Palazzo Spada
Courtesy of Galleria Spada |
Palazzo Spada
25/02/2004
Al passeggiatore distratto può anche capitare di passare per Piazza Capodiferro senza accorgersi che uno dei palazzi storici più affascinanti di Roma è proprio lì, discreto e imperioso, classico e fantasioso, sconosciuto ai più ma indimenticabile a chi lo abbia visitato: un gioiello dell’architettura romana, uno scrigno di opere d’arte.
Palazzo Spada è questo e molto di più.
La sua storia inizia nel 1548, in uno dei rioni più popolosi di Roma, il rione Regola, precisamente tra via Giulia e piazza Farnese. Il cardinal Girolamo Capodiferro, illustre personaggio della corte pontificia, discendente da una delle sei famiglie custodi della reliquia del Volto Santo, si appresta ad erigere il proprio palazzo di rappresentanza, a poca distanza da quello del pontefice. La costruzione si impianta su quella di un precedente edificio appartenuto a suoi antenati; l’architetto cui il cardinale affida l’impresa è probabilmente Bartolomeo Baronino, attivo tra le maestranze di Palazzo Farnese, mentre per la decorazione della facciata si affida al piacentino Giulio Mazzoni. Due i modelli: per l’architettura i richiami sono al vicino palazzo Farnese ( il bugnato piatto, il cornicione aggettante, lo stemma centrale ) mentre per la decorazione a stucco il rimando è alla facciata di Palazzo Branconio dell’Aquila di Raffaello (fatto demolire in occasione della costruzione del colonnato di S. Pietro). E’ la facciata a catturare immediatamente l’attenzione; qui otto nicchie accolgono statue di illustri personaggi dell’antica Roma, le cui gesta sono descritte nei riquadri in alto. La zona centrale è occupata da tondi raffiguranti un cane presso la “columna ignis”, avvolta in un nastro con su scritto “utroque tempore”, a simboleggiare la fedeltà del cardinale al progetto salvifico di Dio. Al centro lo stemma della casata retto da due Virtù, poi sostituito da quello della famiglia Spada, e tutt’intorno festoni e fregi. A far da contrappunto alla facciata è la decorazione del cortile interno (al quale è possibile accedere) dove, in undici nicchie, sono collocate altrettante statue di personaggi mitologici e lungo tutto il perimetro si svolgono raffinati fregi con scene di caccia e una centauraomachia.
La spesa affrontata dal cardinale fu degna di un re (“regio sumptu”) anche se probabilmente quello che riuscì a realizzare fu solo una parte del suo grandioso progetto includente anche altri edifici della famiglia, che però non gli furono ceduti. Girolamo si rammaricò spesso di non essersi potuto godere fino in fondo il suo palazzo, a causa dei continui viaggi in cui fu impegnato; muore poco dopo, il 2 dicembre 1559 in Vaticano, durante il conclave con cui stava per essere eletto Pio IV.
Il Palazzo nel 1632 è acquistato dal cardinale Bernardino Spada, e nonostante le parole con cui il fratello Virgilio si complimenta con lui per aver “trovato un palazzo così finito, che non ci potrà porre un mattone di vantaggio seppure lo volesse”, il cardinale inizia da subito diversi lavori che si protrarranno per ben trent’anni, fino alla sua morte. L’opera più sorprendente è senz’altro il colonnato prospettico che affidò al Borromini, tutt’ora visibile nell’atrio del cortile e di cui tanto è stato scritto. Fu probabilmente Virgilio a fare da mediatore tra Borromini e il fratello, dopo che nel ‘46 aveva ricevuto da Papa Innocenzo X l’incarico di sovrintendere ai grandi lavori di San Giovanni in Laterano.
Ma Bernardino e Virgilio Spada sono soprattutto gli artefici della collezione di opere d’arte ospitata all’interno del palazzo, arricchita in seguito al matrimonio del nipote con Maria Varalli. Il vero pregio di questa raccolta, che ospita grandi capolavori, è di conservare perfettamente il caratteristico aspetto decorativo delle collezioni del Seicento. Una visita alla Galleria non smentirà le promesse di decoro e magnificenza fatte dalla elegante facciata.
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