Dal 20 ottobre la grande mostra a Palazzo Lanfranchi

I futuristi al Sud, una storia da scoprire a Matera

Enrico Prampolini, Costruzione spaziale-paesaggio, 1919. Olio su tela. Collezione privata I Courtesy Futur-ism, Roma
 

Francesca Grego

20/10/2023

Matera - Se immaginiamo di collocare il Futurismo sulla mappa dello Stivale, lo sguardo corre automaticamente verso Milano, con la celebre “casa rossa” di Filippo Tommaso Marinetti, o a Roma, residenza del maestro Giacomo Balla e teatro di memorabili soirée. Specie nei primi anni, in effetti, il movimento si sviluppò per lo più in ambienti metropolitani, laboratori di quella "vita moderna" esaltata dai suoi protagonisti. Ma la geografia del Futurismo è molto più vasta e raggiunge latitudini inaspettate: Capri, Napoli, Salerno, Bari, Palermo furono i gangli pulsanti dell'avanguardia nel Sud dell'Italia, terreno fertile per nuove idee ed energie già subito dopo la Grande Guerra. 

Prende le mosse da qui la mostra Futurismo italiano. Il contributo del Mezzogiorno agli sviluppi del Movimento, inaugurata oggi a Matera presso Palazzo Lanfranchi e aperta fino al 10 gennaio 2024. Dietro il progetto del curatore Massimo Duranti c'è un poderoso lavoro di ricerca, nonché una collaborazione che corre da un capo all'altro della penisola: quella tra il Museo Nazionale di Matera e la Direzione Musei Veneto, uniti nel segno dell'unica, grande avanguardia italiana. Dal 28 ottobre, infatti, il Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso ospiterà Futurismo di carta, secondo capitolo della rassegna Futurismi


Tullio Crali, Ali tricolori, 1932. Olio su tavola, cm 72 × 55,5. Collezione privata
 
Oltre 130 opere animano il percorso della mostra materana: dipinti, sculture, disegni, ma anche abiti, manifesti pubblicitari (i 25 prestiti del Salce), fotografie, mobili, libri d’artista e i famosi “intonarumori” inventati da Luigi Russolo per estendere la rivoluzione al mondo della musica. “Una mostra trasversale pensata nel segno della contaminazione, per descrivere un movimento ancora assolutamente attuale, che continua a essere fonte di ispirazione”, ha spiegato durante la presentazione la direttrice del Museo Nazionale di Matera Anna Maria Mauro, ideatrice del progetto insieme al direttore dei Musei del Veneto Daniele Ferrara.
 
Quello che aspetta i visitatori a Palazzo Lanfranchi è un viaggio nella storia del Futurismo dagli anni Dieci fino ai Quaranta, sulle tracce dei suoi legami con il Sud. Ci sono le opere prodotte dai più noti esponenti del movimento durante i loro soggiorni nel Mezzogiorno o ispirate a questi luoghi, i dipinti esposti nelle mostre ospitate dalle città del Sud, ma anche i lavori dei futuristi meridionali, come il gruppo dei circumvisionisti, definiti da Gerardo Dottori “una violenta pietra lanciata nello stagno dell’arte napoletana”, mentre nativo della Basilicata era “il primo futurista d’America”, Joseph Stella, presente con due rari dipinti.
 
La mostra è un’occasione per guardare al movimento di Marinetti, Balla e compagni da una prospettiva insolita e per scoprire opere raramente esposte, ma anche i talenti di autori poco noti al grande pubblico, il cui contributo all’avanguardia e all’arte italiana è stato notevole. Numerose le chicche da ammirare lungo il percorso: “Il famoso bozzetto in legno del pupazzo di Depero per Campari” è una di queste, racconta il curatore Massimo Duranti, e poi “una rara opera di Boccioni che parla di musica”, mentre “il Trittico della velocità di Dottori, tra i più importanti capolavori della mostra, dialoga con i manifesti della Coppa Perugina”, la gara automobilistica illustrata dalle tre tele.


Gerardo Dottori, Aurora sul Golfo, 1935, Consiglio Regionale dell'Umbria, Perugia
 
“Sul vostro mare, nel porto, sulle piazze, nelle strade, nei vicoli, nei mercati, voi avete delle originalità plastiche enormi, mostruose, che realizzano, prese così come sono, tutto un programma estetico antigrazioso”, afferma Umberto Boccioni nel Manifesto Futurista ai Pittori Meridionali del 1916. Risalgono agli anni immediatamente successivi le testimonianze dell’arrivo degli artisti futuristi nelle regioni del Sud, come Costruzione spaziale-paesaggio di Enrico Prampolini (1919), o Tarantella di Fortunato Depero (1920), mentre Giacomo Balla è rappresentato dal grande olio su tela Forme Grido Viva l’Italia (1915) e Gino Severini dalla bella natura morta Le petit-compotier bleu-vert (1948).
 
Dopo la Prima Guerra Mondiale Capri attrae come una calamita artisti da tutta Europa: Depero la scopre grazie al vulcanico scrittore e artista svizzero Gilbert Clavel, con cui lavora ai rivoluzionari Balli plastici. L’isola è sede di una vivace colonia artistica internazionale, attratta dall’esuberanza della natura e dalla schietta vitalità della gente del posto: questa terra baciata dal sole, per molti aspetti ancora arcaica, sembra sprigionare una forza primordiale favorevole alla creazione. Tra gli ospiti illustri figurano Filippo Tommaso Marinetti e Benedetta Cappa, ma anche Jean Cocteau, Sergej Djaghilev e Pablo Picasso. Risale al 1919 l’arrivo sull’isola di Prampolini, che nel tempo instaurerà un legame sempre più stretto con il paesaggio caprese.


Benedetta (Benedetta Cappa Marinetti), Velocità in motoscafo, 1922. Olio su tela, cm 70 × 100. Galleria d’arte moderna, Roma 

Gli anni Venti sono ormai alle porte. Entriamo quindi nel cuore della mostra, con tele cariche di colore e di dinamismo: Velocità in motoscafo di Benedetta Cappa Marinetti, I bevitori e la locomotiva di Depero, il Trittico della velocità di Dottori. La presenza dei futuristi nel Mezzogiorno si manifesta in tutta la sua portata, tra storiche esposizioni, eventi e grandi rassegne come la Fiera del Levante a Bari o le Mostre d’Oltremare di Napoli. Molte opere hanno come tema proprio il Sud, in particolare quelle di aeropittura, con spettacolari vedute dall’alto dipinte sull’onda dell’entusiasmo per un nuovo mezzo, l’aeroplano.
 
“Da una finestra della Sala degli Archi di Palazzo Lanfranchi, una delle sedi del Museo Nazionale di Matera, si ha una visione dall’alto, privilegiata e forte dei Sassi: volumi differenti che si affollano in modalità scomposte a costruire un palinsesto inquietante, quasi un ritmo sincopato. Da quella visione ‘aeropittorica’ è nata l’idea di una mostra sul Futurismo e il Mezzogiorno”, racconta il curatore Massimo Duranti.


Umberto Boccioni, Copertina per "Musica futurista di Balilla Pratella", 1912. Tempera e inchiostro su carta. Collezione privata, Torino 

Ma i futuristi hanno anche un altro grande progetto: la Ricostruzione dell’Universo, descritta con entusiasmo da Balla e Depero nel Manifesto del ‘15, ovvero l’espansione della creatività in ogni ambito della vita umana. Nel Meridione questa idea trovò un terreno particolarmente congeniale, come illustra l’ultima sezione della mostra, dove musica, design, arti grafiche, scenografie teatrali, pubblicità, moda si mescolano in libertà. Qui i manifesti della Collezione Salce, le piastrelle di Balla, gli intonarumori di Russolo, i rari spartiti del compositore futurista Nuccio Fiorda, lo stemma disegnato da Depero per la città di Matera – bocciato dal Comune e adottato dal dopolavoro cittadino - incontrano creazioni contemporanee come le foto di Giuseppe Cardoni e gli abiti dello stilista Emanuel Zoo, ispirati all’avanguardia novecentesca negli ultimi decenni del XX secolo.
 
Futurismo italiano. Il contributo del Mezzogiorno agli sviluppi del Movimento è una mostra di altissimo profilo, perché nasce da un importante progetto di ricerca”, ha sottolineato il Direttore dei Musei italiani Massimo Osanna durante l’inaugurazione: “Un progetto nuovo, che presenta al pubblico opere inedite o da tempo nascoste nei depositi dei musei. Un progetto che fa crescere le nostre conoscenze, come ogni mostra dovrebbe fare”.


Osvaldo Peruzzi, Battaglia aeronavale, 1939. Olio su tavola, cm 93 × 70. Collezione privata 
 
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