A Milano fino al 29 Gennaio
All’UniCredit Pavilion oltre un secolo di fotografia
André Kertész, Distortion 40
Eleonora Zamparutti
19/12/2016
Milano - Torna l’appuntamento con la fotografia all’UniCredit Pavilion di Milano. Fino al 29 gennaio è possibile ammirare “Look At Me! Da Nadar a Gursky”, una carrellata di 170 fotografie che attraversano oltre un secolo di storia e indagano il tema del ritratto, declinato secondo varie tematiche.
“Si tratta di una selezione di fotografie a partire dalla collezione UniCredit Italia, Austria e Germania che vanta complessivamente oltre 4.000 foto storiche e contemporanee e circa 60.000 opere d’arte” afferma Serena Massimi, responsabile di UniCredit Pavilion l’istituzione che sorge nel cuore di downtown Milano e che ogni anno presenta un ricco calendario di mostre, concerti ed eventi di arte e spettacolo aperti al grande pubblico. “Si tratta di un patrimonio antico che deriva dalla fusione e dall’accorpamento di vari istituti bancari e delle rispettive collezioni d’arte che sono state accumulate nel corso del tempo. Ma negli ultimi anni, anche a causa della crisi, le acquisizioni si sono fermate”. Un patrimonio importante il cui valore tuttavia non è facile da stabilire. “Stiamo facendo l’ennesimo censimento delle opere. Stiamo valutando il criterio per stabilire il valore patrimoniale basandoci su vari parametri tra cui certamente il valore di mercato”.
La mostra si snoda lungo 3 piani del Pavilion, e offre una panoramica della fotografia proponendo varie chiavi di lettura: storia del mezzo e storia del genere, in particolare il ritratto, freeze frame della società in vari momenti, a diverse latitudini e in epoche differenti, testimonianza dei cambiamenti avvenuti lungo oltre un secolo di storia, gusto di un’epoca ed evoluzione dell’estetica, ma in ogni caso è sempre lo sguardo di chi scatta e di chi guarda lo scatto al centro dell’indagine. Insomma una storia bella e varia come la vita, meritevole di essere raccontata e visitata. Ecco la sintesi.
100 anni di fotoreportage
La società e il rapporto tra l’individuo e la massa è la prima delle 3 sezioni in cui si articola l’esposizione. Sono i temi che accolgono il visitatore al piano terra dove trovano collocazione i lavori di alcuni tra i primi fotoreporter che operarono a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Parliamo dei maestri statunitensi del calibro di Lewis Hine, Paul Strand ed Edward Curtis. Il loro obiettivo ha immortalato miseria e povertà, fondendo crudo realismo a uno sguardo attento ai temi sociali e di attualità. E’ il caso ad esempio dei bellissimi ritratti dei nativi americani a opera di Curtis.
Non poteva mancare una selezione di lavori di Weegee, maestro dello scatto di cronaca nera, qui presente con alcune fotografie che raccontano l’altra faccia del sogno americano. Sono presenti la poetica dell’attimo fuggente di Henri Cartier-Bresson e lo sguardo umano sulle terrazze di ringhiera milanesi a cura di Gianni Berengo Gardin.
La sezione si chiude con la grande opera “May Day” di Andreas Gursky, rappresentazione di una enorme folla umana avvolta nelle nebbie dei fumi dove è alquanto difficile scorgere l’individualità di ciascuno.
Il ritratto: artisti e personaggi famosi in posa
Il primo piano dell’esposizione lungo la passerella è dedicato ai ritratti di artisti, alcuni particolarmente efficaci come quello realizzato da Elisabetta Catalano per Gino De Dominicis, il volto intenso di Vedova e altri più curiosi come lo scatto che ritrae Andy Warhol, Dacia Maraini e Monica Vitti da cui trapela il segno del tempo che è stato.
Affascinanti i ritratti dei vivi secondo la mano di Nadar che immortala in tutta la sua maestosità George Sand, antesignana del femminismo, e dei morti come Victor Hugo adagiato sul letto con gli occhi chiusi per sempre: un soggetto bello perché assolutamente fuori dagli schemi odierni.
Bello o brutto, purchè sia corpo
Prende forma al terzo piano l’indagine intorno al corpo con almeno due opere interessanti: i 10 soggetti realizzati da Diane Arbus che portano alla ribalta the American Way of Life degli anni Sessanta e la serie di 6 fotografie in movimento realizzate in bianco e nero da Gerhard Richter, una sorta di indagine sulla tecnica fotografica che cattura l’attenzione del visitatore ingaggiandolo nel processo di decodificazione del soggetto.
Vedi anche:
• Look at Me! Da Nadar a Gursky: i ritratti nella Collezione d'Arte UniCredit
• FOTO: Look at Me! Variazioni sul tema dell'osservare all'UniCredit Pavilion
• Guida d'arte di Milano
“Si tratta di una selezione di fotografie a partire dalla collezione UniCredit Italia, Austria e Germania che vanta complessivamente oltre 4.000 foto storiche e contemporanee e circa 60.000 opere d’arte” afferma Serena Massimi, responsabile di UniCredit Pavilion l’istituzione che sorge nel cuore di downtown Milano e che ogni anno presenta un ricco calendario di mostre, concerti ed eventi di arte e spettacolo aperti al grande pubblico. “Si tratta di un patrimonio antico che deriva dalla fusione e dall’accorpamento di vari istituti bancari e delle rispettive collezioni d’arte che sono state accumulate nel corso del tempo. Ma negli ultimi anni, anche a causa della crisi, le acquisizioni si sono fermate”. Un patrimonio importante il cui valore tuttavia non è facile da stabilire. “Stiamo facendo l’ennesimo censimento delle opere. Stiamo valutando il criterio per stabilire il valore patrimoniale basandoci su vari parametri tra cui certamente il valore di mercato”.
La mostra si snoda lungo 3 piani del Pavilion, e offre una panoramica della fotografia proponendo varie chiavi di lettura: storia del mezzo e storia del genere, in particolare il ritratto, freeze frame della società in vari momenti, a diverse latitudini e in epoche differenti, testimonianza dei cambiamenti avvenuti lungo oltre un secolo di storia, gusto di un’epoca ed evoluzione dell’estetica, ma in ogni caso è sempre lo sguardo di chi scatta e di chi guarda lo scatto al centro dell’indagine. Insomma una storia bella e varia come la vita, meritevole di essere raccontata e visitata. Ecco la sintesi.
100 anni di fotoreportage
La società e il rapporto tra l’individuo e la massa è la prima delle 3 sezioni in cui si articola l’esposizione. Sono i temi che accolgono il visitatore al piano terra dove trovano collocazione i lavori di alcuni tra i primi fotoreporter che operarono a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Parliamo dei maestri statunitensi del calibro di Lewis Hine, Paul Strand ed Edward Curtis. Il loro obiettivo ha immortalato miseria e povertà, fondendo crudo realismo a uno sguardo attento ai temi sociali e di attualità. E’ il caso ad esempio dei bellissimi ritratti dei nativi americani a opera di Curtis.
Non poteva mancare una selezione di lavori di Weegee, maestro dello scatto di cronaca nera, qui presente con alcune fotografie che raccontano l’altra faccia del sogno americano. Sono presenti la poetica dell’attimo fuggente di Henri Cartier-Bresson e lo sguardo umano sulle terrazze di ringhiera milanesi a cura di Gianni Berengo Gardin.
La sezione si chiude con la grande opera “May Day” di Andreas Gursky, rappresentazione di una enorme folla umana avvolta nelle nebbie dei fumi dove è alquanto difficile scorgere l’individualità di ciascuno.
Il ritratto: artisti e personaggi famosi in posa
Il primo piano dell’esposizione lungo la passerella è dedicato ai ritratti di artisti, alcuni particolarmente efficaci come quello realizzato da Elisabetta Catalano per Gino De Dominicis, il volto intenso di Vedova e altri più curiosi come lo scatto che ritrae Andy Warhol, Dacia Maraini e Monica Vitti da cui trapela il segno del tempo che è stato.
Affascinanti i ritratti dei vivi secondo la mano di Nadar che immortala in tutta la sua maestosità George Sand, antesignana del femminismo, e dei morti come Victor Hugo adagiato sul letto con gli occhi chiusi per sempre: un soggetto bello perché assolutamente fuori dagli schemi odierni.
Bello o brutto, purchè sia corpo
Prende forma al terzo piano l’indagine intorno al corpo con almeno due opere interessanti: i 10 soggetti realizzati da Diane Arbus che portano alla ribalta the American Way of Life degli anni Sessanta e la serie di 6 fotografie in movimento realizzate in bianco e nero da Gerhard Richter, una sorta di indagine sulla tecnica fotografica che cattura l’attenzione del visitatore ingaggiandolo nel processo di decodificazione del soggetto.
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• Look at Me! Da Nadar a Gursky: i ritratti nella Collezione d'Arte UniCredit
• FOTO: Look at Me! Variazioni sul tema dell'osservare all'UniCredit Pavilion
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