A Milano dal 6 ottobre al 26 novembre
De Chirico e Boccioni si incontrano alle Gallerie d'Italia
Umberto Boccioni, Officine a Porta Romana, 1909-1910, olio su tela, 145 x 75 cm, Milano, Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d'Italia di Piazza della Scala
Samantha De Martin
29/09/2017
Milano - L'appuntamento è previsto per il 6 ottobre alle Gallerie d'Italia di piazza della Scala e, di certo, non passerà inosservato.
Giorgio de Chirico e Umberto Boccioni saranno i primi artisti protagonisti, fino al 26 novembre, di Corrispondenze, la nuova rassegna che Intesa Sanpaolo propone all'interno delle proprie sedi museali - le Gallerie d'Italia di Milano, Napoli e Vicenza - con lo scopo di cucire un dialogo tra i capolavori delle collezioni della Banca e i nuclei ristretti di opere provenienti da prestigiose raccolte italiane o straniere. L'obiettivo è quello di cogliere, apprezzare e svelare nuove “corrispondenze” tra i lavori di importanti maestri.
Protagoniste di questo primo appuntanento, a cura di Fernando Mazzocca, saranno la tela di Boccioni in collezione Intesa Sanpaolo, Officine a Porta Romana, e due Piazze d'Italia di de Chirico, in prestito dal Mart, il Museo di arte contemporanea e moderna di Trento e Rovereto.
Il Futurismo e la Metafisica si incontrano su un palcoscenico dominato da due pittori che hanno avuto il merito di sviluppare una percezione e una rappresentazione dello spazio urbano tenendo conto non soltanto di quelle trasformazioni legate alla rivoluzione industriale, ma soprattutto dell'uomo moderno, con le sue continue inquietudini e crisi di identità.
Il capolavoro con cui l'artista calabrese passava, nel 1910, dal linguaggio divisionista a quello futurista, destinato ad emergere con vigore l'anno dopo nel celebre dipinto La città che sale, vibra entusiasta di fronte a una realtà in continuo movimento, rinnovata dalla tecnica. Accanto alla Milano di periferia, estremamente reale e concreta che Boccioni scorgeva dalle sue finestre, ci sono le Piazze d'Italia di de Chirico - concepite a partire dal 1909, ma continuamente riprese nei decenni successivi - che racchiudono il silenzio di uno spazio ideale, immobile, ispirato ai valori immutabili della tradizione e della classicità. Uno spazio che elabora in manipolazioni iconografiche e visive sempre più ardite i ricordi di edifici e monumenti di città diverse e che l'artista di Volo aveva frequentato.
Questi sguardi, profondamente diversi, ma che ammiccano entrambi con straordinaria efficacia al pubblico, sembrano tuttavia rispondere, sebbene ciascuno in modo diverso e personale, alle medesime istanze, a quella comune volontà di indagare il mistero dello spazio che circonda l'esperienza quotidiana di tutti, nel tentativo di conferire alla realtà spaziale il suo degno significato.
Leggi anche:
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• Il mare di de Chirico a De Pisis in mostra a San Benedetto del Tronto
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Protagoniste di questo primo appuntanento, a cura di Fernando Mazzocca, saranno la tela di Boccioni in collezione Intesa Sanpaolo, Officine a Porta Romana, e due Piazze d'Italia di de Chirico, in prestito dal Mart, il Museo di arte contemporanea e moderna di Trento e Rovereto.
Il Futurismo e la Metafisica si incontrano su un palcoscenico dominato da due pittori che hanno avuto il merito di sviluppare una percezione e una rappresentazione dello spazio urbano tenendo conto non soltanto di quelle trasformazioni legate alla rivoluzione industriale, ma soprattutto dell'uomo moderno, con le sue continue inquietudini e crisi di identità.
Il capolavoro con cui l'artista calabrese passava, nel 1910, dal linguaggio divisionista a quello futurista, destinato ad emergere con vigore l'anno dopo nel celebre dipinto La città che sale, vibra entusiasta di fronte a una realtà in continuo movimento, rinnovata dalla tecnica. Accanto alla Milano di periferia, estremamente reale e concreta che Boccioni scorgeva dalle sue finestre, ci sono le Piazze d'Italia di de Chirico - concepite a partire dal 1909, ma continuamente riprese nei decenni successivi - che racchiudono il silenzio di uno spazio ideale, immobile, ispirato ai valori immutabili della tradizione e della classicità. Uno spazio che elabora in manipolazioni iconografiche e visive sempre più ardite i ricordi di edifici e monumenti di città diverse e che l'artista di Volo aveva frequentato.
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