Lo stile attraverso le tele

Courtesy of ©The Estate of Jean-Michel Basquiat, ©SIAE, 2002 Courtesy of ©Galerie Enrico Navarra | Basquiat
 

23/01/2002

Sono una cinquantina le opere visibili nell'esposizione romana, rappresentative dell’intera produzione di Basquiat e dei suoi interessi artistici e letterari, sempre presenti nelle sue tele con citazioni, date o aforismi. Egli dipingeva utilizzando contemporaneamente vari codici, i principali dei quali sono il colore e la parola, nessuno dei quali può essere disgiunto dagli altri senza svilire il contesto generale. È difficile dividere cronologicamente in periodi una produzione memorabile per quantità ma sviluppatasi in un lasso di tempo estremamente breve: la maggior parte dei critici non mai ha ravvisato delle differenze, vedendo anzi una sostanziale identità di linguaggio visivo. Un elemento sembra essenziale per capire appieno le sue creazioni, ovvero la musica jazz, della quale Jean Michel era un grande appassionato, come testimoniato dalle copertine dei dischi da lui disegnate presenti in mostra, e dai ricordi di Mary Boone, tra i primi a dare la possibilità a Basquiat di esporre, che racconta di come si divertisse spesso a fare il dj e distruggesse i dischi che non trovava di suo gradimento. Una delle tele esposte, la nota “Jimmy Best” che si trovava al PS1 nella famosa rassegna del 1981, dedicata al pugile nero a lungo tempo rinchiuso nel carcere minorile di Riverhead, può servire a capire l’importanza della parola scritta nella sua costruzione concettuale: sulla tela si leggono parole evocative, ognuna delle quali ha un suo preciso significato. E questo si ripete sempre, anzi si potrebbe quasi dire che le figure nascono dalle parole e dai simboli, questi ultimi spesso derivanti dal linguaggio della pubblicità, che proprio in quegli anni era alla ricerca di idee trasgressive e destabilizzanti, o dei cartoons, come ad esempio in “Dingoes that park their brains with their gum”. Non mancano riferimenti alla storia, sempre circostanziati e mai lasciati al caso (come nella grande tela “Florence”), e alla storia dell’arte, che fanno pensare ad una educazione artistica che in realtà l’artista non ricevette, poiché Basquiat può essere definito, come affermato dal curatore Gianni Mercurio, istinto artistico allo stato puro, senza fini politici o strumentali di fondo. Tra le opere più conosciute anche “Mona Lisa”, dove sembra avvicinarsi molto alla concezione di Andy Warhol, e “Devil”, dove è presente l’inquietante maschera simile a quelle vudu che sarà poi rinvenibile in molte creazioni successive. Alle pareti delle sale del piano superiore sono esposte anche alcune belle fotografie di Jean Michel, che lo ritraggono nel suo atelier o in atteggiamenti della sua quotidianità.

 
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