A Firenze dal 7 ottobre al 4 febbraio
Troppo vero per essere irreale: Anish Kapoor a Palazzo Strozzi
Anish Kapoor, Void Pavilion VII, 2023 mixed media, paint cm 750 × 750 × 750 © photo: Ela Bialkowska OKNO studio
Samantha De Martin
05/10/2023
Al centro del cortile di Palazzo Strozzi, il Void Pavillion VII (Il padiglione del vuoto VII, 2023) invita i visitatori a immergersi in un’esperienza meditativa su spazio, tempo, prospettiva, mettendo in discussione la razionale struttura geometrica e l’emblematica armonia dell’edificio rinascimentale.
È la prima tappa di Anish Kapoor. Untrue Unreal, la nuova grande mostra a cura di Arturo Galansino, che dal 7 ottobre al 4 febbraio porta a Firenze il celebre maestro che ha rivoluzionato l’idea di scultura nell’arte contemporanea. Ambienti intimi e forme conturbanti scandiscono un originale e coinvolgente dialogo tra l’arte di Anish Kapoor, l’architettura e il pubblico di Palazzo Strozzi. Attraverso opere storiche e recenti, il percorso è l’occasione per entrare in contatto diretto con l’arte dello scultore nella sua versatilità e discordanza.
Di fronte a questo incontro tra irreale (unreal) e inverosimile (untrue), in un universo in cui i confini tra vero e falso si dissolvono, il visitatore mette in discussione i propri sensi. Anche il confine tra plasticità e immaterialità sfuma attraverso l’utilizzo di pietra, acciaio, cera e silicone, per citare solo alcuni dei materiali manipolati, scolpiti, levigati, saturati dall’artista.
Il colore diventa un fenomeno immersivo dotato di un proprio volume, spaziale e illusorio al tempo stesso.
Anish Kapoor. Untrue Unreal, SALA 1, Svayambhu, 2007 cera, vernice a base di olio
“Anish Kapoor – spiega Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra – ha lavorato a Palazzo Strozzi realizzando un progetto espositivo totalmente nuovo. Sulla scia della nostra serie di esposizioni dedicate ai maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, Kapoor si è confrontato con l’architettura rinascimentale. Il risultato è totalmente originale, quasi una sorta di contrapposizione dialettica, dove simmetria, armonia e rigore sono messi in discussione e i confini tra materiale e immateriale si dissolvono”.
Al Piano Nobile incrociamo l’iconica opera Svayambhu (2007), termine sanscrito che definisce ciò che si genera autonomamente, corrispettivo delle immagini acheropìte cristiane non dipinte da mano umana. Questa riflessione dialettica tra vuoto e materia è affidata a un monumentale blocco di cera rossa in lento movimento tra due sale di Palazzo Strozzi. L’opera dialoga con Endless Column (Colonna infinita, 1992), che strizza l’occhio alla celebre omonima scultura di Constantin Brâncuși. Ed ecco To Reflect an Intimate Part of the Red (Per riflettere una parte intima del rosso, 1981), opera cardine nella carriera di Kapoor, un insieme di forme in pigmento giallo e rosso, fragili, ma presenti, che sbucano dal pavimento.
Anish Kapoor, SALA 2, To Reflect an Intimate Part of the Red, 1981, tecnica mista
La carne, il sangue, il corpo, la materia organica sono temi ricorrenti nella ricerca di Kapoor. L’artista dedica un’intera sala al confronto con ciò che appare come un'intimità sventrata e devastata in una dimensione entropica e abietta del corpo. Affida all’acciaio e alla resina di A Blackish Fluid Excavation (Scavo con fluido nerastro, 2018) il ricordo di un incavo uterino contorto che attraversa lo spazio e i sensi dello spettatore. Nelle opere alle pareti Kapoor fonde invece pittura e silicone dando origine a forme fluide simili a masse viscerali, che sembrano pulsare di vita propria. Le contrazioni, le espansioni delle strutture generano un senso di movimento e di trasformazione continua, ma anche una sensualità tattile tra le sensazioni di morbidezza e solidità, linearità e organicità. A evocare queste suggestioni sono i titoli stessi delle opere: First Milk (Primo latte, 2015), Tongue Memory (Ricordo della lingua, 2016), Today You Will Be in Paradise (Oggi sarai in paradiso, 2016), Three Days of Mourning (Tre giorni di lutto, 2016). Opere specchianti come Vertigo (Vertigine, 2006), Mirror (Specchio, 2018) e Newborn (Neonato, 2019), hanno come temi centrali la nozione di confini e la dicotomia tra soggetto e oggetto.
Anish Kapoor, Untrue Unreal, Sala 7 | Courtesy Palazzo Strozzi
A queste grandi sculture l’artista affida il compito di riflettere e deformare lo spazio circostante, ingrandirlo, ridurlo, moltiplicarlo, creando una sensazione di irrealtà e destabilizzazione. La conclusione del percorso è affidata all’opera Angel (Angelo, 1990), con le sue grandi pietre di ardesia ricoperte da strati di pigmento blu intenso. Questi pesanti massi sembrano solidificare l’aria e suggerire la trasformazione di lastre di ardesia in pezzi di cielo, trasfigurando l’idea di purezza in un elemento fisico. Kapoor altera la forte materialità dell’opera evocando un senso di mistero che risponde all’ambizione di matrice esoterica di raggiungimento della fusione degli opposti.
La mostra si inserisce nell’ambito della Florence Art Week, iniziativa promossa dal Comune di Firenze in programma dal 28 settembre all’8 ottobre 2023.
Leggi anche:
• Ai confini dell'ignoto: Anish Kapoor a Palazzo Strozzi
È la prima tappa di Anish Kapoor. Untrue Unreal, la nuova grande mostra a cura di Arturo Galansino, che dal 7 ottobre al 4 febbraio porta a Firenze il celebre maestro che ha rivoluzionato l’idea di scultura nell’arte contemporanea. Ambienti intimi e forme conturbanti scandiscono un originale e coinvolgente dialogo tra l’arte di Anish Kapoor, l’architettura e il pubblico di Palazzo Strozzi. Attraverso opere storiche e recenti, il percorso è l’occasione per entrare in contatto diretto con l’arte dello scultore nella sua versatilità e discordanza.
Di fronte a questo incontro tra irreale (unreal) e inverosimile (untrue), in un universo in cui i confini tra vero e falso si dissolvono, il visitatore mette in discussione i propri sensi. Anche il confine tra plasticità e immaterialità sfuma attraverso l’utilizzo di pietra, acciaio, cera e silicone, per citare solo alcuni dei materiali manipolati, scolpiti, levigati, saturati dall’artista.
Il colore diventa un fenomeno immersivo dotato di un proprio volume, spaziale e illusorio al tempo stesso.
Anish Kapoor. Untrue Unreal, SALA 1, Svayambhu, 2007 cera, vernice a base di olio
“Anish Kapoor – spiega Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra – ha lavorato a Palazzo Strozzi realizzando un progetto espositivo totalmente nuovo. Sulla scia della nostra serie di esposizioni dedicate ai maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, Kapoor si è confrontato con l’architettura rinascimentale. Il risultato è totalmente originale, quasi una sorta di contrapposizione dialettica, dove simmetria, armonia e rigore sono messi in discussione e i confini tra materiale e immateriale si dissolvono”.
Al Piano Nobile incrociamo l’iconica opera Svayambhu (2007), termine sanscrito che definisce ciò che si genera autonomamente, corrispettivo delle immagini acheropìte cristiane non dipinte da mano umana. Questa riflessione dialettica tra vuoto e materia è affidata a un monumentale blocco di cera rossa in lento movimento tra due sale di Palazzo Strozzi. L’opera dialoga con Endless Column (Colonna infinita, 1992), che strizza l’occhio alla celebre omonima scultura di Constantin Brâncuși. Ed ecco To Reflect an Intimate Part of the Red (Per riflettere una parte intima del rosso, 1981), opera cardine nella carriera di Kapoor, un insieme di forme in pigmento giallo e rosso, fragili, ma presenti, che sbucano dal pavimento.
Anish Kapoor, SALA 2, To Reflect an Intimate Part of the Red, 1981, tecnica mista
La carne, il sangue, il corpo, la materia organica sono temi ricorrenti nella ricerca di Kapoor. L’artista dedica un’intera sala al confronto con ciò che appare come un'intimità sventrata e devastata in una dimensione entropica e abietta del corpo. Affida all’acciaio e alla resina di A Blackish Fluid Excavation (Scavo con fluido nerastro, 2018) il ricordo di un incavo uterino contorto che attraversa lo spazio e i sensi dello spettatore. Nelle opere alle pareti Kapoor fonde invece pittura e silicone dando origine a forme fluide simili a masse viscerali, che sembrano pulsare di vita propria. Le contrazioni, le espansioni delle strutture generano un senso di movimento e di trasformazione continua, ma anche una sensualità tattile tra le sensazioni di morbidezza e solidità, linearità e organicità. A evocare queste suggestioni sono i titoli stessi delle opere: First Milk (Primo latte, 2015), Tongue Memory (Ricordo della lingua, 2016), Today You Will Be in Paradise (Oggi sarai in paradiso, 2016), Three Days of Mourning (Tre giorni di lutto, 2016). Opere specchianti come Vertigo (Vertigine, 2006), Mirror (Specchio, 2018) e Newborn (Neonato, 2019), hanno come temi centrali la nozione di confini e la dicotomia tra soggetto e oggetto.
Anish Kapoor, Untrue Unreal, Sala 7 | Courtesy Palazzo Strozzi
A queste grandi sculture l’artista affida il compito di riflettere e deformare lo spazio circostante, ingrandirlo, ridurlo, moltiplicarlo, creando una sensazione di irrealtà e destabilizzazione. La conclusione del percorso è affidata all’opera Angel (Angelo, 1990), con le sue grandi pietre di ardesia ricoperte da strati di pigmento blu intenso. Questi pesanti massi sembrano solidificare l’aria e suggerire la trasformazione di lastre di ardesia in pezzi di cielo, trasfigurando l’idea di purezza in un elemento fisico. Kapoor altera la forte materialità dell’opera evocando un senso di mistero che risponde all’ambizione di matrice esoterica di raggiungimento della fusione degli opposti.
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