Dal 14 maggio al 13 ottobre al Museo Diocesano Carlo Maria Martini
A Milano l'umanità di Robert Capa in 300 scatti
Una guardia dei grandi magazzini Galeries Lafayette durante uno sciopero organizzato dal personale, Parigi, Francia, giugno 1936 © Robert Capa © Centro Internazionale di Fotografia/Magnum P foto
Samantha De Martin
10/05/2024
Milano - C’è il fotografo Robert Capa e c’è l’uomo, Endre Ernő Friedmann (suo nome di battesimo), con l'obiettivo rivolto ai bambini, ai soldati, alle vittime dei conflitti.
Ci sono le fotografie che immortalano i momenti di svago del Tour de France, a luglio del 1939, simbolo di una vita che si sforza di scorrere nonostante lo spettro della battaglia; e ci sono gli esiti della Seconda Guerra Mondiale che emergono in istantanee di morte e resilienza come in Un prete cattolico celebra la messa sulla spiaggia di Omaha, Francia, Normandia, dove la liturgia si svolge in un contesto estremo.
Durante la risalita dell’Italia da parte degli Alleati, nell'agosto 1943, un contadino siciliano suggerisce a un ufficiale americano la direzione presa tedeschi, vicino Troina, in Italia, mentre a Berlino i soldati russi e americani celebrano insieme la fine della Guerra.
Sono solo alcune delle 300 fotografie che compongono la retrospettiva Robert Capa. L’Opera 1932-1954 dedicata a uno dei più celebri e audaci fotografi di guerra, accolta dal 14 maggio al 13 ottobre al Museo Diocesano di Milano.
Curata da Gabriel Bauret, promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con Magnum e prodotta da Silvana Editoriale, l’esposizione ripercorre le principali tappe della carriera del fotografo di guerra, dagli esordi, nel 1932, fino alla morte avvenuta nel 1954 in Indocina per lo scoppio di una mina.
Civili accolgono le truppe americane subito dopo la liberazione, Alençon, Normandia, 12 agosto 1944 © Robert Capa © Centro Internazionale di Fotografia/Magnum Photos
“Per me, Capa indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per se stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria” scriveva di lui Henri Cartier-Bresson.
Un percorso cronologico offre uno sguardo dettagliato sul percorso artistico e professionale di Capa indagando i suoi scatti più iconici e al tempo stesso delineando un metodo di lavoro dal quale trapela la complicità e l’empatia che il fotografo riserva ai soggetti ritratti, soldati ma anche civili, sui terreni di scontro in cui ha maggiormente operato.
“Anche quest’anno il Museo Diocesano - dichiara la direttrice Nadia Righi - rinnova l’appuntamento estivo con la grande fotografia attraverso una mostra che, grazie all’opera di un grande fotografo del secolo scorso, suggerisce qualcosa di interessante all’uomo di oggi. Capa è un autore che ha “bisogno di esserci” nella storia. Non si limita a documentare i fatti, ma si sofferma con uno sguardo straordinariamente empatico su volti e persone, mostrando un profondo interesse per l’essere umano e aiutando ciascuno di noi a guardare ciò che accade in un modo nuovo e niente affatto scontato”.
Autisti del corpo di ambulanza francese in prima fila, in attesa di essere chiamati, Italia, 1944 © Robert Capa © Centro Internazionale di Fotografia/Foto Magnum
Il progetto vuole soprattutto soffermarsi sulla dimensione umana di Robert Capa, sulle popolazioni vittime dei conflitti, sulle donne, i bambini.
“Se le fotografie di guerra plasmano la leggenda di Capa - spiega Gabriel Bauret, curatore della mostra - nei suoi reportage lo vediamo anche guardare la realtà da diversi punti di vista, concentrandosi su quelli che il fotografo Raymond Depardon definiva 'tempi deboli', in contrapposizione ai tempi forti che solitamente mobilitano l’attenzione dei giornalisti e richiedono loro di essere i primi e più vicini”. Nei 'tempi deboli' le storie personali emergono dalla storia universale, e il singolo si manifesta in tutta la sua umanità.
Percorrendo le nove sezioni tematiche il visitatore si imbatte in immagini drammatiche come Morte di un miliziano lealista, fronte di Cordoba, Spagna, inizio settembre 1936, che per la prima volta, insieme agli scatti di altri fotografi professionisti inviati in prima linea e nelle città bombardate, documenta in senso moderno una guerra, ma anche in fotografie che immortalano momenti di svago.
Accanto alle immagini, ai documenti, alle pubblicazioni, di grande interesse è una registrazione sonora, l’unica esistente con la voce di Capa.
Ci sono le fotografie che immortalano i momenti di svago del Tour de France, a luglio del 1939, simbolo di una vita che si sforza di scorrere nonostante lo spettro della battaglia; e ci sono gli esiti della Seconda Guerra Mondiale che emergono in istantanee di morte e resilienza come in Un prete cattolico celebra la messa sulla spiaggia di Omaha, Francia, Normandia, dove la liturgia si svolge in un contesto estremo.
Durante la risalita dell’Italia da parte degli Alleati, nell'agosto 1943, un contadino siciliano suggerisce a un ufficiale americano la direzione presa tedeschi, vicino Troina, in Italia, mentre a Berlino i soldati russi e americani celebrano insieme la fine della Guerra.
Sono solo alcune delle 300 fotografie che compongono la retrospettiva Robert Capa. L’Opera 1932-1954 dedicata a uno dei più celebri e audaci fotografi di guerra, accolta dal 14 maggio al 13 ottobre al Museo Diocesano di Milano.
Curata da Gabriel Bauret, promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con Magnum e prodotta da Silvana Editoriale, l’esposizione ripercorre le principali tappe della carriera del fotografo di guerra, dagli esordi, nel 1932, fino alla morte avvenuta nel 1954 in Indocina per lo scoppio di una mina.
Civili accolgono le truppe americane subito dopo la liberazione, Alençon, Normandia, 12 agosto 1944 © Robert Capa © Centro Internazionale di Fotografia/Magnum Photos
“Per me, Capa indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per se stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria” scriveva di lui Henri Cartier-Bresson.
Un percorso cronologico offre uno sguardo dettagliato sul percorso artistico e professionale di Capa indagando i suoi scatti più iconici e al tempo stesso delineando un metodo di lavoro dal quale trapela la complicità e l’empatia che il fotografo riserva ai soggetti ritratti, soldati ma anche civili, sui terreni di scontro in cui ha maggiormente operato.
“Anche quest’anno il Museo Diocesano - dichiara la direttrice Nadia Righi - rinnova l’appuntamento estivo con la grande fotografia attraverso una mostra che, grazie all’opera di un grande fotografo del secolo scorso, suggerisce qualcosa di interessante all’uomo di oggi. Capa è un autore che ha “bisogno di esserci” nella storia. Non si limita a documentare i fatti, ma si sofferma con uno sguardo straordinariamente empatico su volti e persone, mostrando un profondo interesse per l’essere umano e aiutando ciascuno di noi a guardare ciò che accade in un modo nuovo e niente affatto scontato”.
Autisti del corpo di ambulanza francese in prima fila, in attesa di essere chiamati, Italia, 1944 © Robert Capa © Centro Internazionale di Fotografia/Foto Magnum
Il progetto vuole soprattutto soffermarsi sulla dimensione umana di Robert Capa, sulle popolazioni vittime dei conflitti, sulle donne, i bambini.
“Se le fotografie di guerra plasmano la leggenda di Capa - spiega Gabriel Bauret, curatore della mostra - nei suoi reportage lo vediamo anche guardare la realtà da diversi punti di vista, concentrandosi su quelli che il fotografo Raymond Depardon definiva 'tempi deboli', in contrapposizione ai tempi forti che solitamente mobilitano l’attenzione dei giornalisti e richiedono loro di essere i primi e più vicini”. Nei 'tempi deboli' le storie personali emergono dalla storia universale, e il singolo si manifesta in tutta la sua umanità.
Percorrendo le nove sezioni tematiche il visitatore si imbatte in immagini drammatiche come Morte di un miliziano lealista, fronte di Cordoba, Spagna, inizio settembre 1936, che per la prima volta, insieme agli scatti di altri fotografi professionisti inviati in prima linea e nelle città bombardate, documenta in senso moderno una guerra, ma anche in fotografie che immortalano momenti di svago.
Accanto alle immagini, ai documenti, alle pubblicazioni, di grande interesse è una registrazione sonora, l’unica esistente con la voce di Capa.
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