Tra sogni e conflitti

interior day di Cerith Wyn Evans
 

13/06/2003

Vibra Venezia sotto il passo dolce di decine di migliaia di artisti, critici, galleristi, curatori, collezionisti, giornalisti provenienti dai quattro angoli della terra. Sono 6000 i giornalisti accreditati, 63 nazioni ufficialmente presenti, 550 i soli componenti della rappresentanza americana ufficiale che si divide tra il padiglione USA ai Giardini e la fondazione Peggy Guggenheim (è a Venezia un terzo dell'intero staff del Guggenheim di New York). L'intera città vibra delle voci e dei colori del variopinto mondo dell'arte internazionale che si è dato appuntamento questa settimana per l'apertura della 50 esposizione internazionale d'arte intitolata "Sogni e conflitti: la dittatura dello spettatore" che resterà aperta fino al 2 novembre prossimo. Così mentre le inaugurazioni, i vernissage, e i party si sussegguono tranquillamente dalle dieci del mattino fino a notte inoltrata – senza peraltro alcun ritmo frenetico che in laguna sarebbe impossibile - Venezia si riscopre città mondiale, che sa offrire se stessa ai suoi visitatori, per un'esperienza estetica e spazio-temporale unica, dove le trasgressioni visuali, gli spostamenti logici, i rovesciamenti del senso comune o le narrazioni intime catturano il visitatore in un capillare caleidoscopio urbano dominato dalla polifonia di una non trascurabile rappresentanza della ricerca artistica internazionale. Mai come quest'anno la Biennale coinvolge l'intero tessuto urbano veneziano, aggiungendo alle due sedi classiche: i Giardini e l'Arsenale, anche il Museo Correr in Piazza S.Marco, dove ha luogo un'esposizione dedicata alle ultime decadi dell'arte contemporanea – che rappresenta un utile 'bignami' per chi avesse bisogno di un rapido ripasso. E tuttavia gli spazi e i luoghi espositivi si sono moltiplicati ancora, penetrando nei labirinti dell'intera città. Così per cominciare la visita, proponiamo di partire proprio dall'isola della Giudecca, tradizionalmente luogo dell'arte e laboratorio segreto dove anche in tempi di non biennale operano decine di artisti veneziani provenienti da tutto il mondo. Alle Zitelle troviamo l'esposizione portoghese; nel rinnovato e magnifico chiostro di S. Cosmo e Damiano la polifonia dell' "Arcipelago delle Immagini" a cura dell'Istituto Italo Latino-Americano e alla ex-birreria l'esposizione "Further", che riunisce una eccellente selezione di artisti del Galles. Proprio a Cerith Wyn Evans, artista e filmaker del "clan" di Derek Jarman fin dai tempi di "The Last of England" dobbiamo uno degli interventi più riusciti di questa Biennale. Nel giardino segreto delle ex-distillerie Pizzolotto opera una vera "searchlight", potentissimo faro della contraerea britannica della seconda guerra mondiale che, pilotato da un computer che converte in ritmi luminosi il testo di una poesia welsh, accende la notte veneziana e fa vibrare alla distanza l'intera isola degli artisti. La sinestesia non potrebbe risultare più riuscita se si pensa che la scorsa notte, mentre alla base di questo enorme faro si svolgeva uno dei party più divertenti all'insegna del matrimonio tra America Latina e Galles, sullo sfondo del fascio luminoso si stagliava la nera silhouette del Mulino Stucky da poco incendiato, a ricordarci che se le guerre di ogni genere devastano innanzitutto i nostri spazi urbani, il compito degli artisti oggi a Venezia è quello di offrirci una linea di fuga da una quotidianità internazionale sempre più opprimente, che al tempo stesso sia monito del presente e insieme indicazione di una possibilità di esistenza differente, più leggera e più umana, nel ritrovarsi e riconoscersi sempre più numerosi abitanti multietnici di uno spazio urbano che altrove è negato.

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