Villa Giulia
Vignola
04/02/2002
Dal porticato in forma di emiciclo si si accede al cortile, uno spazio immaginato e realizzato come un vero e proprio teatro, dove il portico ha la funzione di una platea e la loggia appare come un autentico palcoscenico.
Ancor più prezioso è il ninfeo a tre livelli con logge al quale si accede da due rampe collegate fra loro: il ninfeo ha, nel suo piano più basso, la ribalta della “Fontana dell’Acqua Vergine”, mirabile gioco di acqua ornato da erme-cariatidi e dalle raffigurazioni dell’Arno e del Tevere.
Non meno spettacolari dovevano essere le pitture che decoravano gli ambienti interni quanto quelli esterni; gli affreschi superstiti di Prospero Fontana e Taddeo Zuccari, nelle stanze adiacenti all’atrio ed in quelle del primo piano, rivelano solo in parte lo splendore che sicuramente distingueva le opere che ora non ci sono più.
Molte infatti furono le spoliazioni che già dalla morte del pontefice intervennero ad offuscare l’originaria bellezza della Villa, degradata prima a punto di accoglienza di cardinali e ambasciatori e poi a ospedale e alloggio per soldati, mentre ogni suo tesoro veniva tolto scriteriatamente e l’assetto urbano circostante cancellava la sua collocazione originaria.
Fortunatamente nel 1889 la Villa venne destinata ad ospitare i tesori etruschi provenienti dagli scavi operati in Toscana e Lazio; venne riqualificato l’assetto circostante e tolto da un secolare abbandono il complesso rimasto ormai orfano di molte sue parti.
Numerose sono le preziose opere antiche che ora si ammirano nelle nobili sale della Villa, dal Sarcofago degli sposi all’Ercole in lotta con Apollo, opere che convivono e non alterano uno degli spazi più raffinati dell’architettura rinascimentale.
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