centrale alla galleria inclinata che dall’alto domina il Reno, il percorso del Museum Tinguely è un viaggio nella vita e nell’immaginario del suo protagonista.
 
L’obiettivo dell’allestimento, ha spiegato il direttore Roland Wetzel, non è tanto celebrare la figura di un iconoclasta come Tinguely, quanto “comunicare al pubblico la portata della sua inventiva e del suo spirito innovatore”.
Detto fatto: piccoli rilievi animati con forme astratte, macchine per dipingere, sculture cinetiche, fino agli ultimi meccanismi monumentali creati dall’artista, sono le tappe per comprendere l’evoluzione della sua ricerca, scandita da rumori, luci e danze come quelle dei manichini Baluba.
 
Tra le attrattive di maggior richiamo, la possibilità di azionare le macchine rinnovando l’incantesimo con la semplice pressione di un pulsante.
Mentre la sala si anima di suoni e movimenti, tocchiamo con mano il carattere profetico dell’opera di Tinguely, che concepì le sue sculture quando l’interattività nell’arte era ancora un concetto sconosciuto.
 
A completare il ritratto, immaginifiche opere grafiche e disegni, spesso realizzati per illustrare le lettere agli amici.
 
LA COLLEZIONE IN 5 OPERE

• Wundermaschine – Méta Kandinskij I (1956)
Io espongo dei dipinti, la macchina è il mio cavalletto”. Così Tingely descrisse i rilievi policromi dei primi anni della sua carriera. 
Ispirate alla pittura astratta di Kandinskij, Malevič o Herbin, queste opere mettono insieme colori, geometrie e - novità assoluta - il movimento, grazie a un piccolo motore elettrico

Méta-matic (1959)
Difficile immaginare lo scopo delle Méta-matic a prima vista, ma una volta azionate inizieranno a disegnare proprio come una mano umana.
Provare per credere – e portare a casa una piccola opera d’arte automatica.
 
• Le Fontane
Disegni, acquerelli, collage e modelli raccontano un capitolo speciale dell’avventura di Tinguely.
Trasferire una fontana in un museo non è semplice. In compenso potrete conoscerne l’intero iter creativo attraverso l’accattivante documentazione lasciata dall’autore.
Fuori, in Theaterstrasse, ce n’è invece un esempio bello e pronto: tra imprevedibili spruzzi d’acqua, pesanti meccanismi metallici si muovono come i mimi e gli attori del vecchio teatro comunale.
 
• L’Avant-garde (1988)

Le mitiche “Baluba” - figure umane stilizzate che danzano come in preda a convulsioni - incontrano le suggestioni del Fasnacht, il rumoroso Carnevale di Basilea, in un’affollata composizione.
Maschere grottesche si agitano su ruote di legno e metallo, simulando la colorata anarchia di una sfilata.
 
• Grosse Méta-Maxi-Maxi-Utopia (1987)
Il top delle Méta-Harmonie, gigantesche sculture cinetiche e sonore, frutto dell’assemblaggio di innumerevoli ruote, tubi, ingranaggi.
Ma in questo caso è possibile entrare letteralmente nell’opera, dotata di numerosi ingressi, uscite e passaggi, e magari fare incontri imprevisti.
 
Vorrei creare qualcosa di buffo, in cui i bambini possano arrampicarsi e saltare, qualcosa di appariscente, allegro, folle come una fiera di campagna”, fu la dichiarazione programmatica di Tinguely. Obiettivo raggiunto.

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