La cultura nella Fase 2

Oltre il lockdown, il museo del futuro in attesa della riapertura

Michela.osteri (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons, Concorso Wiki Loves Monuments 2019 | Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, Circuito AMACI
 

Francesca Grego

27/04/2020

A tu per tu con il nostro capolavoro preferito tra le sale semivuote di un grande museo d’arte. Quello che fino a poco tempo fa era il sogno proibito di ogni visitatore diventa uno scenario più che plausibile, dopo i due mesi di lockdown della cultura seguiti all’emergenza Covid-19.  Non l’unico, tuttavia. Mentre si profila all’orizzonte la riapertura di musei e spazi espositivi - entro il mese di maggio 2020, come reso noto dal Ministro per il Beni Culturali Dario Franceschini - sono numerose le idee messe sul tavolo per la cosiddetta fase 2 della cultura.


La Galleria Borghese di Roma | Courtesy galleriaborghese.beniculturali.it

Si parte, naturalmente, dalle linee guida della Direzione Generale dei Musei: distanze di sicurezza, dispositivi di protezione, igienizzazione degli spazi e sistemi di aerazione. Con un occhio ai nuovi parametri, ogni museo tarerà la propria offerta in base alla conformazione degli ambienti e alla capienza delle sale, ma anche in rapporto alle proprie specificità culturali, comunicative e di pubblico. La Galleria Borghese di Roma, per esempio, è già pronta a riaprire con un piano che prevede lo spostamento all’esterno dei servizi di accoglienza, mentre a Firenze gli Uffizi puntano al potenziamento dell’algoritmo che già da un anno azzera le code e dà appuntamento a ciascun visitatore ad un’ora precisa. Con ogni probabilità si farà ricorso a ingressi contingentati, alla differenziazione degli itinerari di visita, a percorsi guidati obbligatori per i grandi complessi e i parchi archeologici. In mancanza di un servizio di sanificazione a ciclo continuo, inoltre, per il momento dovremo rinunciare ad audioguide e visori di realtà virtuale.


La Pinacoteca di Brera | Foto: dimitrisvetsikas1969 via Pixabay

La fase 2, tuttavia, non sarà fatta di rinunce. Rappresenterà - come e più del trasloco dei musei in rete che abbiamo vissuto negli ultimi mesi - un’occasione per ripensare l’esperienza di fruizione museale, tra contenuti online complementari alla visita e una cura speciale verso i visitatori, con contenuti personalizzati, attività, approfondimenti e la ricerca di un rapporto sempre più intimo con le comunità di riferimento. 
È quanto emerge dalle opinioni che i direttori di alcuni grandi musei italiani hanno condiviso ieri sulle pagine del Corriere della Sera. Certo, non è sufficiente girare la chiave perché la macchina riparta a pieno regime: oltre che con le perdite legate al lockdown degli ultimi mesi, l’economia della cultura dovrà fare i conti con numeri visibilmente ridotti per un po’ di tempo. Ma la tendenza generale va verso la valorizzazione di un’esperienza di fruizione più lenta e autentica, di un rapporto con l’arte più consapevole, perché finalmente la qualità possa prevalere sulla quantità. È di questo avviso il direttore della Pinacoteca e della Biblioteca di Brera James Bradburne, che fa riferimento a un “nuovo visitatore” per il quale l’approdo fisico al museo sarà probabilmente il punto di arrivo di un percorso articolato. A Brera contenuti digitali pensati per offrire un importante valore aggiunto si affiancheranno alla fruizione dal vivo, talvolta al punto da giustificare il pagamento di un biglietto ad hoc: “Penso per esempio al video-racconto di un restauratore che ci fa entrare nella vita di un’opera”, ha spiegato il direttore, “oppure a una performance teatrale che valorizzi  i volumi della Braidense, magari rafforzando i legami che abbiamo con istituzioni quali il Piccolo Teatro”.


Thermodynamic Constellation (Costellazione termodinamica), 2020, Installazione di Tomás Saraceno per il cortile di Palazzo Strozzi | Foto: © Ela Bialkowska, OKNO Studio

Con la diminuzione del turismo, specie di quello straniero, sono in molti a puntare sui rapporti con il territorio: incentivare le visite reiterate agli Uffizi è un punto fondamentale del programma del direttore Eike Schmidt - d’altronde, come apprezzare appieno una collezione così ricca in un solo pomeriggio? - e, sempre a Firenze, il direttore di Palazzo Strozzi Arturo Galansino pensa a costruire proprio a partire dal pubblico cittadino e toscano una nuova identità, “una visione fatta di innovazione e di futuro”. Palazzo Strozzi non perderà i grandi numeri del turismo di massa: da tempo è meta di visitatori selezionati attenti all’arte e alla ricerca, mossi da un interesse ben preciso per gli eventi espositivi in calendario. A maggio troveranno ancora la grande mostra su Tomàs Saraceno, che “i suoi temi così attuali” rendono ancora più appetibile, osserva Galansino. In attesa di sapere se a settembre arriverà Jeff Koons come da programma.

Per la prima volta dopo molto tempo, le città d’arte italiane “splendono di una bellezza nuda e silenziosa”, osserva la direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia Gabriella Belli, che riunisce 11 istituzioni e spazi espositivi. E l’assenza delle orde di turisti stranieri che ne avevano mutato i connotati potrebbe restituire valore a un patrimonio prezioso. “Penso che troveremo il modo di accompagnare con maggiore cura una persona interessata all’arte”, spiega la direttrice, affiancando alla formula classica “un biglietto più ricco, caldo, con itinerari e percorsi tematici”. La scelta inizierà a casa dalla prenotazione online, “con la presentazione di un’opera o di una mostra, con un consiglio di visita, un suggerimento personalizzato”.  A tutto questo si aggiungeranno attività pensate per le scuole e per le famiglie, come già accade con i summer camp a Ca’ Rezzonico.


La grande corte del Palazzo dei Dogi a Venezia | Foto: Benh LIEU SONG (Own Work) via Wikimedia Creative Commons


Punta invece sul sito da intendersi come un’importante integrazione dell’offerta museale Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi di Modena, Ferrara e Sassuolo, che negli ultimi mesi ha tenuto vivo il rapporto con il pubblico attraverso visite virtuali di successo. Accanto a un ventaglio allargato di attività online, Bagnoli vede nel futuro orari flessibili e un’offerta integrata tra i diversi spazi che compongono il polo, da tagliare su misura di target nuovi e tutti italiani. 
Il presidente di AMACI - Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani e direttore uscente del MART di Rovereto Gianfranco Maraniello si spinge oltre, sottolineando l’opportunità di portare l’arte fuori dalla dittatura dei numeri - che si tratti di biglietti staccati o visualizzazioni online - e dalle mura del contenitore-museo. “Da tempo l’arte è uscita dalla cornice”, riflette Maraniello: “Perché non proviamo a immaginare nuove forme d’arte contemporanea all’aperto, magari sfruttando una caratteristica importantissima di alcuni musei, l’architettura?”.

Per la presidente della Fondazione MAXXI di Roma Giovanna Melandri la funzione sociale del museo resta protagonista anche nell’epoca del distanziamento. Il MAXXI, dice, continuerà a essere “un luogo dove si fa ricerca, dove le famiglie possono trovare qualcosa di utile, dove gli artisti e le artiste possano esprimersi in modi certamente nuovi, ma sempre liberi”, riconoscendo il ruolo centrale di fotografi, scultori, autori che in questi mesi hanno alimentato una piattaforma digitale di successo. Dal 5 giugno il museo romano festeggerà i suoi primi 10 anni con una grande mostra online e, “per quello che si potrà fare, anche in presenza”. Tra gli ospiti ci saranno grandi istituzioni internazionali, dal Centre Pompidou al Guggenheim: per “discutere tutti insieme di come ripartire e di come cambiare il concetto di museo”.


Il MAXXI di Roma | Foto: aumod via Pixabay

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